Francesco Benigno
Terrore e terrorismo Saggio storico sulla violenza politica
Einaudi, pagg.XXI-366, € 32,00
IL LIBRO – Generalmente si intende per terrorismo la deliberata volontà di diffondere terrore colpendo la popolazione inerme considerata nemica. Terrorismo, dunque, come creazione di terrore. Francesco Benigno contesta tale approccio ricorrendo alla storia. La produzione di «terrore» non è stata infatti storicamente l'unica dimensione del «terrorismo» e anzi esso può essere meglio compreso come la costruzione di un evento clamoroso, capace di risvegliare le masse dal loro sonno politico, qualcosa che «parla» anzitutto al popolo e che gli anarchici chiamavano «propaganda col fatto». Allo stesso tempo però la storia ci insegna che il terrorismo è anche una tecnica bellica usata in tempi di pace, la continuazione della politica con mezzi esplosivi. In questo senso esso è quindi uno spazio di opportunità aperto ad una pluralità di attori, statali e non statali, che usano il terrore (e il contro-terrore) come strumento di politica interna e internazionale. Vi sono elementi di notevole continuità tra il terrorismo come lo conosciamo oggi e la concettualizzazione tradizionale dell'azione rivoluzionaria, in specie anarchica. Ieri come oggi, infatti, e malgrado le apparenze, essa si rivolge non tanto alla popolazione della nazione da colpire ma a un proprio popolo, ad una propria comunità. Gente che va richiamata alla lotta e a cui occorre dimostrare che vincere è possibile, che il debole può sconfiggere il forte. Che la Causa trionferà a patto che altri prendano in mano il testimone lasciato da quella avanguardia che, a rischio o sacrificio della propria vita, ha osato l'inosabile. L'atto «terroristico» non è dunque messo in atto col tentativo primario di terrorizzare ma con quello di conquistare i cuori e le menti di un popolo considerato oppresso, quello con cui si identifica il gruppo autore dell'atto, che attraverso esso combatte anche una sua particolare battaglia per la primazia nel suo schieramento, per essere identificato come il principale portabandiera della propria Causa. Lo scopo del gesto «terroristico» è, in altre parole, quello di delineare, attraverso un'immagine polarizzata sull'asse noi-loro, lo scenario di una guerra, definita in termini assoluti come lo scontro tra il bene ed il male. Francesco Benigno dà corpo e sostanza in modo brillante a questa tesi storiografica conducendo il lettore tra epoche molto diverse: dal Terrore della rivoluzione francese alle bombe anarchiche, dal populismo russo alla Guerra fredda, dagli anni di piombo all'11 settembre. Il libro si muove in direzione diversa da quella della visione attualmente egemone, che tende in sostanza a sottostimare i tratti di continuità che s'intravedono nella storia del concetto di terrorismo e nelle pratiche che ne discendono. L'Autore cerca invece di far emergere alcune di queste continuità, sia nell'impiego rivoluzionario del terrorismo sia in quello controrivoluzionario. Si tratta di continuità temporali, ma anche di propagazioni su scala globale: le idee sul terrorismo hanno viaggiato cioè nel tempo e nello spazio, mescolate a tecniche e a visioni del mondo. Si tratta di idee su come esso possa o meno facilitare la rivoluzione, su come si conquistino «i cuori e le teste» della gente, ma anche idee su come l'azione terroristica possa in determinati contesti essere una forma o anche persino una prosecuzione della politica. Si evince infine come in ciò che chiamiamo terrorismo vi sia qualcosa di più e di diverso dalla sola tensione intimidatoria prodotta dall'uso indiscriminato della violenza per fini politici, il cosiddetto «terrore». L'attentato terroristico è, come spiega Benigno, la costruzione di un evento politico dall'alto contenuto simbolico, capace di rappresentare icasticamente una lotta assoluta tra il bene e il male. In breve, non c'è terrorismo senza cause e anzi, per meglio dire, senza una Causa.
