Woke. I nuovi bigotti Stampa E-mail

Alessandro Chetta

Woke
I nuovi bigotti
Il politicamente corretto come religione laica


Aras Edizioni, pagg.252, € 17,00

 

chetta woke  Il concetto di "woke" ha acquisito una crescente centralità nel dibattito pubblico e culturale degli ultimi anni, emergendo come uno degli aspetti più controversi e discussi del panorama politico, sociale e mediatico contemporaneo. La parola, originariamente parte del lessico afroamericano, ha radici profonde nelle battaglie per i diritti civili e l'uguaglianza razziale, in particolare negli Stati Uniti, dove l'espressione "stay woke" indicava una vigilanza costante nei confronti delle ingiustizie sociali e della discriminazione. Tuttavia, nel corso degli ultimi decenni, il termine ha subito una radicale trasformazione e, soprattutto negli ambienti accademici e nei social media, ha assunto un'accezione che va ben oltre il suo significato originario di consapevolezza politica e sociale.

  Nell'era del neoliberismo avanzato, del postmoderno e del progressismo globalizzato, il "woke" si è trasformato in una vera e propria ideologia, con le sue dottrine, i suoi dogmi e i suoi precetti morali. Questo fenomeno, inizialmente confinato nei circoli intellettuali e nelle università, ha rapidamente invaso la sfera pubblica, alimentando le cosiddette "guerre culturali", che hanno visto opporsi visioni del mondo diametralmente opposte. Il politicamente corretto (PC), nato come una risposta a discriminazioni storiche, è diventato nei decenni una vera e propria forma di controllo sociale che, pur dichiarandosi inclusiva e progressista, ha suscitato nuove forme di intolleranza.

  Al centro di questa trasformazione, ci sono i social media, che con la loro capacità di amplificare voci e opinioni, hanno favorito l'emergere di una nuova classe dirigente culturale: i cosiddetti "nuovi preti". Questi nuovi leader morali, che predicano dal pulpito virtuale delle piattaforme social, promuovono una visione radicale e dogmatica di un mondo che si definisce giusto e liberato, ma che, nelle pratiche quotidiane, risulta essere non meno intollerante e ideologicamente rigido di altri sistemi di potere. È proprio a questa dimensione che Alessandro Chetta rivolge una critica attenta e articolata nel suo libro "Woke. I nuovi bigotti".

  Fin dalle prime pagine, Chetta delinea una visione inquietante e provocatoria del fenomeno woke. La sua tesi centrale è che, purtroppo, il politicamente corretto si stia trasformando in una sorta di religione laica, in grado di imporsi in modo dogmatico sulla società e sul pensiero critico, minando la libertà di espressione e la possibilità di un dibattito aperto e pluralista. L'Autore sottolinea come, a differenza delle religioni tradizionali che si sono indebolite con il passare dei secoli, il woke si sia affermato come un nuovo credo che governa non solo le pratiche comunicative, ma anche quelle politiche ed educative. Secondo Chetta, il "politicamente corretto" non si limita a veicolare un messaggio di inclusività e rispetto, ma diventa uno strumento di controllo culturale che, attraverso la creazione di un "linguaggio" condiviso, costringe i membri della società a conformarsi a determinati standard morali e ideologici.

  Il punto centrale della critica di Chetta è che, se da un lato il movimento woke si propone come un movimento progressista e giustizialista, dall'altro è incapace di abbracciare le contraddizioni e le sfumature del pensiero umano. La visione del mondo che il politicamente corretto impone è polarizzata, priva di spazio per il dissenso e l'ambiguità, simile a quella delle religioni dogmatiche. In questo senso, l'Autore descrive il fenomeno come una nuova forma di bigottismo, dove la "verità" è una sola, e ogni deviazione viene considerata un peccato da estirpare. Chetta coglie l'assolutismo che accompagna il movimento e lo vede come un pericolo per la libertà di pensiero, poiché impone una visione unica che non tollera voci fuori dal coro.

  Un altro tema centrale del libro riguarda l'introduzione di un "senso di colpa" collettivo e la sua gestione all'interno della cultura woke. Secondo Chetta, uno degli strumenti più potenti usati dai "nuovi preti" del politicamente corretto è il senso di colpa, che viene instillato nella società in vari modi: attraverso la colpevolizzazione dell'Occidente, accusato di imperialismo e razzismo storici, ma anche attraverso la critica incessante a ogni forma di dissonanza ideologica. Tuttavia, il paradosso del movimento woke, come lo descrive Chetta, è che, sebbene l'elemento del pentimento sia centrale, non esiste alcuna possibilità di perdono. Non c'è redenzione per chi ha commesso "l'errore" di non essere completamente allineato con le nuove norme morali imposte.

  Questo approccio crea una divisione netta tra i "giusti" e i "peccatori", tra coloro che si sottomettono all'autorità del politicamente corretto e quelli che sono considerati "nemici" da isolare o demonizzare. In questo senso, Chetta accusa il movimento di essere intollerante, pur presentandosi come progressista. L'Autore denuncia la natura unilaterale delle guerre culturali che il movimento ha alimentato, dove ogni critica viene sistematicamente etichettata come retriva o fascista, senza che ci sia uno spazio per una riflessione autentica.

  Un altro aspetto interessante del libro è la riflessione di Chetta sul rapporto tra il movimento woke e il neoliberismo. L'Autore suggerisce che, pur denunciando le disuguaglianze e le ingiustizie sociali, il woke non si oppone al sistema economico neoliberista, ma anzi ne conserva gli aspetti fondamentali. Questo crea un paradosso: mentre da un lato si condannano i retaggi colonialisti e imperialisti, dall'altro si difende un modello economico che perpetua e alimenta queste stesse disuguaglianze a livello globale.

  Il woke, secondo Chetta, non è una forza di cambiamento radicale del sistema, ma piuttosto un tentativo di "riqualificare" l'ordine esistente, spostando l'attenzione dalle dinamiche economiche alle identità culturali e sociali. In questo modo, si crea un apparente movimento di cambiamento che, però, rimane sostanzialmente conservatore dal punto di vista economico e neoliberista.

  "Woke. I nuovi bigotti" è un libro che si inserisce in un dibattito culturale di grande attualità, offrendo una critica lucida e approfondita del fenomeno woke. La riflessione di Chetta è carica di provocazioni e spunti di riflessione, e non manca di suscitare interrogativi importanti sulla libertà di espressione, sulla natura della tolleranza e sull'equilibrio tra giustizia sociale e libertà individuale. Sebbene l'approccio dell'Autore possa risultare polemico, il libro offre una lettura critica e stimolante che merita attenzione, soprattutto per chi desidera comprendere le dinamiche di un movimento che è al centro del dibattito politico-culturale contemporaneo.