Cose che si possono e non si possono dire |
Arundhati Roy - John Cusack
IL LIBRO – Nell'inverno del 2014, l'attore americano John Cusack, da sempre impegnato sul fronte dei diritti civili, ha un'idea. Far incontrare i due più celebri whistleblower americani, due fedeli servitori del governo statunitense che in epoche diverse hanno avuto il coraggio di renderne pubblici gli abusi: Daniel Ellsberg, il funzionario del Pentagono che nel 1971 rivelò i piani della guerra in Vietnam, e Edward Snowden, l'informatico ed ex tecnico della CIA che nel 2013 denunciò le intercettazioni a tappeto condotte dalla National Security Agency. All'incontro sarà invitata anche Arundhati Roy, una delle voci più chiare e implacabili che si sono levate negli ultimi anni contro la politica imperialista di molti stati, in linea con la posizione di Julian Assange, fondatore di WikiLeaks. DAL TESTO – "[...] non intendo difendere Saddam Hussein né l'occupazione sovietica dell'Afghanistan, che fu brutale e provocò centinaia di migliaia di morti: fu il Vietnam dell'Unione Sovietica. Dico solo che adesso, con queste nuove guerre, interi paesi sono finiti nel caos, mentre le donne hanno ripreso a indossare il burqa, e non certo per libera scelta. Insomma, secondo me un conto è una cultura nella quale le donne non si sono ancora affrancate dalla loro sottomissione, ma sarebbe un incubo se domani qualcuno mi venisse a dire: «Arundhati, rimettiti il velo, chiuditi in cucina e non uscire di casa». Ti rendi conto della violenza di un'imposizione del genere? Eppure è proprio questo che è successo alle donne in quei paesi. Nel 2001 ci hanno fatto credere che la guerra in Afghanistan fosse una missione femminista. I marines americani andavano a liberare le donne afgane dai talebani. Ma è davvero possibile imporre il femminismo a forza di bombe? E ora, dopo venticinque anni di guerra feroce (dieci per debellare l'occupazione sovietica e quindici sotto quella americana) i talebani stanno di nuovo avanzando su Kabul e ben presto ricominceranno a fare affari con gli Stati Uniti. Io non vivo in America, ma quando sono qui ho l'impressione di avere la testa in un frullatore: mi si riduce il cervello in pappa a forza di sentire i discorsi che vengono fatti. Fuori [dagli Stati Uniti] non è così difficile comprendere la situazione, perché la gente sa come stanno le cose. Ma a quanto pare qui sono moltissimi quelli che sembrano disposti a bersi docilmente le fandonie della propaganda." L'AUTRICE – Arundhati Roy, nata nel Kerala, si è laureata alla Delhi School of Architecture e vive a New Delhi. E' stata assistente al National Institute of Urban Affairs e ha studiato Restauro dei monumenti a Firenze. Ha scritto alcune sceneggiature e collabora a varie testate, fra cui "Internazionale". "Il dio delle piccole cose", suo romanzo d'esordio, è stato un caso letterario e un best seller in tutto il mondo. Guanda ha in catalogo anche i saggi: "La fine delle illusioni", "Guerra è pace", "Guida all'impero per la gente comune", "L'impero e il vuoto" e "La strana storia dell'assalto al parlamento indiano". INDICE DELL'OPERA - Cose che si possono e non si possono dire, di John Cusack - «Abbiamo portato la promessa del futuro, ma la nostra lingua balbettava e ringhiava...», di Arundhati Roy - Cose che si possono e non si possono dire (seconda parte), di John Cusack - Cosa dobbiamo amare?, di Arundhati Roy - «Sì, Virginia, il gap missilistico esiste». Conversazione tra John Cusack, Daniel Ellsberg, Arundhati Roy e Edward Snowden – Note - Crediti fotografici - Indice analitico |