Afghanistan. Eterno crocevia di interessi e guerre Stampa E-mail

Alberto Rosselli

Afghanistan
Eterno crocevia di interessi e guerre


Archivio Storia / Mattioli 1885, pagg.85, € 12,00

 

rosselli afghanistan  Questo saggio di Alberto Rosselli (direttore responsabile della rivista telematica "Storia Verità") ricostruisce in maniera sintetica gli eventi principali che hanno segnato l'evolversi dell'Afghanistan dall'antichità ai giorni nostri.

  Il territorio afghano rappresenta "la porzione nord-orientale dell'altopiano iranico" e possiede "caratteristiche prettamente montagnose: infatti, oltre il 49% del territorio supera i 2.000 metri, mentre l'altezza media dell'Hindukush tocca i 4.500 metri".

  Le montagne e le steppe dell'Afghanistan sono abitate "da tribù da sempre ostili a qualsiasi tentativo teso ad imporre il controllo di un'autorità centrale. Sono gruppi etnici prevalentemente dediti a lotte di potere intestine, fatte di continui cambi di regime all'insegna di tradimenti, assassinii e guerre civili, che rivelano una marcata ostilità verso qualsiasi tentativo di normalizzazione stabile, soprattutto se ad opera di una potenza straniera".

  Infatti, l'Afghanistan è considerato la "tomba degli imperi", una terra difficile da conquistare. Nel corso del XIX secolo, il territorio afghano fu al centro di una contesa – chiamata "Grande Gioco" dall'esploratore inglese Arthur Conolly (1807-1842) – tra la Gran Bretagna e la Russia zarista.

  Rosselli spiega che l'Afghanistan era importante per i britannici "non certo per le sue "ricchezze" (assai modeste), ma per la sua posizione geostrategica, cioè quale punto di passaggio da e per l'India inglese. Infatti, qualsiasi tentativo esterno di penetrazione verso l'India doveva necessariamente utilizzare i valichi dell'Afghanistan, sia da nord, attraverso le steppe dell'Asia Centrale, sia da ovest, cioè dalla Persia".

  Di tale rilievo geostrategico della regione erano consapevoli anche i tedeschi, che nel corso degli anni Trenta fornirono a Kabul "notevole sostegno finanziario e tecnico". Tuttavia, nell'ottobre 1941 l'Afghanistan fu costretto "da Londra e Mosca a ripudiare definitivamente l'alleanza con il Terzo Reich", un'"imposizione – osserva l'Autore – che gli afghani accettarono per pura sopravvivenza e non certo per particolari simpatie nei confronti dei governi Alleati (ricordiamo che dopo il conflitto, durante la Guerra fredda, l'Afghanistan non si allineerà a nessuno dei due blocchi, Occidentale e Sovietico)".

  Il 27 dicembre 1979 l'Armata Rossa entrò a Kabul: cominciò "un conflitto molto cruento destinato a protrarsi" fino al 15 febbraio 1989 "e che vide contrapposte da un lato le forze armate della cosiddetta Repubblica Democratica dell'Afghanistan (RDA), sostenute da un massiccio contingente di truppe terrestri e aeree dell'Unione Sovietica, e dall'altro da vari raggruppamenti di guerriglieri afghani" appoggiati "materialmente e finanziariamente da un certo numero di nazioni" e "da molti dissidenti islamici anticomunisti".

  Nel settembre 2001, l'Afghanistan fu oggetto di una nuova offensiva militare, questa volta da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati che, dopo una campagna di intensi bombardamenti aerei, occuparono il Paese per vent'anni installando a Kabul un governo fantoccio.

  "La ritirata statunitense dall'Afghanistan – scrive Rosselli – riportò alla mente quella di Saigon (Vietnam)": "Secondo diversi analisti, in 20 anni di presenza occidentale, per l'ennesima volta in Afghanistan si è ripetuto il tentativo, fallito, di dare un nuovo, moderno e democratico assetto politico e sociale al Paese".