Della pubblica felicità oggetto de' buoni principi |
Lodovico Antonio Muratori
IL LIBRO – La riflessione sui temi del vivere associato e della sovranità accompagnò Lodovico Antonio Muratori lungo tutta la vita, portandolo a misurarsi con le grandi questioni che animavano il dibattito europeo. Difficile inquadrare la sua posizione dentro categorie nette, come più volte si è fatto oscillando tra un Muratori «ghibellino» e un Muratori controriformista. I testi pubblicati nel volume – il trattato "Della pubblica felicità" (scritto nel 1748 e stampato l'anno successivo) e i "Rudimenti di filosofia morale" (concepiti come lezioni di governo per il giovane Francesco Maria d'Este tra il 1713 e il 1715 e qui presentati per la prima volta in edizione critica) – costituiscono i nuclei del suo pensiero e consentono di abbracciarne il percorso comprendendone appieno la portata. Quella di Muratori, commenta Matteo Al Kalak, è una «modernità involontaria», i cui frutti più originali si nutrono di un'impostazione cristiana tradizionale. Secondo questo impianto, la politica è subordinata all'etica e il principe a Dio: il potere di chi governa è limitato dagli obblighi nei confronti dei sudditi, in primo luogo quello di renderli felici; a guidarlo sono le virtù cardinali, declinazioni di un valore supremo e inderogabile, la carità cristiana, base della coesione sociale. Ed è su questo punto che Muratori diviene moderno, forse al di là delle sue stesse intenzioni: il primato della carità come norma suprema di governo che illumina direttamente la coscienza del principe apre la strada a un'emancipazione della politica dal primato ecclesiastico, affrancando, almeno in parte, il sovrano dall'autorità religiosa. Si delinea dunque, nel pensiero muratoriano, un'evoluzione da un modello tradizionale in cui il principe è padre e padrone a un modello in cui il sovrano ha doveri inderogabili sotto il profilo morale. La cifra più proficua per leggere la Pubblica felicità e i Rudimenti è la tensione etica del loro autore, che disegna una società giusta e felice; questa non può scaturire da un mutamento radicale, da un processo di laicizzazione o da un contratto sociale, ma da un ritorno alle leggi costitutive della societas christiana: solo la purezza delle origini e l'adesione al modello evangelico possono salvare lo Stato e, con esso, la Chiesa. Tuttavia, un sostanziale pessimismo distanzia in modo netto Muratori dall'ottimismo illuministico: il male è destinato a riaffiorare ciclicamente, cosicché in ogni Stato l'infelicità succede alla felicità. La felicità terrena, anche se perseguita e cercata da prìncipi autenticamente cristiani e persino se goduta in «qualche buona dose», non dura a lungo: è un obiettivo difficilmente afferrabile e, di fatto, mai conseguibile in modo duraturo e definitivo. DAL TESTO – "L'interesse proprio sempre fu e sempre sarà il gran motore delle azioni umane. Ma perché di un onesto guadagno non si contentano i troppo accaniti dietro alla roba e tendono a scorticare chi ha bisogno di loro, ufizio è del principe il non permettere, anzi il gastigare questi troppo ingordi divoratori delle sostanze altrui e il far eseguire le leggi che proibiscono il dare a minori di età, a figli di famiglia danaro, che frutti o non frutti, senza le solennità prescritte. Evidente cosa è (e lo raccomandano anche le Divine Scritture) che i regnanti hanno da tenere un occhio particolare per la difesa de i poveri (nome che abbraccia anche tutti i lavoratori, contadini e non poca parte della cittadinanza) affinché ad un giusto prezzo sia mantenuto il pane con gli altri viveri più necessari; né sia lecito alla potenza e a i rigori del fisco, o all'avidità delle particolari sanguisughe, di maggiormente opprimere chi non si può difendere ed usa solamente delle maledizioni contra del mal governo, le quali Dio, se non sempre, almeno sovente esaudisce. Non si può se non detestare la maniera crudele tenuta in qualche paese nell'esigere i tributi, perché è uno spiantamento delle famiglie, senza voler considerare l'impotenza e le disgrazie de' particolari e con ridurre inabile da lì innanzi a rendere frutto alcuno al principe chi resta spogliato di tutti i suoi arnesi." L'AUTORE – Lodovico Antonio Muratori (1672-1750), erudito, storico, polemista, ecclesiastico, bibliotecario, archivista e persino numismatico, fu una delle figure più prestigiose del Settecento europeo. Nato a Vignola, studiò a Modena presso i gesuiti, dove ricevette gli ordini minori e si laureò in filosofia e in diritto. Dopo un'esperienza nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, città in cui maturò un ideale estetico a favore di una riforma della cultura e della poesia italiana, nel 1700 si trasferì a Modena (dove rimarrà fino alla morte), presso Rinaldo I d'Este, come tutore dei suoi figli e bibliotecario