Jürgen Todenhöfer
Dentro l'IS Dieci giorni nello "Stato islamico"
Lastaria Edizioni, pagg.267, € 17,00
Jürgen Todenhöfer è un giornalista tedesco. Nella sua breve esperienza di magistrato, ha imparato "che per capire qual è la verità bisogna sempre parlare con entrambe la parti, anche quando il mondo ha già emesso la sua sentenza". Così ha deciso che, per scoprire la verità sull'Isis, si sarebbe dovuto recare nei territori controllati dagli uomini di al-Baghdadi. Nell'estate del 2014 si è messo in contatto tramite skype con un combattente di origine tedesca, Abu Qatadah, trentenne, esperto sul piano ideologico, con "un ruolo ufficiale nel settore mediatico dell'IS". Grazie a questo contatto è riuscito a ottenere, per sé, per il figlio Frederic e per l'amico Malcolm, una garanzia di protezione nello "Stato Islamico" proveniente dall'Ufficio del Califfo. Il 2 dicembre 2014 i tre si mettono in viaggio, volando con la Turkish Airlines fino a Istanbul e da lì raggiungendo in auto la città turca di Gaziantep. Si dirigono quindi in taxi verso Kilis, situata al confine turco-siriano, dove li attende "un uomo accanto a una recinzione metallica. Solleva nervoso il filo spinato, in modo che possiamo passarci sotto. Tutti corrono più veloce che possono. Farlo attraverso i campi, però, con tanto di bagagli, non è impresa facile. Frederic porta la mia valigia, io trascino il mio zaino [...]. Qualche centinaio di metri più avanti scorgiamo cinque auto nascoste dietro degli alberi. Ci aspettano cinque uomini con il volto coperto". Trascorreranno dieci giorni nello "Stato Islamico" e, una volta tornati in Germania, Todenhöfer raccoglierà in un volume la sua interessante testimonianza. Il libro, che in Germania ha venduto oltre trecentomila copie, è stato recentemente tradotto in italiano e pubblicato dalle Edizioni Lastaria. "Le donne che vediamo – scrive l'Autore -, indossano tutte il velo. Come praticamente in tutto il mondo, i bambini giocano a calcio per strada" (p.167). "Le attività sono quasi tutte aperte e si fanno molti acquisti, soprattutto nei mercati. La vita scorre regolare. Ci stupisce il fatto che ci siano molti nuovi edifici in costruzione" (p.178). "Mosul dà l'impressione di essere una città assolutamente normale, come altre grandi città del Vicino Oriente. Non sembra che a causa dell'IS si sia tornati all'età della pietra. Al contrario, Mosul è una metropoli vibrante, viva, con tanto traffico e moltissime persone per le strade" (p.202). I cristiani residenti nello "Stato Islamico" "devono pagare la jizya, una tassa che gli consente di vivere indisturbati, che ammonta grossomodo a 300 dollari l'anno per i poveri e a 600 per i più abbienti. È l'unica tassa esistente, da versare a degli uomini agiati, incaricati di riscuoterla. Ai cristiani basta vendere un paio di pecore per mettere insieme i soldi sufficienti a pagare l'imposta". "I musulmani, invece, sono tenuti a pagare una tassa chiamata zakat, che viene calcolata sul capitale. I musulmani ricchi pagano, quindi, una quota maggiore rispetto a quella dei cristiani. I poveri, invece, pagano di meno. Il denaro viene poi investito per opere pubbliche. A Raqqa l'IS aiuta a mandare avanti tre ospedali" (p.179). I "foreign fighters" – che arrivano in Siria passando da Hatay, Urfa o Gaziantep – non sono benvoluti dai combattenti arabi: "Noi qui siamo degli stranieri – confida Abu Qatadah all'Autore -. A molti non piacciamo, ma si abituano subito alla nostra presenza" (p.185). Una sera Abu Qatadah ha rivelato a Todenhöfer "qualcosa di assolutamente inaspettato. Pensa che ci saranno dei negoziati tra l'IS e i Paesi occidentali. Potrebbe anche darsi che l'IS offrirà un accordo all'Occidente, secondo il quale interromperebbe temporaneamente la sua espansione. Così è stato predetto in un Hadith, un racconto sulla vita di Maometto. Ciò che è stato predetto in questo Hadith, fino ad ora, si è sempre avverato. Islam e Occidente si uniranno contro un nemico comune e stipuleranno un trattato di pace, che naturalmente avrà una durata limitata. Chi sarà mai, dunque, questo nemico comune? La Russia? L'Iran? Sarà il tempo a dirlo. Io rispondo che in Occidente un accordo del genere non verrebbe mai preso in considerazione. Nessun governo occidentale sarà mai disposto a trattare con l'IS. Nessuno. Abu Qatadah sorride convinto. «L'IS farà un'offerta. Vedrà»" (p.207). |