Francesco Sini
Sua cuique civitati religio Religione e diritto pubblico in Roma antica
G. Giappichelli Editore, pagg.XVI-356, € 30,99
IL LIBRO – Il volume raccoglie cinque saggi dedicati, come recita il sottotitolo, a problematiche significative della religione politeista romana e del diritto pubblico di Roma. Il primo contributo approfondisce lo studio dei rapporti tra la religione romana e le religiones peregrinae ed externae; con l'intento di cogliere, soprattutto, il fondamento giuridico e teologico dell'universalismo e della "tolleranza", caratteristiche veramente peculiari di quell'antica religione. Per comprendere appieno la religione politeista romana, risultano del tutto inadeguati concetti moderni come «ostilità naturale», «libertà individuale», «isolamento», «laicizzazione»; né appare metodologicamente corretto assumere a parametri d'indagine categorie quali «tolleranza» o «intolleranza», sebbene la dottrina più recente sostenga, quasi all'unanimità, la tesi che la religione romana sia stata nel complesso una religione tollerante. Era piuttosto la concezione teologica (e giuridica) di pax deorum a garantire di fatto la "libertà religiosa": dovendosi salvaguardare il diritto di ciascun Dio ad avere il proprio culto, si legittimava contestualmente il diritto del singolo di adorare la divinità secondo la propria coscienza e nelle forme che a lui sembravano necessarie. Grazie a questa peculiare concezione della pax deorum, la religione politeista romana fu in grado di far coesistere nel suo ambito sia le esigenze cultuali particolaristiche del Popolo romano (cioè, legate a tempi e luoghi determinati), sia le tensioni universalistiche della teologia sacerdotale e dello ius divinum. Il secondo contributo discute l'attendibilità e la rilevanza della tradizione documentaria degli archivi dei grandi collegi sacerdotali romani. È noto, infatti, che i materiali religiosi e giuridici degli archivi sacerdotali (e quindi il lessico e i concetti elaborati dai sacerdoti) rappresentano le evidenze più autentiche e le prime riflessioni sistematiche della giurisprudenza romana; costituiscono altresì il nucleo più risalente e affidabile della storiografia latina. L'Autore sostiene inoltre, confortato dai risultati di alcuni precedenti lavori, che i documenti sacerdotali sono da considerare gli strumenti indispensabili per un riesame complessivo dell'organizzazione politica romana, a cominciare dalla ridefinizione dello ius publicum in chiave non "statualista". Il ricorso a tali documenti consente, infine, di superare l'inadeguatezza delle moderne categorie giuridiche a rappresentare pienamente le caratteristiche più significative del "sistema giuridico-religioso" dei Romani. Il terzo capitolo verte, invece, su alcune interpretationes dei sacerdoti, riguardanti aspetti giuridici e problematiche rituali in materia di sacrifici. Il sacrificio (sacra facere), di cui è ben nota la centralità nelle pratiche cultuali dell'antica religione politeista romana (e dunque nella conservazione della pax deorum), si presentava come un'azione rituale, che permetteva alle diverse aggregazioni comunitarie romane di stabilire, per mezzo della vittima immolata, forme di comunicazione con le divinità destinatarie del sacrificio. Al riguardo, i risultati di questa ricerca dimostrano chiaramente il fatto che i sacerdoti, nei confronti dei sacrifici, assumessero di norma un atteggiamento bivalente: da un lato, ritenevano che le azioni sacrificali costituissero i riti più idonei per volgere a beneficio degli uomini l'immensa potenza degli Dèi; d'altro lato, consideravano i sacrifici indispensabili per la sopravvivenza delle stesse divinità. Proprio nel sacrificio si perfezionava, dunque, quel peculiare rapporto di intensa reciprocità, che ben si esprimeva nella concezione romana della religio. La ricerca pubblicata nel quarto capitolo indaga, partendo da un breve saggio di André Magdelain nel quale il compianto studioso francese evidenziava la predilezione della lingua dei sacerdoti per l'uso del modo verbale imperativo, sulle ragioni che hanno determinato la straordinaria rilevanza della negazione nel linguaggio precettivo dei sacerdoti romani. È soprattutto la negazione di frase, che caratterizza in maniera tipica il linguaggio precettivo dei sacerdoti romani: testimonianza incontrovertibile della preferenza di quegli antichi collegia e sodalitates per una religio e uno ius, che presupponevano la regolamentazione della vita comunitaria mediante una esatta e costante cognizione di ciò che per gli uomini potesse risultare vietato al cospetto degli Dèi. Proprio riguardo a questa peculiare caratteristica del latino dei sacerdoti, di cui conosciamo le forme e i (parziali) contenuti attraverso i frammenti dei documenti provenienti dagli archivi dei grandi collegi, l'Autore prospetta ulteriori approfondimenti; al fine di svelare le ragioni profonde, che determinavano il concretizzarsi dei precetti imperativi dettati dai sacerdoti prevalentemente in impedimenti e divieti, connotandosi quindi, dal punto di vista linguistico, con maggiore frequenza in senso negativo. Nel quinto capitolo, infine, sono state studiate alcune interpretazioni degli antichi giureconsulti romani, aventi per oggetto l'inviolabilità dei tribuni e degli edili della plebe; tema assai controverso e, tuttavia, cruciale per la comprendere la "divisione dei poteri" nel sistema giuridico-religioso romano. L'elemento centrale dell'indagine è costituito da un testo di Tito Livio (3.55.6-12), dove il grande annalista commenta - discutendone anche le implicazioni giuridiche - una sententia di alcuni non meglio identificati iuris interpretes; i quali, a proposito del contenuto della lex Valeria Horatia de tribunicia potestate, avevano negato sia il fondamento legislativo della sacrosanctitas tribunizia, sia il carattere inviolabile degli edili della plebe.
