Le fucilazioni del processo di Verona |
Renzo Montagna
IL LIBRO – L'otto gennaio 1944 iniziò a Verona il processo che tre giorni dopo avrebbe portato alla fucilazione di Galeazzo Ciano, Emilio De Bono, Luciano Gottardi, Giovanni Marinelli e Carlo Pareschi. Tra i giudici c'era anche il generale Renzo Montagna che non faceva mistero dei dubbi che turbavano la sua coscienza: "Ma perché devo proprio esserci io, in questa tragedia? Se il Partito (fascista) vuol uccidere, perché non lo fa coi propri mezzi? Ed i Tedeschi, se vogliono colpire qualcuno, hanno proprio bisogno di un nostro tribunale e di un nostro processo?". Durante il processo il Generale si adoperò in tutti i modi affinché i vari imputati non fossero condannati a morte. Fu tutto vano e dopo questa amara sconfitta, Montagna non rimase a Verona per assistere alla fucilazione. DAL TESTO – "Prendo la parola io e sostengo che dobbiamo riportarci al tempo in cui avvenne la riunione del Gran Consiglio, che non tutti avevano l'animo di tradire, che noi, alla fin fine applicavamo una legge che allora non esisteva e che, in ogni modo, sarebbe necessaria una divisione degli imputati in due categorie: quelli che hanno tradito, mettendosi d'accordo coi nemici del Fascismo e sapendo di tradire, e gli altri che hanno votato l'ordine del giorno di Grandi senza sapere cosa ci fosse sotto, convinti di fare del bene e non del male. L'AUTORE – Renzo Montagna nasce a Santa Giulietta (PV) il 13 marzo 1894. Ultimato il Liceo classico a Voghera, il 7 aprile 1914 frequenta il Corso Allievi Ufficiali dell'Esercito e nel successivo novembre è Sottotenente di Artiglieria. Dal 1916 con il Corpo Bombardieri del Re è ad Asiago, dove nel 1917 si arresta la ritirata da Caporetto (GO). Nell'agosto 1918 è a Gorizia, a Peuma e sul Monte Podgora. Quale Tenente comanda la 79° Batteria sul Carso e, promosso Capitano, la 423° Batteria che nel maggio 1918 assalta M. Tonale e la 13° Batteria che nel novembre assedia Trento. Dopo il congedo del 15 ottobre 1920 fonda i Fasci a Santa Giulietta e si arruola l'1 febbraio 1923 nella MVSN, al momento della fondazione. Nel 1924 comanda la 38° Legione di Asti, nel 1927 la 3° di Cuneo e nel 1929 il IX Gruppo Legioni. Nella guerra d'Etiopia è Console Generale Comandante del IV Gruppo Battaglioni CC. NN. che il 28 febbraio 1946 occupa l'Amba Alagi. Dal luglio 1942 è Comandante del Presidio di Lubiana (annessa l'11 aprile 1941), ed anche del Raggruppamento CC. NN. "21 Aprile" composto dai LXXI e LXXXI Battaglioni romagnoli e assegnato all'XI Corpo d'Armata agli ordini di Mario Robotti. Avvicendato il 19 aprile 1943 da Niccolò Nicchiarelli, va in licenza di convalescenza a Santa Giulietta, dove nell'agosto 1943 è arrestato dai regi. Da Voghera viene trasferito a Roma e unito al gruppo dei militari già incarcerati a Forte Boccea: Agostini, Candelori e Galbiati della MVSN, Cavallero e Soddu dell'Esercito e tutti liberati con Buffarini Guidi e alcuni politici dai paracadutisti tedeschi il 12 settembre 1943. Comandante Generale ad interim della ricostituita MVSN dal 17 al 30 settembre 1943 a Roma, dopo Italo Romegialli, e poi Comandante tattico della MVSN Alta Italia, è uno degli 8 giudici effettivi del "processo di Verona". Il 4 ottobre lascia l'incarico di Comandante della Regione Militare di Torino per assumere quello di Capo della Polizia Repubblicana, in sostituzione del dimissionario Eugenio Cerruti (Prefetto 2^ Classe e pilota in Squadriglie da bombardamento ma anche Comandante della 2° Legione MVSN Alpina e dal dicembre 1944 Ufficiale della Divisione Monte Rosa). Nel nuovo incarico, con l'aiuto del suo Vice Guido Leto, agisce con energia e subito pone sotto controllo i Reparti Speciali della Polizia, compresa la Polizia Economica addetta alla "borsa nera". Da metà aprile 1945, con l'autorizzazione di Mussolini, ha contatti con ininfluenti figuri del CLN milanese e nel dopoguerra, quando villeggia a Castellammare di Stabia (NA) dove sposa Carla Ardigò, sempre con la protezione del socialista mussoliniano Carlo Silvestri e tollerato da antifascisti locali, viene accusato di doppiogiochismo da lettere inviate ad "Asso di Bastoni". Il suo grave errore è quello di non aver svolto il ruolo istituzionale che compete ad un Capo della Polizia in ogni transizione di potere sia militare che politica, vale a dire occuparsi anche con rischio personale della tutela dell'ordine pubblico. Invece si trattiene insieme al Ministro Pisenti e al Capo Provincia Bassi in Palazzo Monforte fino alle ore 4,00 del 26 aprile senza diramare ordini. Dopo aver consegnato cospicui "fondi speciali" trova rifugio in casa di amici milanesi, in Via Carducci. Muore a Voghera il 6 luglio 1978. (fonte: fondazionersi.org) I CURATORI – Francesco Mazzoli, laureato in Filosofia con tesi in Filosofia morale ed Estetica, divide il suo operato di autore tra la storia contemporanea italiana e la musicologia. INDICE DELL'OPERA – Profilo biografico di Renzo Montagna, di Leonardo Malatesta - Le fucilazioni del processo di Verona, di Renzo Montagna (Premessa - La congiura - Giorni d'ansia - La guerra continua... - La verità su Cavallero - La breve sosta - Prologo alla tragedia - I giudici e i documenti - Due... prototipi! - Alfieri e Ciano - Corpus sceleris - Davanti alla storia - Il primo atto - Pausa sull'abisso - Il secondo atto - Giustizia o vendetta? - Mori necesse est... - Cinque... ma non quelli) - Scenografia e montaggio del processo di Verona, di Francesco Mazzoli - Bibliografia ragionata, di Leonardo Malatesta |