Bio-on. L'unicorno avvelenato Stampa E-mail

Massimo Degli Esposti - Andrea Franchini

Bio-on
L'unicorno avvelenato


 Edizioni Artestampa, pagg.160, € 20,00

 

degliesposti bio-on  Il XX secolo ha visto l'ascesa della plastica come uno dei materiali più utilizzati, rivoluzionando settori industriali, tecnologie e stili di vita. La plastica, derivata principalmente dal petrolio, ha infatti preso il sopravvento in quasi ogni ambito, dalla produzione di beni di consumo a quella di imballaggi, passando per applicazioni mediche ed elettroniche. Tuttavia, dietro ai vantaggi immediati della plastica, si è nascosta una grave problematica: la sua indistruttibilità e la conseguente accumulazione di rifiuti, che hanno provocato un inquinamento ambientale sempre più insostenibile. Gli effetti della plastica sull'ambiente sono ormai noti a tutti: oceani pieni di microplastiche, enormi isole di plastica galleggianti, terreni agricoli compromessi e una fauna selvatica messa in pericolo. La crescente consapevolezza del danno ecologico causato da questo materiale ha portato a una spinta sempre più forte verso soluzioni alternative e sostenibili.

  In questo scenario, la ricerca di bioplastiche – plastiche derivate da fonti naturali e biodegradabili – è diventata uno degli obiettivi prioritari per scienziati, ricercatori e aziende. Una delle principali soluzioni proposte è il polidrossialcanoato (PHA), una bioplastica prodotta attraverso la fermentazione di materiali vegetali da parte di batteri. Questo materiale, che possiede le stesse caratteristiche della plastica convenzionale ma con il vantaggio di essere completamente biodegradabile, si è presentato come una delle alternative più promettenti al modello di produzione della plastica tradizionale, la cui produzione e smaltimento sta mettendo in ginocchio l'ambiente.

  Il libro di Massimo Degli Esposti e Andrea Franchini, "Bio-on. L'unicorno avvelenato", racconta la parabola della Bio-on, una startup bolognese che nel giro di pochi anni è riuscita a catalizzare l'attenzione internazionale con la sua proposta rivoluzionaria: produrre una bioplastica completamente biodegradabile a partire da scarti vegetali. La storia di Bio-on è una delle più emblematiche di quelle imprese che, partendo da un'idea brillante, sono riuscite a trasformarsi in un fenomeno globale. La scoperta di un brevetto risalente al 1926, che riguarda un materiale simile alla plastica ma completamente naturale, ha permesso ai fondatori Marco Astorri e Guido Cicognani di intraprendere un'avventura che, in breve tempo, li ha portati a far crescere la loro azienda fino a valere 1,3 miliardi di dollari, facendola diventare uno degli "unicorni" italiani, ossia una startup valutata oltre il miliardo di dollari.

  Il cuore dell'impresa era la produzione di PHA (polidrossialcanoato), una plastica naturale prodotta da batteri che fermentano scarti vegetali zuccherini. Il materiale vantava numerosi vantaggi, tra cui la totale biodegradabilità, la possibilità di essere utilizzato per produrre imballaggi e beni di consumo, e il fatto di essere derivato da fonti rinnovabili, al contrario della plastica tradizionale, prodotta a partire dal petrolio. Inizialmente, Bio-on sembrava rappresentare una vera e propria speranza per il Pianeta, alle prese con l'inquinamento globale causato dalla plastica convenzionale.

  La crescita dell'azienda è stata rapida e spettacolare. Nel 2014 Bio-on viene quotata in borsa, diventando una delle startup di maggior successo nel panorama italiano. Tuttavia, la storia prende una piega inaspettata il 24 luglio 2019, quando un video diffuso su YouTube accusa l'azienda di essere un "bluff", di essere una "seconda Parmalat" (riferimento al clamoroso caso di fallimento dell'azienda Parmalat negli anni 2000, che ha coinvolto frodi finanziarie). Il titolo di Bio-on crolla, gli investitori fuggono, e la Procura di Bologna apre un'indagine per reati finanziari. Il fallimento dell'azienda arriva nel giro di pochi mesi, e la vicenda solleva interrogativi inquietanti su una delle storie di successo più promettenti dell'imprenditoria italiana.

