Luca Romano
Il segretario di Montaigne
Neri Pozza, pagg.240, € 17,00
IL LIBRO – Francia, XVI secolo. In piena guerra fra cattolici e calvinisti, Jean-Marie Cousteau, un ex capitano di cavalleria leggera, chiede ospitalità a un castellano. Da giorni viaggia senza cavalcatura, lo stomaco dilaniato dai crampi a causa dei fichi acerbi con cui si è nutrito e una brutta ferita alla tempia rimediata nello scontro con due banditi. A riceverlo è un uomo interamente abbigliato di bianco e nero, con un pizzetto ben curato e uno sguardo intelligente e curioso: è il filosofo e scrittore Michel de Montaigne. Da quindici anni, Cousteau non vede che battaglie e massacri da cui non ha guadagnato nulla, se non il disgusto per l'insensata violenza delle guerre di religione. Deciso a chiudere per sempre con il passato, implora Montaigne di prenderlo come contadino o come guardia. Al filosofo non serve un contadino, né tantomeno un guardiano: al suo castello si tengono porte e cancelli aperti e le uniche sentinelle a vegliare sono le stelle in cielo. Gli occorre, piuttosto, un bravo, onesto e leale segretario che si occupi, sotto dettatura, delle pagine dell'opera cui sta lavorando, i "Saggi". L'ultimo valletto che gli ha reso quel servizio è scomparso con alcuni fascicoli che sperava di rivendere a un editore disonesto, un'esperienza che Montaigne non desidera rinnovare. È invece disposto a fidarsi di Cousteau, che da quel momento ricambia la generosità dimostratagli con la più totale devozione: se il filosofo chiama, lui si precipita. Se non lo sente, si preoccupa che stia male o sia ricaduto in una delle sue ricorrenti melanconie che gli impediscono di alzarsi al mattino. Ed è proprio per sollevarlo dai suoi tormenti che Cousteau, un giorno, propone al suo Signore di intraprendere un viaggio verso Roma. Un viaggio fatale, in cui gli eventi segneranno profondamente il rapporto tra i due uomini. Scritto con una prosa sicura e di rara eleganza, il romanzo prende spunto dal "Diario di viaggio in Italia" di Montaigne e dona al lettore un impeccabile affresco storico e, al contempo, il ritratto del filosofo che, nel XVI secolo, ha aperto le porte alla modernità.
DAL TESTO – "In quelle settimane, prima del nostro viaggio, si alzava dal letto sempre più tardi. A volte non si alzava per nulla. Aveva perso ogni desiderio di scrivere o di leggere o di frequentare gli altri membri della sua casa, per non parlare dei vicini. Di notte rimaneva sveglio e non so come occupasse il tempo nelle ore buie. Si addormentava finalmente ai primi canti del gallo, all'abbaiare dei cani. Di giorno lo infastidivano i canti della messa celebrata nella piccola cappella della torre, che occupava un vano al piano terra. Si rammaricava di aver fatto scavare una nicchia nel pavimento della sua stanza per sentirla meglio. Per pigrizia e disinvoltura, anche quando era in forma ascoltava la messa sdraiato a letto. Ora se la religione non gli permetteva di turarsi le orecchie, la cortesia gli impediva di cacciare il parroco. "Quanto a me, cercavo di scuoterlo dal suo torpore, ma lui si crogiolava nell'inerzia. Proponevo cavalcate nei campi, suggerivo di rivedere alcuni passaggi dei capitoli più vecchi per aggiungere qualcosa. Una delle sue abitudini preferite prima della pubblicazione (e anche dopo) erano le ajoutailles, come le chiamava. Ma non ne voleva sapere. Le carte e i dadi non lo distraevano. I vicini lo indisponevano. Non amava bere all'eccesso e non si rifugiava nel vino, cosa di cui gli ero grato, poiché non c'è nulla di più disperato e insopportabile di un ubriaco avvilito. In verità si compiaceva anche un poco del suo stato d'animo e una volta mi confessò che riconosceva un'ombra di piacere a crogiolarsi in grembo alla melancolia."
L'AUTORE – Luca Romano ha studiato Relazioni internazionali e Storia contemporanea all'Institut d'Etudes Politiques di Parigi. Nel 1972 ha visitato la Cina di Mao e al suo ritorno ha studiato lingua e cultura cinesi all'Institut National des Langues et Civilisations Orientales di Parigi. È stato poi corrispondente da Pechino e da altre capitali, fra cui Londra e Bonn, per diversi giornali e televisioni. Nel 1995 ha pubblicato "Il risveglio del drago", un saggio sulla potenza della Cina negli anni di Deng Xiaoping (Sperling & Kupfer). Da qualche tempo ha lasciato il giornalismo per dedicarsi principalmente alla fotografia d'arte e alla letteratura. È nato a Innsbruck, in Austria, nel 1955. Ha due figli e vive a Roma. |