Cento anni di Grande guerra |
Quinto Antonelli
IL LIBRO – Cento anni sono trascorsi dalla fine della Grande guerra, cento anni durante i quali la memoria del primo conflitto mondiale si è radicata nella nostra identità. È entrata nel calendario civile con le «feste» del 24 maggio e del 4 novembre; ha segnato il volto delle città con monumenti grandi e piccoli; si è impressa nei nomi delle vie; ha trasformato il teatro delle battaglie in luogo di culto punteggiato da decine di sacrari; persino i resti di quel sistema di trincee, forti e caverne sono diventati mete per pellegrini e turisti. Gli autori di queste pratiche commemorative sono stati i più diversi: esponenti delle gerarchie militari e delle associazioni combattentistiche e d'arma, rappresentanti delle istituzioni, dirigenti politici; e poi architetti, giornalisti, registi, insegnanti, redattori. Una memoria, tuttavia, troppo spesso dominata da un'unica voce solista, retorica e celebrativa, che glorifica la necessità e il valore della guerra, che osanna gli eroi e sovrasta le voci di chi a quella guerra non ha mai creduto: voci stridenti, indisciplinate, a cui è difficile prestare ascolto. È anche su questo controcanto che si sofferma l'analisi attenta e rigorosa di Quinto Antonelli, sfruttando appieno le armi della cultura «materiale». Dagli articoli ai monumenti, dai libri di testo alle lettere, dai pellegrinaggi alle mostre, dai film alle canzoni, ciò che affiora è una vera e propria memoria «polifonica». Pagina dopo pagina prende consistenza l'orrore che appartiene alla guerra, anche – e forse soprattutto – a quella che ricordiamo come la Grande guerra; tra gli acuti di chi ne declama le virtù si fa strada la voce di chi ne smaschera le false ragioni, di chi la mette a nudo e ne condanna la bestialità; mano a mano, sotto l'alone di gloria che circonda l'eroe emerge un'uniforme sporca e lacera, la divisa del soldato in guerra, e in guerra, conclude Antonelli, il soldato «è sempre qualcosa di meno di un uomo». DAL TESTO – "Al centro di Cento anni di Grande guerra c'è il racconto della sostanziale continuità tra dopoguerra liberale, fascismo e Repubblica. Ritualità e mitografie, a partire da quel simbolo così «sentimentale» del Milite Ignoto (la definizione è di Giacomo Matteotti), attraversano il secolo e giungono fino ai nostri giorni. Così come i sacrari militari voluti negli anni trenta dal fascismo, «santuari» della religione politica del regime, monumenti all'obbedienza e alla morte disciplinata e gregaria, continuano anche al tempo della Repubblica e dei valori democratici a offrirsi quali ribalte privilegiate delle commemorazioni ufficiali del Quattro novembre e delle adunate di massa delle associazioni combattentistiche." L'AUTORE – Quinto Antonelli è responsabile dell'Archivio della scrittura popolare presso la Fondazione del Museo storico del Trentino, per la quale ha curato la collana «Scritture di guerra», edita insieme al Museo storico della guerra di Rovereto. Per Donzelli ha pubblicato, nel 2014, "Storia intima della grande guerra. Lettere, diari e memorie dei soldati dal fronte", più volte ristampato e insignito nel 2015 del prestigioso Premio internazionale The Bridge. INDICE DELL'OPERA – Premessa - Parte prima. Memorie in conflitto. Socialisti, reduci e fascisti nel primo dopoguerra - I. La contromemoria dell'«Avanti!» (1. «Viene a galla la verità su Caporetto» - 2. Cadorna, Graziani e le fucilazioni sommarie - 3. Il processo di Pradamano - 4. Coda, Frescura, Suckert, la prima letteratura di guerra - 5. Le vignette di Scalarini - 6. «Chi vince ha ragione!». Un cinico dibattito parlamentare) - II. Protagonisti, riti e miti del primo dopoguerra (1. I reduci e le loro associazioni - 2. Le cerimonie del Quattro novembre - 3. Il Milite Ignoto - 4. «Attenti alle legnate») - III. Lapidi e monumenti ai caduti (1. Le lapidi dei «signori» e quelle dei «proletari» - 2. Il monumento ai caduti come una «cattiva azione» - 3. «Qui ci verranno dopo la guerra...») - IV. Una letteratura contro la guerra (1. «Il nostro internazionalismo...» - 2. Romain Rolland - 3. Henri Barbusse - 4. Andreas Latzko e Leonhard Frank – 5. Zino Zini e Il congresso dei morti) - Parte seconda. Memorie «redente». Trento, Bolzano, Trieste e il culto degli «eroi martiri» - I. Racconto e culto della vittoria nelle terre redente (1. «El rebalton» - 2. Combattenti, profughi, internati - 3. Italianizzare! - 4. Lapidi, cippi, monumenti - 5. Musei del Risorgimento e della guerra di redenzione - 6. Il Monumento alla vittoria di Bolzano) - II. Il culto dei «martiri» (1. Cesare Battisti, «eroe martire» - 2. L'Alter Christus: Cesare secondo Ernesta - 3. «Mamme sante» e icone fasciste - 4. Il monumento a Cesare Battisti - 5. Il sommergibile affiorante di Nazario Sauro) - Parte terza. Memorie eroiche. Chiesa, scuola e regime nell'educazione nazionale degli italiani - I. Le vittorie di Dio (1. I cappellani militari e l'esercito «crociato» - 2. Omelie ai piedi dei monumenti - 3. Una storia sacra - 4. L'esercito invisibile dei soldati santi - 5. Pellegrinaggi di giovani donne) - II. La guerra a scuola (1. Una nuova liturgia - 2. La guerra vittoriosa come «centro di interesse» - 3. Un piccolo «sacrario» in ogni scuola - 4. «Che ira contro il crudele carnefice!». Lettere alla «mamma santa») - III. Bimbi e tricolori. La guerra nei racconti per l'infanzia (1. Le battaglie dei balocchi - 2. Soldatini faccendieri - 3. Arditismi in fiore - 4. Una ghirlanda di piccoli martiri - 5. Eroismi senza sangue - 6. La gran fiamma dell'irredentismo) - V. Canti di soldati (1. Una congerie di suoni e di parole sconvenienti - 2. «Canta che ti passa». Nascita del canone alpino - 3. La storia esemplare del coro della Sat) - V. I memoriali di pietra del fascismo (1. Romantici e orribili cimiteri di guerra - 2. Una montante marea di pietra - 3. La teatralizzazione del paesaggio) - Parte quarta. Memorie nazionali. Il patriottismo competitivo di cattolici e comunisti nell'epoca della guerra fredda - I. Un lungo Risorgimento (1. «L'eterno barbaro» - 2. Ripartire dall'Altare della patria - 3. Le ombre delle forche austriache - 4. «Un monumento caro a tutti gli italiani» - 5. Trieste, San Giusto, Redipuglia) - II. De Gasperi, Togliatti e il fantasma di Cesare Battisti (1. Il Quattro novembre da Festa della vittoria a Giorno dell'Unità nazionale - 2. De Gasperi a Redipuglia e a Vittorio Veneto - 3. De Gasperi «l'austriaco» - 4. Il patriottismo dell'Anpi - 5. Un'autocritica a metà: Piero Jahier e Gianni Bosio) - III. Il cinema di guerra tra melodramma e commedia (1. Un filone eroico-patriottico a buon mercato - 2. Un popolo privo d'«aura») - Parte quinta. Memorie del dissenso. Pacifismo e nuova storiografia negli anni sessanta - I. «O Gorizia tu sei maledetta» (1. Uno scandalo al Festival di Spoleto - 2. L'antagonismo dei canti popolari) - II. E se la patria chiama, lasciatela chiamare (1. Le prime contro-celebrazioni - 2. Il dovere di disertare - 3. «W il 4 novembre, W la festa della morte») - III. Tempi, luoghi, riti del Cinquantenario (1965-68) (1. L'anniversario del 24 maggio - 2. Il 1966, un anno battistiano - 3. Il presidente, gli alpini e gli studenti) - IV. La biblioteca dell'anniversario (1. Vecchie narrazioni e libri disfattisti - 2. Libri di lettura per il popolo - 3. Revisioni storiografiche - 4. Uomini contro) - Parte sesta. Memorie soggettive. Tradizioni estenuate e ricerche dal basso - I. Perché non lo riscriviamo tutto noi il libro di testo? (1. I libri di testo della scuola dell'obbligo - 2. L'inchiesta, l'intervista, il questionario) – II. L'ora dei testimoni (1. Una storia orale - 2. Scritture popolari e archivi autobiografici - 3. Le memorie degli italiani d'Austria - 4. La dimensione umana) - III. Un nuovo patriottismo repubblicano. I discorsi ufficiali del Quattro novembre - Epilogo. Dove si cerca di riannodare qualche filo (1. I fucilati del senatore Gasparri - 2. Un monumento, una città, due dittature - 3. Il ritorno degli eroi - 4. Dio, Patria e Famiglia - 5. Le «vestigia» della Grande guerra) - Indice dei nomi |