L'AUTORE – Francesco Sini (Martis, prov. di Sassari, 1946) è professore ordinario nell'Università di Sassari. Titolare della cattedra di Storia del diritto romano nella Facoltà di Giurisprudenza, insegna per affidamento Istituzioni di diritto romano (M-Z) ed Esegesi delle fonti del diritto romano. Dal 2001 svolge un corso breve di Diritto pubblico romano nella «Scuola di perfezionamento in diritto romano di Mosca», organizzata dal "Centr Isuqenià Rimskogo Prava" (Centro per lo Studio del Diritto romano) e dalla Facoltà Giuridica dell'Università Statale di Mosca "M.V. Lomonosov".
INDICE DELL'OPERA – Premessa – I. Sua cuique civitati religio. Universalismo e "tolleranza" nella religione romana (1. Oggetto e limiti dell'indagine - 2. Religione e imperium populi Romani - 3. Pregiudizi moderni in tema di religione politeista romana: A) Ostilità naturale e assenza di libertà individuali - 4. B) Separazione tra religione e diritto («Isolierung») - 5. Tensioni universalistiche e aperture ("tolleranza") della religione politeista romana e dell'Impero Romano - 6. L'interpretatio Romana come fattore di "tolleranza religiosa" e di assimilazione delle religioni straniere (i sacra peregrina; il Graecus ritus dei libri Sibyllini; l'evocatio della divinità del nemico) - 7. Religio e superstitio) – II. Tradizione documentaria sacerdotale: libri e commentarii dei grandi collegi (1. La tradizione documentaria dei collegi sacerdotali come "memoria" delle istituzioni giuridiche e politiche - 2. Una questione di metodo: la gerarchia delle fonti - 3. Evoluzione semantica ed uso linguistico corrente del termine libri - 4. Libri nelle attestazioni epigrafiche - 5. Libri pontificii nell'orazione de domo sua di Cicerone - 6. Scrittura, documenti sacerdotali e materiali scrittorii in età arcaica 7. Dai libri ai commentarii: prescrizioni cultuali e attività interpretativa dei sacerdoti - 8. Tradizione documentaria dei collegi sacerdotali e archivi tardo-repubblicani - 9. Dalla terminologia ai contenuti - 10. "Sistema" ordinatorio dei libri augurum) – III. Aspetti giuridici e rituali della religione romana: sacrifici, vittime e interpretazioni dei sacerdoti (1. «Morte per decreto»: legislazione imperiale de paganis sacrificiis in età tardo-antica - 2. Pax deorum - 3. Il sacrificio nella 'religione' pontificale: sacra omnia exscripta exsignataque di Numa Pompilio - 4. Vittime sacrificali tra teologia e diritto - 5. Sacrifici umani - 6. Interpretazioni sacerdotali in materia di sacrifici. - A) Ver sacrum e iussum populi - 7. B) Hostiae purae: il pontefice massimo Tiberio Coruncanio e la purezza rituale delle vittime sacrificali) – IV. Negazione e linguaggio precettivo dei sacerdoti romani (1. Una lingua di imperativi e divieti - 2. Lingua e testo: la tradizione documentaria sacerdotale - 3. Le evidenze testuali - 4. Alcune riflessioni sui testi - 5. Radici teologiche e giuridiche della negazione nel linguaggio precettivo dei sacerdoti. A) Pax deorum - 6. B) Nefas) – V. Iuris interpretes in tema di inviolabilità tribunizia (1. Definizione dell'oggetto - 2. Sulle tracce del tribunato della plebe nella scienza giuridica dell'età repubblicana. A) C. Sempronio Tudirano e M. Giunio Congo Graccano - 3. B) Labeone e Capitone - 4. Tito Livio 3.55.6-12 - 5. Iuris interpretes e lex Valeria Horatia de tribunicia potestate - 6. Per una «Palingenesia iuris Romani publici») - Indice delle fonti - Indice degli autori |