ducale. Sollecitato anche dalle ricerche archivistiche legate alle questioni territoriali del ducato, realizzò una serie di imprese culturali straordinarie (tra cui ricordiamo i "Rerum Italicarum Scriptores" e le "Antiquitates Italicae Medii Aevi") che lo consacreranno tra i protagonisti del rinnovamento storiografico-intellettuale del XVIII secolo e caposaldo della ricerca storica sul medioevo. IL CURATORE - Matteo Al Kalak svolge attività di ricerca presso la Scuola Normale di Pisa e l'Università di Modena e Reggio Emilia. Si occupa di storia del cristianesimo, con particolare attenzione ai fenomeni di dissenso religioso, alle conversioni e alle forme di controllo sociale. Ha approfondito l'opera e il pensiero di Muratori, curando due volumi dell'Edizione nazionale del carteggio e pubblicando vari articoli sul tema. È autore di numerosi saggi e monografie. INDICE DELL'OPERA – Presentazione, di Fabio Marri - Principe cristiano, popolo felice. Lodovico Antonio Muratori e la definizione del potere. Introduzione, di Matteo Al Kalak - Nota all'edizione - Della pubblica felicità oggetto de' buoni principi – Dedica - A chi vorrà leggere - I. Che s'intenda per pubblica felicità - II. Che appunto il mestiere de' buoni principi ha da essere quello di proccurar la pubblica felicità - III. Essere ufizio anche de' ministri de' principi il proccurare la pubblica felicità - IV. Dell'educazione della gioventù per addestrarla a i pubblici ministeri - V. Del nobile scopo che dovrebbero prefiggersi principi, ministri e letterati per proccurare il pubblico bene - VI. Della religione - VII. Dello studio delle lettere o sia delle scienze - VIII. Della cristiana filosofia de' costumi - IX. Della giurisprudenza e della giustizia - X. Delle leggi - XI. Della medicina - XII. Delle matematiche - XIII. Della logica, fisica e metafisica - XIV. Della storia, erudizione, eloquenza e poesia - XV. Dell'agricoltura - XVI. Dell'arti o necessarie o utili allo stato e del commerzio - XVII. Dell'attenzion particolare che dovrebbe avere il principe per dar calore all'accrescimento dell'arti e del commerzio - XVIII. Dell'annona o sia grascia - XIX. Del lusso - XX. D'altri disordini de gli stati, ad impedire e levare i quali dee vegliare il buon principe - XXI. Della lussuria, delle ubbriachezze e d'altri popolari disordini che il principe dee togliere o frenare - XXII. Dell'imposizion de' tributi - XXIII. Dell'eccesso de' tributi ed aggravi, e come s'abbia a rimediarvi - XXIV. Delle monete - XXV. De' pubblici archivi e notai, e del governo de' poveri - XXVI. De i pubblici onesti giuochi - XXVII. Della caccia e pesca, e come s'abbia a permettere o proibire - XXVIII. Della milizia - XXIX. Delle fabbriche, della pulizia e della pubblica sanità delle terre e città - XXX. Conclusione di questo trattato - Rudimenti di filosofia morale per il principe ereditario - Parte prima. Rudimenti di filosofia morale - I. La natura dell'uomo e l'aspirazione alla felicità - II. I beni corporali e i beni dell'anima - III. La virtù morale - IV. Le virtù cardinali (1. La fortezza - 2. La temperanza - 3. La giustizia - 4. La prudenza) - V. Le virtù della conversazione (1. L'affabilità - 2. La veracità - 3. La facetudine o urbanità) - VI. La liberalità - VII. La magnificenza - VIII. La magnanimità - IX. La modestia e l'umiltà - X. La mansuetudine - XI. La verecondia - XII. L'indignazione - XIII. L'origine delle passioni – XIV. Le principali passioni - XV. Le cause degli errori: l'amor proprio - Parte seconda. Del governo politico - I. Il principe deve procurare la felicità dei sudditi - II. Come farsi amare dai sudditi - III. L'esercizio della giustizia (1. Il principe deve assicurare la giustizia - 2. La giustizia criminale - 3. La giustizia civile - 4. I giudici - 5. Le spie - 6. Polizia e soldati - 7. Dovere di dare udienza - 8. Equità nelle pene e nei privilegi) - IV. Il principe è soggetto alle leggi - V. Preservare l'onore dei sudditi - VI. Difendere la vita e la salute dei sudditi - VII. Libertà nei commerci - VIII. Non usurpare i beni dei sudditi con la forza - IX. Moderazione nell'imporre tributi - X. Moderazione nell'emanazione di gride - XI. Moderazione nell'imposizione delle pene - XII. Non gravare i poveri - XIII. La prosperità dello stato (1. Favorire l'afflusso di denaro - 2. Il commercio e le manifatture - 3. L'agricoltura - 4. Il governo delle acque e la viabilità - 5. Promuovere le esportazioni - 6. Limitare le importazioni - 7. Le estrazioni minerarie - 8. Le esportazioni di bestiame - 9. Ottenere uno sbocco al mare - 10. Arti e scienze) - XIV. Contrasto della mendicità - XV. I ministri - XVI. Primato della carità cristiana - XVII. Le doti desiderabili per il principe (1. L'inclinazione al bene - 2. Il retto giudizio) - Muratori fra tradizione e modernità politica, di Cesare Mozzarelli |