Nient'altro che la verità Stampa E-mail

Gian Carlo Caselli con Mario Lancisi

Nient'altro che la verità
La mia vita per la giustizia, fra misteri, calunnie e impunità


Piemme, pagg.264, € 18,00

 

caselli nientaltro  IL LIBRO – A Palermo abitava in un bunker. Una vita sotto scorta fin dal 1974, quando da protagonista della lotta al terrorismo rosso si trovò sotto il peso di preoccupanti minacce. Una moglie coraggiosa e due figli costretti fin da piccoli a crescere in compagnia di uomini in armi. Almeno quattro i tentativi di attentato subìti e sventati per un soffio.
  Gian Carlo Caselli, il magistrato più scomodo d'Italia, rievoca le tappe fondamentali, i valori, gli amici e i nemici che hanno segnato la sua avventura umana e professionale. Non è fiction. È la storia vera di un "uomo di legge" che ha dedicato la propria vita alla giustizia, pur consapevole dei limiti delle norme. Una storia raccontata per la prima volta senza reticenze, senza tralasciare i dettagli più inquietanti: misteri, calunnie, colpi bassi, depistaggi.
  Il viaggio nei ricordi diventa occasione per una riflessione sferzante sull'attualità del nostro Paese, sugli intrecci fra mafia, economia e politica, con particolari inediti sulle recenti scottanti inchieste svolte sulla 'ndrangheta nel Nord d'Italia.
  Un viaggio che non dimentica le radici familiari e culturali, la fede religiosa e la laicità sempre coltivate, insieme a quella passione per il senso ultimo della legge: la difesa del debole, affinché chi è diseguale possa sempre crescere in eguaglianza rispetto agli altri.

  DAL TESTO – "Per funzionare, le leggi devono avere gambe robuste su cui camminare. In particolare una magistratura indipendente (ne abbiamo parlato per tutto il libro) e un processo che non faccia acqua da tutte le parti come il nostro. Producendo, invece che giustizia, denegata giustizia.
  "Sui problemi della giustizia italiana grava un macigno pesantissimo, un arretrato di dimensioni colossali: oltre nove milioni di cause fra civile e penale. Se non ci si libera da questo peso insostenibile, qualunque riforma rischia di rimanere schiacciata.
  "Il problema va affrontato con decisione e con scelte radicali. La mia idea è di abolire il grado di appello.
  "Innanzitutto perché fra tutti i paesi di democrazia occidentale che hanno un sistema processual-penale di tipo accusatorio (com'è diventato anche il nostro a partire dal 1989) siamo l'unico che ha più gradi di giudizio, invece dell'unico grado con eventuale possibilità di ricorrere a una Corte suprema, che altrove è praticamente la regola. È una questione di sistema, che non si risolve tenendo i piedi in due staffe.
  "Poi perché con l'abolizione dell'appello si potrebbe appunto cancellare l'arretrato. Se i magistrati e il personale amministrativo oggi impiegati in appello fossero destinati a lavorare soltanto sull'arretrato, questo sparirebbe in due o tre anni."

  GLI AUTORI – Gian Carlo Caselli è nato ad Alessandria il 9 maggio 1939. Ha cominciato la sua carriera in magistratura a Torino, come giudice istruttore impegnato in indagini sul terrorismo, in particolare sulle Brigate rosse. Dal 1986 al 1990 è stato membro del Consiglio superiore della magistratura. Ha diretto la procura di Palermo dal 1993 al 1999, dalla cattura di Totò Riina ai grandi processi su mafia e politica. Dal 1999 al 2001 ha diretto il Dap (Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria) e in seguito è stato il rappresentante italiano presso Eurojust. Dopo aver ricoperto il ruolo di procuratore generale presso la Corte d'appello di Torino, il 30 aprile 2008 viene nominato procuratore capo. Ha lasciato la magistratura nel dicembre 2013. Ha pubblicato vari saggi. I più recenti sono stati bestseller in libreria: "Le due guerre. Perché l'Italia ha sconfitto il terrorismo e non la mafia" e "Assalto alla giustizia" (entrambi con la collaborazione di Stefano Caselli, Melampo, 2009 e 2011); "Di sana e robusta Costituzione. Intervista di Carlo Alberto Dalla Chiesa", con Oscar Luigi Scalfaro (Add editore, 2010); "Vent'anni contro. Dall'eredità di Falcone e Borsellino alla "trattativa"", con Antonio Ingroia e Maurizio De Luca (Laterza, 2013).
  Mario Lancisi, giornalista, inviato del «Tirreno», è autore di saggi e libri sulla figura di don Lorenzo Milani. Per Piemme ha pubblicato "Il segreto di don Milani" (2002), "Alex Zanotelli. Sfida alla globalizzazione" (2003), "No alla guerra! «L'obbedienza non è più una virtù» di don Lorenzo Milani e il movimento per la pace e la non violenza" (2005), "Il miscredente. Adriano Sofri e la fede di un ateo (2006) e Don Milani. La vita" (2007).

  INDICE DELL'OPERA – Parte Prima. Le radici - 1. Il cerchio si chiude - 2. Quel comunista di De Carolis - 3. Mi piaceva dire messa - 4. Quei formidabili anni Sessanta - 5. Un prete per amico - Parte Seconda. Gli anni di piombo (1974-1986) - 1. Quel dolcevita rosso fiammeggiante - 2. Il processo - 3. Il dopo Moro - Parte Terza. A un passo dalla vittoria contro la mafia (1986-1999) - 1. Gli anni del CSM - 2. La scelta di Palermo - 3. Cosa nostra alla sbarra - 4. L'atea sacralità della mafia - 5. La mia vita blindata - Parte Quarta. Torino chiama Palermo - 1. Quei fili che legano terrorismo e mafia - 2. Il ruolo della società civile - 3. Noi e gli altri - 4. Ritratti - Parte Quinta. Misteri e calunnie - 1. Il piatto sporco - 2. L'isola dei contrasti - Parte Sesta. Finale di partita - 1. Superare il carcere - 2. Eurojust - 3. La vendetta - 4. Gli anni torinesi (2002-2013) - 5. No Tav - 6. Minotauro - 7. Le mafie sul piatto - Parte Settima. Riflessioni sulla giustizia - 1. La giustizia tradita - 2. La giustizia che vorrei - 3. Epilogo. Lettera ai giudici - Indice dei nomi