DAL TESTO – "Di grande interesse risulta il fatto che nella maggior parte dei casi i combattenti qualificati come «terroristi» rifiutino tale etichetta, preferendo definirsi di volta in volta patrioti, partigiani, liberatori del popolo o devoti servi di Dio. Uno dei pochi ad accettare l'epiteto di terrorista, il capo guerrigliero ceceno Šamil Salmanovič Basaev, ammise in un'intervista all'emittente televisiva ABC di essere «un terrorista, un bandito e un bad guy», ma aggiunse significativamente: «Sto lottando per l'indipendenza del mio Paese». "A fronte di questo carattere ambiguo e sfuggente del concetto, o forse proprio in ragione di ciò, si è venuta diffondendo – dopo l'attentato alle Torri gemelle e la conseguente proclamazione da parte dell'amministrazione di George Bush jr della cosiddetta «guerra globale al terrore» - la tendenza a reificare il portatore di terrore (il terrorista), e a definire con tale espressione una specifica categoria di persone capaci d'incarnare l'alterità assoluta, il nemico per eccellenza, identificato sempre più con il cosiddetto fondamentalismo islamico. Ne deriva la ricorrente tendenza a fare del terrorismo il punto discriminante di uno scontro di civiltà, magari rifiutato in teoria ma riproposto in pratica in modo surrettizio mediante l'idea di una diversità strutturale che separerebbe il nostro modo di essere e di pensare da quello di altri popoli, etnicamente, religiosamente e culturalmente differenti. Spesso ci si è spinti a ricercare nei testi sacri e nei precetti religiosi di popolazioni non occidentali, specialmente di fede islamica, una sorta di Ursprung, di fondamento originario e autoesplicativo del terrorismo, facendo così di esso il marcatore di una differenza irrimediabile e irredimibile."
L'AUTORE – Francesco Benigno insegna Storia moderna presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Studioso di storia politica europea della prima età moderna, si è occupato anche dell'analisi dei concetti storiografici, dei processi di costruzione identitaria dei gruppi sociali e della storia della criminalità organizzata. Tra i suoi libri piú recenti ricordiamo: Mirrors of Revolution. Conflict and Political Identity in Early Modern Europe (Brepols, 2010); Favoriti e ribelli. Stili della politica barocca (Bulzoni, 2011); Parole nel tempo. Un lessico per pensare la storia (Viella, 2014); per Einaudi, La mala setta. Alle origini di mafia e camorra. 1859-1878 (2015) e Terrore e terrorismo. Saggio storico sulla violenza politica (2018).
INDICE DELL'OPERA - Introduzione. Il fantasma del nostro tempo - Terrore e terrorismo – I. Prologo: laddove tutto iniziò (1. La religione del pugnale - 2. Terrore e virtù – 3. Il terrore come sistema – 4. Terroristi, cioè giacobini – 5. La Santa uguaglianza) - II. Morire per la libertà (1. Guerriglia - 2. La rigenerazione delle nazioni – 3. Guerra per bande – 4. Insurrezione – 5. Avanguardismo e tirannicidio) - III. Nel cuore del popolo (1. La «propaganda col fatto» - 2. Una nazione oppressa – 3. Colonizzazione e resistenze – 4. Andare al popolo – 5. Colpire al centro) - IV. Non ci sono innocenti (1. Il metodo russo - 2. Terrorismo individuale – 3. Anarchismo globale – 4. Il volto nascosto del terrore) - V. Logiche del terrore (1. Culture di guerra - 2. Terrorismo e comunismo – 3. Guerra totale – 4. Attentati politici e strategia di potenza – 5. Il terrorismo d'intelligence) - VI. Guerra fredda (1. Decolonizzazione - 2. La rivoluzione nelle campagne - 3. La teoria della guerra rivoluzionaria - 4. La battaglia di Algeri) - VII. Anni di piombo (1. «Hasta la victoria, siempre» - 2. Giovani contro – 3. Guerriglia urbana – 4. Arginare l'onda – 5. Nuova sinistra e lotta armata) - VIII. Terrorismo internazionale e guerra al terrore (1. Un papa guerriero - 2. L'eclissi del sol dell'avvenire – 3. Pistole in vendita - 4. Un mutamento di paradigma - 5. Islamismo - 6. La guerra globale al terrore) - Conclusioni. Le lezioni della storia - Riferimenti bibliografici - Indice dei nomi |