Miseria e fortuna: gli schiavi nella Roma antica Stampa E-mail

Stefano Azzone

Miseria e fortuna:
gli schiavi nella Roma antica


Edizioni Efesto, pagg.138, € 13,50

 

azzone schiavi  IL LIBRO – Chi erano veramente gli schiavi e cosa significava essere servo nell'antica Roma? Erano davvero tutti dei miserabili? La storia che vi appresterete a leggere vi porterà in un mondo diverso da quello che vi hanno raccontato fino ad oggi: operai instancabili e braccianti infaticabili, certo, ma anche medici, insegnanti, imprenditori, amministratori pubblici, guardie del corpo, amanti dell'imperatore e persino... Papi! Questo saggio intende studiare le origini e gli sviluppi della schiavitù romana attraverso l'analisi delle fonti antiche finora esistenti. Non tante a dire il vero - dal momento che i romani consideravano la schiavitù come un fenomeno "ovvio" del quale non si sentivano di dover render conto ai posteri - ma neanche troppo esigue da poter tracciare un affresco, seppur non esaustivo, del complesso "universo servile" di una delle più grandi civiltà che la Storia abbia mai conosciuto.
  Il volume – scrive Giorgio Franchetti (Divulgatore storico e archeomedico) nella Prefazione - "parla di storia antica ma in un certo senso, guardando ancora oggi giornali o telegiornali da tutto il mondo, anche di storia, amaramente, contemporanea."

  DAL TESTO – "Nel II secolo a. C. il noto Marco Porcio Catone, detto il Censore, nel suo De Agricultura, un trattato sulle regole e le modalità di gestione dei grandi poderi, propone un duro trattamento nei confronti degli schiavi ritenuti dei meri oggetti e strumenti di lavoro; l'abbigliamento e il nutrimento devono essere ridotti al minimo indispensabile. Per dare maggiore chiarezza a questa concezione di schiavo-oggetto si può fare, ad esempio, riferimento al libro LVI in cui Catone ci dice esplicitamente che gli schiavi che scavano fosse in inverno devono ricevere quattro moggi di farro ed in estate quattro e mezzo, invece quelli con i ceppi in inverno devono essere sostentati con quattro libbre di pane, nel momento in cui si occupano di zappare la terra allora devono ricevere cinque libbre. Addirittura, poiché sono un bene economico, nel caso in cui si ammalino il cibo deve essere ridotto perché, non lavorando, non ha senso sprecare risorse inutilmente."

  L'AUTORE – Stefano Azzone (Roma, classe 1985) è laureato in Storia presso l'Università degli Studi Roma Tre, dove ha successivamente conseguito un Master di II livello in Scienze delle Religioni. Pur essendo si specializzato in Storia Contemporanea, non ha mai abbandonato l'interesse per lo studio delle civiltà del passato. Da sempre, infatti, è un grande appassionato di Roma antica e del suo inestimabile patrimonio culturale. In passato ha lavorato come esperto esterno presso il Ministero degli Affari Esteri, dove si è occupato di progetti di cooperazione italiana per la promozione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico dell'Italia all'estero.

  INDICE DELL'OPERA – Prefazione, di Giorgio Franchetti (Divulgatore storico e archeomedico) - Introduzione - Capitolo primo. Essere schiavi nell'antica Roma - Capitolo secondo. Una vita da schiavo - Capitolo terzo. Dominio, potere e ribellione - Capitolo quarto. Liberi e privilegiati - Appendice I. Società schiavistica o economia schiavistica? - Appendice II. La vita di uno schiavo urbano. Cresto: lo schiavo-tesoriere - Conclusioni - Ringraziamenti - Bibliografia essenziale - Fonti principali