Camorra nostra Stampa E-mail

Giorgio Mottola

Camorra nostra
Nascita di una S.p.a. del crimine
Con le rivelazioni inedite di Franco Di Carlo (ex boss dei Corleonesi)


Sperling & Kupfer, pagg.200, € 17,90

 

mottola camorra  IL LIBRO – «Non chiamatela camorra. È Cosa nostra». Questa sorprendente dichiarazione di Franco Di Carlo ha indotto Giorgio Mottola a ripercorrere la storia della camorra seguendo le rivelazioni dell'ex boss del clan dei Corleonesi, uno dei pentiti più attendibili. A lui Totò Riina aveva affidato, insieme ad altri fedelissimi, il delicato compito di gestire, negli anni Settanta, l'espansione dell'organizzazione siciliana sul continente. Grazie alla sua testimonianza, si scopre come avvenne, a partire dal dopoguerra, la colonizzazione mafiosa di Napoli e quale «formazione» seguirono i capifamiglia e i giovani guappi che, da piccoli criminali dediti allo spaccio e al contrabbando, si trasformeranno in industriali del crimine, con stretti agganci nella politica e nella finanza. Il silenzioso dominio della Cupola cambia il corso del narcotraffico internazionale, espande gli affari nel Nord d'Italia e traccia un disegno dei rapporti di forza fra le famiglie che porterà, negli anni Novanta, all'egemonia dei Casalesi.
  In questo viaggio alle radici di Gomorra si affacciano sotto una luce del tutto nuova vicende storiche: l'assassinio del marito di Pupetta Maresca, i rapporti fra Raffaele Cutolo e i Corleonesi, la faida fra i Nuvoletta e Antonio Bardellino, la trattativa per la liberazione di Ciro Cirillo, rapito dalle Brigate Rosse tre anni dopo la morte di Aldo Moro. La verità raccontata da Di Carlo non ha precedenti né nelle dichiarazioni di altri pentiti siciliani o campani né nelle carte della magistratura, ma trova puntuali riscontri dispersi in migliaia di pagine di atti giudiziari, che l'autore ha scandagliato per scrivere, della camorra, la storia che non è mai stata raccontata.

  DAL TESTO – "Oggi che i Casalesi, con i capi storici tutti al 41 bis, sono in piena fase di riorganizzazione, il clan Mallardo è il più ricco, il più potente e il più mafioso tra quelli operanti in Campania. Più di trent'anni fa ha valicato i confini regionali e ha esteso la sua rete d'affari in Lazio, Toscana ed Emilia Romagna. Nell'ultimo decennio, gli sono stati confiscati beni per oltre 1 miliardo. Eppure sembra essere stato scalfito solo superficialmente, ancora oggi è infatti capace di un enorme condizionamento politico sul proprio territorio e fuori. Giugliano, terza città della Campania per numero di abitanti, è la sua capitale. Come lo era stata per Alfredo Maisto, il primo capo della Cupola di Cosa nostra, che, come abbiamo già raccontato, negli anni Settanta fece fuori il capostipite dei Mallardo, Mimì 'e Carlantonio.
  "I figli sono rimasti nell'ombra finché il vento non è cambiato. Poi, con i Nuvoletta al vertice della Cupola, si sono affiliati a Cosa nostra: «Lo ricordo bene», sostiene Franco Di Carlo, «Ciccio Mallardo fu legalizzato uomo d'onore alla fine degli anni Settanta, quando io ero ancora attivo tra Napoli e Palermo». A quel punto si sono presi la rivincita, uccidendo figli e nipoti di Alfredo Maisto e gettando con discrezione le basi del loro impero. Qaundo è scoppiata la guerra con Cutolo, aderirono senza troppa convinzione alla Nuova famiglia e nella faida successiva si schierarono con i Nuvoletta. Anche in questo caso, però, senza crederci troppo. Si legarono invece strettamente all'ala casalese che faceva capo a Francesco Bidognetti e, una volta caduta la stella dei Nuvoletta, costituirono il raggruppamento criminale più interessante della fine degli anni Ottanta: l'Alleanza di Secondigliano che riuniva Mallardo, Contini e Licciardi, imparentati tra loro tramite una serie di matrimoni combinati. In questo modo il clan di Giugliano riuscì a estendere il suo controllo su quasi tutta l'area nord di Napoli e su una vasta zona del centro città. Ne nacque un'efficientissima holding del narcotraffico e della vendita al dettaglio. Proprio a causa dell'industria dello spaccio messa in piedi dai Mallardo e dai suoi alleati, Secondigliano e Scampia avviarono quel processo di metamorfosi sociale e urbanistica che le ha portate a diventare nel tempo le più grandi piazze di spaccio d'Europa."

  GLI AUTORI – Giorgio Mottola (1984) dal 2012 lavora come inviato per "Report", il programma di Milena Gabanelli. Ha scritto per "Osservatorio sulla camorra", il "Fatto Quotidiano", "l'Espresso" e il "Corriere della Sera". È stato autore di videoinchieste per Rainews, coautore del documentario "Mafia Bunker" (Fox Italia, 2013) e consulente della Bbc per reportage sulla criminalità organizzata. Ha curato la sceneggiatura del film "La Trattativa" di Sabina Guzzanti (BIM, 2014). È stato tra gli autori delle antologie "Strozzateci tutti" (2010) e "Novantadue" (2012) e ha pubblicato, con Maurizio Torrealta, "Processo allo Stato" (2013).
  Franco Di Carlo (Altofonte, 1941) ha iniziato la sua carriera criminale negli anni Sessanta, diventando uno dei consiglieri di Totò Riina. Arrestato nel 1985 per traffico di droga, nel 1996 è diventato collaboratore di giustizia. Ha dato contributi importanti nelle inchieste sugli omicidi di Mauro De Mauro e Piersanti Mattarella. Ha pubblicato, con Enrico Bellavia, "Un uomo d'onore" (2010) e "Sbirri e padreterni" (2016).

  INDICE DELL'OPERA – Introduzione - L'università della mafia – Ue Man! - La vera storia della morte di «Pascalone 'e Nola» - La colonizzazione - Mafia Gentrification - Due galli in un pollaio - La «reconquista» - La «traggedia» napoletana - La prima Trattativa - I nuovi «siculonapolerani» - Epilogo - Bibliografia e fonti di riferimento