Lo spaccio del bestione trionfante. Stroncatura di Giovanni Gentile Stampa E-mail

Adriano Tilgher

Lo spaccio del bestione trionfante. Stroncatura di Giovanni Gentile. Un libro per i filosofi e non filosofi

Editrice La Mandragora, pagg.104, Euro 9,30

 

tilgher_gentile.jpg  IL LIBRO - Era il 1925 quando Piero Gobetti Editore diede alle stampe un pamphlet dal caustico titolo Lo spaccio del bestione trionfante: stroncatura di Giovanni Gentile. Ne era autore Adriano Tilgher, che col libro intese prendere di mira l'attualismo gentiliano.

  Si può definire poco edificante o viceversa coraggioso: si trattò in ogni caso di un episodio della cultura italiana che non possiamo ignorare, dato che, se non altro, testimonia di una linea polemica antigentiliana che ebbe voce negli anni tra le due guerre. Anni ormai remoti, per cui giunto è il momento di valutare con serenità un testo che forse è stato letto male (oltre che poco).

  Nel puntuale saggio introduttivo, Antimo Negri riporta lo scritto al suo naturale alveo di senso, mettendone a nudo sia quella verve giornalistica che ne fa un libro "per non filosofi" (o, se si vuole, un testo di "filosofia antiaccademica"), sia i caratteri che lo rendono adatto "per i filosofi".

  Emergono infatti da queste pagine isole di affinità fra Tilgher e Gentile, fra lo stroncatore e la vittima dei suoi strali, il cosiddetto "bestione trionfante". Come se ancora una volta valesse la norma psicoanalitica che chi odia ama, o quella popolaresca che chi disprezza compera.

 

  DAL TESTO - "Spogliato brutalmente degli orpelli dei quali si copre l'idealismo attuale si riduce alla cieca esaltazione dell'atto vitale, dello slancio vitale, della Vita. L'atto, qualunque atto, di vita è per la vita che lo vive tutta la verità, tutta la bellezza, tutta la santità, tutta la giustizia. Per chi non lo vive, per chi lo guarda dal di fuori, esso è non-vita, errore e male. I due punti di vista sono ugualmente legittimi, ugualmente giustificati e si equivalgono. Né v'è altra verità, altra bellezza, altra giustizia, altra bontà che quella che si attua nell'atto, nell'atto in cui si attua, per l'atto che si attua. E in ogni atto di vita essendo sempre tutta la Vita, gli atti sono tutti assolutamente equivalenti. L'idealismo attuale è, in fondo, un energetismo brutale, un vitalismo assoluto, un irrazionalismo radicale: la naturale filosofia di un'epoca in cui il calcio e la boxe, il cinematografo e il tabarin, il cocainismo e la violenza settaria sono le manifestazioni predilette della psiche collettiva, la naturale filosofia di un'età impulsiva e brutale, tutta straripamento di passioni cieche e irriflesse".

 

  L'AUTORE - Adriano Tilgher (Resina, 1887 – Roma, 1941), filosofo e saggista, visse a Roma fino alla morte. Collaboratore e amico di Ernesto Buonaiuti, scrisse le seguenti opere: La crisi mondiale (1921), Estetica (1931) e La filosofia delle morali (1937). In quest'ultima opera, delineò la sua originalissima visione individualistica. Nel 1925 fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto da Benedetto Croce.

 

  INDICE DELL'OPERA - Adriano Tilgher e l'attualismo di Giovanni Gentile, di Antimo Negri - A Giordano Bruno nel 324° anno della sua morte - L'«attualismo» alla sbarra - Un «calibano» intellettuale: Giovanni Gentile - Lo stato sbirro-bidello - Colloqui filosofici tra padre e figlio sull'«idealismo attuale» - Castagnole sotto la coda del bestione