  Il libro di Degli Esposti e Franchini esplora questo dramma con una narrazione dettagliata, ricca di colpi di scena e di domande senza risposta. Gli Autori, che hanno seguito la vicenda dall'inizio alla fine, tracciano un ritratto complesso della startup e dei suoi protagonisti, cercando di capire se la vicenda di Bio-on rappresenti semplicemente l'ennesimo caso di truffa, o se ci siano aspetti più sfumati e inquietanti che meritano di essere indagati.

  Il volume di Degli Esposti e Franchini analizza la storia di Bio-on anche sotto un'altra luce: quella della dinamica imprenditoriale legata al mondo delle startup, dove i confini tra successo legittimo e frode possono risultare molto sottili. Nel caso di Bio-on, infatti, la vicenda pone interrogativi fondamentali sull'etica dell'imprenditoria e sull'affidabilità dei processi di valutazione delle aziende, soprattutto quando si tratta di operazioni legate al mercato della finanza e delle speculazioni. La vicenda Bio-on solleva, infatti, una riflessione su come le startup – e, in particolare, quelle che operano in settori di alta innovazione come quello delle bioplastiche – vengano giudicate, sostenute e, infine, premiate dal mercato.

  La storia di Bio-on è anche il racconto di come la promessa di un cambiamento radicale – quella di una bioplastica che avrebbe potuto rivoluzionare l'industria della plastica – sia diventata un terreno fertile per ambiguità e dubbi. L'azienda si è guadagnata la fama per le sue promesse ecologiche, ma ha suscitato anche sospetti circa la reale fattibilità del suo progetto e la trasparenza dei suoi bilanci. L'incredibile velocità con cui Bio-on ha guadagnato consensi e investimenti è stata, infatti, accompagnata da un altrettanto rapido e fragoroso crollo, che ha fatto emergere interrogativi sulle reali motivazioni che avevano spinto gli investitori a puntare su una realtà che, a distanza di pochi anni, si è rivelata vulnerabile e potenzialmente fraudolenta.

  Il libro offre un'analisi non solo dell'aspetto finanziario e imprenditoriale della vicenda, ma anche dei possibili risvolti etici e politici. La vicenda di Bio-on può essere vista come un "giallo" che nasconde al suo interno più di una verità, e che merita di essere indagato sotto molteplici angolazioni. Da un lato, c'è la storia dell'ennesima illusione economica – una startup che sembrava destinata a cambiare il mondo ma che si è sgonfiata nel giro di poco tempo – dall'altro, emerge il nodo della gestione delle nuove tecnologie, che non sempre sono in grado di rispondere alle grandi aspettative, e della relazione tra scienza, finanza e comunicazione.

  Degli Esposti e Franchini non si limitano a raccontare la vicenda, ma pongono anche domande cruciali. Come è possibile che un progetto con così ampie promesse possa rivelarsi una truffa? Che cosa ha spinto tanti investitori e giornalisti a considerare Bio-on come un caso di successo, senza fermarsi a riflettere sui suoi possibili rischi? E, infine, è giusto che un'idea innovativa come quella della bioplastica, che aveva il potenziale per cambiare l'industria della plastica, venga screditata a causa di errori di gestione e mancanze di trasparenza?

  Grazie a un'indagine attenta e ben documentata, Degli Esposti e Franchini offrono una visione complessa della vicenda, mettendo in luce non solo le dinamiche economiche e finanziarie, ma anche le contraddizioni che hanno caratterizzato la promessa di innovazione di Bio-on. La vicenda, tra successi e fallimenti, ci costringe a riflettere sul futuro delle startup e sull'etica della tecnologia e dell'innovazione. Il libro non solo racconta un "giallo" imprenditoriale, ma stimola anche un dibattito sulla sostenibilità, sull'impatto delle nuove tecnologie sul mercato e sull'ambiente.