Giorni selvaggi. Una vita sulle onde |
William Finnegan
IL LIBRO – Il surf è un'arte dai molti paradossi, in cui il desiderio di mostrarsi non è mai separato da quello di essere soli con le onde e sparire dietro un sipario di schiuma. «Le onde sono il campo da gioco. Il fine ultimo». Ma sono anche l'avversario, la nemesi. William Finnegan ha subìto l'incanto del mare fin da bambino, in California, vedendo i surfisti «danzare sull'acqua». A tredici anni andrà a vivere ai piedi del cratere di Diamond Head, alle Hawaii. E quell'incanto si trasformerà a poco a poco in una devozione assoluta al dio oceano. A venticinque anni, il suo sogno è di rigenerarsi agli Antipodi e vedere il mondo prima che si trasformi tutto in Los Angeles. Inizia così «la ricerca», il viaggio dell'Inverno senza fine, la circumnavigazione del globo a caccia di onde. Prima Guam, poi le isole Samoa, il regno di Tonga, l'arcipelago delle Figi, dove scopre il magnifico break di Tavarua, davanti a un lembo di terra assente perfino dalle mappe. Al suo fianco c'è Bryan, che è andato al funerale di Kerouac e fa surf «come se non ci fosse un domani». Ultima tappa il Sudafrica dell'apartheid, dove matura una nuova consapevolezza, poi l'inevitabile ritorno a casa. Ma la ricerca non è ancora finita. DAL TESTO – "Mi sentivo galleggiare, sospeso tra due mondi. C'era l'oceano, davvero infinito, che spariva per sempre all'orizzonte. Quella mattina era placido, ed esercitava su di me un fascino dolce e languido. Ma adesso ero legato in maniera indissolubile ai suoi sbalzi d'umore. La mia devozione era assoluta e irresistibile. Non pensavo più che le onde fossero intarsiate in qualche officina celeste. Stavo diventando più pragmatico. Adesso sapevo che traevano origine da mareggiate lontane che si muovevano, per così dire, sulla superficie dell'abisso. Ma la mia totale dipendenza dal surf non aveva una motivazione razionale. Non ero in grado di opporvi alcuna resistenza: era una miniera senza fondo di bellezza e meraviglie. Non avrei saputo spiegarlo in altre parole. In linea generale, sapevo che riempiva una specie di vuoto psichico - collegato magari al mio rifiuto della Chiesa o, più probabilmente, al mio ineluttabile distacco dalla famiglia -, e che aveva rimpiazzato molti interessi precedenti. Ero un pagano riarso dal sole. Ero stato iniziato ai misteri della vita." L'AUTORE – William Finnegan è nato nel 1952 a New York ed è cresciuto tra la periferia di Los Angeles e le Hawaii. Dopo la laurea alla University of California, a Santa Cruz, e un master in scrittura creativa alla University of Montana, a Missoula, ha inseguito la sua passione per il surf facendo tanti lavori diversi in giro per il mondo: frenatore sui treni della Southern Pacific, benzinaio, parcheggiatore, commesso in una libreria, operaio, barman, insegnante d'inglese in un ghetto nero di Città del Capo. Dal 1987 scrive per il «New Yorker», oltre a collaborare con altre riviste, tra cui «Granta», «Harper's», «The New York Review of Books». Ha compiuto reportage quasi in ogni continente, molti in Africa e in America Centrale, occupandosi soprattutto di politica estera, guerra, razzismo, povertà, crimine organizzato, globalizzazione. Ha pubblicato cinque libri e ricevuto numerosi riconoscimenti. Con il memoir "Giorni selvaggi", bestseller in America, ha vinto il premio Pulitzer 2016. INDICE DELL'OPERA - 1. Diamond Head. Honolulu, 1966-67 - 2. L'odore dell'oceano. California, 1956-65 - 3. Il trauma della novità. California, 1968 - 4. 'Scuse Me While I Kiss the Sky. Maui, 1971 - 5. La ricerca. Il Sud Pacifico, 1978 - 6. Il paese fortunato. Australia, 1978-79 – 7. Scegliere l'Etiopia. Asia, Africa, 1979-81 - 8. Contro il fallimento. San Francisco, 1983-86 - 9. Basso profondo. Madeira, 1994-2003 – 10. E i monti smossi fosser sospinti in mezzo del mare. New York, 2001-2015 |