Christina Ezrahi
I Cigni del Cremlino Balletto e potere nella Russia sovietica
Gremese Editore, pagg.318, € 29,50
IL LIBRO – In Russia, durante l'epoca zarista il balletto classico era forse il più chiaro emblema della cultura degli aristocratici. Poi, sull'onda della Rivoluzione di Ottobre esso finì, come tutte le altre arti, sotto l'egida delle autorità sovietiche che cercarono di conformare il balletto imperiale ai loro propositi di rivoluzione culturale e di rieducazione del popolo. Eppure, come dimostra questo saggio di Christina Ezrahi, l'ambizioso sforzo intrapreso dalle autorità si rivelò vano. "I Cigni del Cremlino" offre un'affascinante panoramica sulla collisione fra politica e arte coreutica durante il primo cinquantennio dell'era sovietica, tema finora pressoché trascurato dalla storiografia di danza. L'autrice dimostra come in quegli anni i dirigenti e gli artisti delle due maggiori compagnie di balletto russe - quella del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo e quella del Teatro Bol'soj di Mosca - compostamente, ma tenacemente, resistettero all'egemonia culturale sovietica. Nonostante i controlli cui erano sottoposti, fecero in modo di preservare le forme originarie e le tradizioni del loro ricco passato artistico, riuscendo anzi a vivificarle. Quei modelli estetici e tecnici infusero una nuova energia propulsiva al balletto russo, che divenne il fiore all'occhiello delle conquiste culturali sovietiche e affascinò le platee occidentali anche durante i difficili anni della Guerra Fredda. Frutto delle ricerche condotte in decine di archivi e sintesi delle numerose interviste realizzate con artisti, dirigenti e altri protagonisti di quell'epoca, il volume di Christina Ezrahi propone ai lettori il primo, illuminante resoconto di ciò che avvenne nel balletto russo in epoca sovietica: ne segue le lotte nel periodo postrivoluzionario, ne documenta il massimo fulgore negli anni '50 e '60, gli "anni d'oro", e infine ne ricostruisce le monumentali produzioni messe in scena per celebrare, nel 1968, il cinquantesimo anniversario della Rivoluzione. Il volume ha vinto a Parigi il premio di 'Migliore Libro di Danza 2017', conferito dall'associazione Professionale dei Critici di Teatro, Musica e Danza (http://associationcritiquetmd.com). La premiazione si è svolta il 19 giugno 2017 al Teatro Chaillot di Parigi. «È un onore particolare per me ricevere questo premio. La Francia è la culla del balletto classico e la storia del balletto francese e russo sono profondamente intrecciate. Sono davvero molto entusiasta di vedere l'edizione francese del mio libro premiata in questo modo» ha dichiarato l'autrice, Christina Ezrahi. «È con una grande soddisfazione che accogliamo questo importante premio che ricompensa l''avventura' francese della nostra casa editrice: leader in Italia nell'editoria legata all'universo della danza, da alcuni anni abbiamo deciso di esportare in Francia la nostra esperienza - ha affermato Gianni Gremese, Direttore di Gremese International. Teniamo dunque a ringraziare in modo particolare l'associazione Professionale della Critica di Teatro, Musica, per aver apprezzato quest'opera e premiato gli sforzi compiuti per pubblicarla anche in francese».
DAL TESTO – "Le pressioni esercitate sul balletto durante gli anni '30 dimostrano come il meccanismo dell'evoluzione culturale sovietica fu in realtà più complesso e contraddittorio. Apparentemente, l'appassire delle sperimentazioni coreografiche degli anni '20 e la nascita del drambalet, la cui struttura narrativa in più atti richiamava esteriormente i balletti ottocenteschi, sembrerebbero avvalorare l'ipotesi della "grande ritirata". Il drambalet con i suoi soggetti drammatici e le sue potenzialità melodrammatiche avrebbe probabilmente trovato un pubblico più grato e ricettivo rispetto, per esempio, all'esperimento modernista della Sinfonia di danza di Lopuchov. "Seguendo la logica della "grande ritirata", Petipa, lo zar del balletto ottocentesco, sarebbe dovuto diventare l'autorità culturale indiscussa del balletto, e i suoi lavori il modello per tutti i balletti nuovi, soprattutto vista la sua stretta collaborazione con Čajkovskij, il paradigma musicale di quest'epoca. In realtà, è accaduto qualcosa di più complesso, il che dimostra la posizione delicata e incerta del balletto all'interno del progetto culturale sovietico in quei tempi. Anziché indietreggiare da una posizione di debolezza, come suggerisce Timasheff, il regime si era garantito una posizione di potere relativo rispetto alla vecchia intelligencija e ora poteva usare i simboli della cultura tradizionale per dare legittimità culturale alle nuove élites. Allo stesso tempo, questi simboli della cultura tradizionale avrebbero dovuto acquisire un colore nuovo, "rosso". Il Lago dei cigni faceva certamente parte di quel canone culturale che ogni membro della nuova élite sovietica era tenuto a conoscere per ambire alla kul'turnost'. Per usare le parole di Sheila Fitzpatrick, "la moglie di un dirigente che non avesse mai letto Puskin o non avesse mai visto Il Lago dei cigni sarebbe stata imbarazzante". Persino Stalin amava il balletto, e probabilmente vide Il Lago dei cigni per la trentesima volta la sera prima di essere colpito da un ictus, nel 1953. Ma nemmeno Il Lago dei cigni si salvava dalle richieste di maggiore realismo nel balletto avanzate all'epoca. Nel 1933, Agrippina Vaganova, che prese il posto di Lopuchov come direttore artistico della compagnia di balletto del Kirov, ne realizzò un nuovo allestimento. Ispirata ai racconti di Maksim Gor'kij sulla Storia di un giovane uomo del XIX secolo, la produzione de Il Lago dei cigni realizzata dalla Vaganova divenne la storia di un uomo giovane e malinconico di famiglia nobile decaduta, che resta prigioniero delle proprie fantasie romantiche. Nel periodo sovietico, coerentemente con la preferenza del realismo socialista per la netta vittoria del Bene sul Male, le produzioni de Il Lago dei cigni del Kirov e del Bol'šoj sostituirono alla conclusione originale tragico-romantica, che vedeva Odette e il principe Siegfried finalmente uniti nella vittoria dell'amore sul male dopo la morte, la vittoria positiva sul male in questa vita."
L'AUTRICE – Christina Ezrahi è una storica della cultura russa. È membro della Royal Historical Society.
INDICE DELL'OPERA – Ringraziamenti – Introduzione - Sopravvivenza: il Mariinskij e il Bol'šoj dopo la Rivoluzione di Ottobre - Pressione ideologica: il balletto classico e le politiche culturali sovietiche 1923-36 - L'arte contro la politica: il consiglio artistico del Kirov negli anni '50 e '60 - Battaglie a passo di danza: il balletto del Kirov durante il "disgelo" di Chruščëv - Oltre la Cortina di Ferro: il balletto del Bol'šoj a Londra nel 1956 - Enfant Terrible: Leonid Iakobson e La Cimice, 1962 - Coreografia come resistenza: Spartacus di Iurij Grigorovič, 1968 – Conclusione - Appendice 1. Note biografiche - Appendice 2. Balletti – Note – Bibliografia - Indice analitico |