Norman G. Finkelstein
L'industria dell'Olocausto Lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei
Meltemi Editore, pagg.,316 € 20,00
L'Olocausto ha avuto un impatto di lunga durata, diventando un simbolo universale di sofferenza e di lotta contro l'intolleranza. Tuttavia, nel corso dei decenni, l'Olocausto è stato progressivamente reinterpretato e, in alcuni casi, strumentalizzato. Le questioni legate alla memoria collettiva e alla sua gestione sono diventate temi di acceso dibattito, non solo in ambito storico, ma anche in quello politico e sociale. La figura di chi "custodisce" la memoria dell'Olocausto, e come questa memoria venga usata, ha alimentato numerose controversie. Il volume di Norman G. Finkelstein, "L'industria dell'Olocausto", affronta in modo provocatorio e incisivo proprio una di queste controversie: l'uso strumentale dell'Olocausto come arma ideologica, in particolare da parte dello Stato d'Israele e di alcune lobby sioniste internazionali, per giustificare le politiche di repressione nei confronti del popolo palestinese.
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, la sofferenza e il dolore degli ebrei furono riconosciuti e celebrati in vari modi. L'Olocausto divenne, in effetti, uno dei fondamenti della costruzione del dopoguerra, sia in termini di riflessione morale che di sviluppo della legislazione internazionale contro il genocidio. La creazione di Israele nel 1948, tuttavia, complica ulteriormente la questione. Mentre lo Stato di Israele si fonda sulla promessa di garantire un rifugio sicuro agli ebrei di tutto il mondo, le sue politiche nei confronti dei palestinesi sono state caratterizzate da un progressivo processo di appropriazione delle terre e dalla repressione delle popolazioni arabe, inclusi massacri, pulizia etnica e deportazioni. In questo contesto, l'Olocausto e la sua memoria sono diventati un argomento estremamente delicato, in cui la lotta per la sopravvivenza e la giustificazione della violenza diventano strumenti ideologici.
Da un lato, il trauma dell'Olocausto è stato usato per conferire un'immunità morale a Israele, un diritto a un trattamento privilegiato nelle relazioni internazionali e una giustificazione per l'uso indiscriminato della violenza nei confronti della popolazione palestinese. Dall'altro, alcuni gruppi, tra cui il popolo palestinese e i suoi sostenitori, hanno denunciato un parallelo tra le sofferenze degli ebrei e quelle dei palestinesi, accusando Israele di perpetuare un'occupazione ingiusta, sfruttando proprio la memoria dell'Olocausto per perpetuare il suo dominio. Le polemiche su come e chi dovrebbe "possedere" la memoria dell'Olocausto sono diventate un terreno fertile per il conflitto ideologico e politico.
Il volume di Finkelstein si inserisce all'interno di questo dibattito e si distingue per il suo approccio critico e senza compromessi. Con "L'industria dell'Olocausto", l'Autore intende smascherare l'uso distorto della memoria dell'Olocausto da parte di Israele e delle associazioni sioniste, argomentando che questi attori hanno creato una vera e propria "industria" intorno alla sofferenza degli ebrei, finalizzata a scopi politici. Finkelstein accusa i "guardiani della memoria" dell'Olocausto di trasformare il trauma subito dalla comunità ebraica in un marchio ideologico e in uno strumento per consolidare il potere di Israele.
Un aspetto fondamentale del libro è la disamina delle modalità con cui la memoria dell'Olocausto è stata commercializzata, come un bene che può essere utilizzato per giustificare politiche e pratiche che altrimenti sarebbero difficilmente sostenibili. Finkelstein denuncia in particolare il comportamento di alcuni gruppi ebraici, che avrebbero sfruttato la sofferenza del popolo ebraico per ottenere vantaggi politici ed economici, contribuendo a fare dell'Olocausto una sorta di "monopolio della sofferenza", impedendo il dibattito e la discussione critica su quanto accaduto e sulle sue implicazioni politiche.
Uno degli aspetti più interessanti del libro è la critica a Israele, che Finkelstein accusa di manipolare la memoria dell'Olocausto per giustificare le sue azioni nei confronti dei palestinesi. Secondo l'Autore, lo Stato di Israele ha costruito una narrazione in cui le sofferenze degli ebrei durante l'Olocausto sono presentate come una sorta di giustificazione per l'oppressione dei palestinesi, utilizzando la sofferenza storica per proteggere la propria immagine internazionale e reprimere qualsiasi critica alle sue politiche. In questo contesto, Finkelstein segnala come chiunque esprima dissenso contro le politiche israeliane venga facilmente etichettato come antisemita, una tattica che sarebbe usata per soffocare ogni discussione legittima e critica.
Finkelstein non si limita a denunciare il comportamento di alcuni gruppi sionisti, ma anche a evidenziare il ruolo di figure politiche e accademiche che hanno contribuito a questa distorsione della memoria. Il suo libro si fonda su una vasta ricerca documentale, che include testimonianze, dichiarazioni e analisi storiche, le quali corroborano la sua tesi riguardo all'uso manipolatorio della memoria dell'Olocausto.
Come ebreo e figlio di sopravvissuti all'Olocausto, Finkelstein offre una prospettiva particolarmente incisiva. La sua posizione è quella di una critica radicale alla strumentalizzazione della memoria storica, che egli considera una distorsione che va contro la dignità delle vittime. La sua opera non è un attacco all'Olocausto stesso, ma piuttosto una denuncia della sua trasformazione in uno strumento politico. Con una posizione fermamente antisionista, Finkelstein difende l'idea che la memoria dell'Olocausto debba essere preservata come un monito universale contro ogni forma di genocidio, senza essere messa al servizio di ideologie politiche particolari.
"L'industria dell'Olocausto" è un libro che ha suscitato e continuerà a suscitare forti reazioni, sia a favore sia contro le tesi sostenute da Finkelstein. La sua capacità di affrontare un tema delicato come quello dell'Olocausto con una visione critica e provocatoria lo rende un contributo importante e, al contempo, polarizzante nel dibattito contemporaneo. Il volume non solo solleva interrogativi sulla gestione della memoria storica, ma mette in luce le implicazioni politiche di questa memoria e le sue strumentalizzazioni. Che si condividano o meno le sue conclusioni, "L'industria dell'Olocausto" è un libro che sfida il lettore a riflettere sulle complesse dinamiche tra storia, politica e memoria. |