Stalin e l'Italia (1943-45) Stampa E-mail

Roberta Alonzi

Stalin e l'Italia (1943-45)
Diplomazia, sfere di influenza, comunismi

Rubbettino, pagg.299, € 18,00

 

alonzi_stalin  IL LIBRO – Stalin non aveva mire sull'Italia ma mirava ad un'Italia politicamente stabile, non semplicemente neutrale, ma indipendente. La realtà del controllo militare alleato sulla penisola contraddiceva tale visione. La condotta anglo-americana rallentava la guerra contro la Germania e metteva in pericolo l'instaurazione della democrazia in Italia, concepita in termini di antifascismo ma non di sovietismo. Con la ripresa delle relazioni dirette, Mosca indicava al governo italiano un preciso percorso per il dialogo bilaterale, invitando gli italiani a non identificare la politica sovietica con la diffusione del comunismo. I sovietici gettavano le basi per una futura politica e non per un accordo transitorio; stava alla nostra diplomazia valutare l'utilità di intraprendere o meno tale percorso.

  DAL TESTO – “L’elaborazione della strategia sovietica per il dopoguerra ebbe inizio a partire dal 1943 e fu collegata a una più attenta analisi sia del problema italiano, sia degli esiti della conferenza di Teheran. Tuttavia, ciò non significa che la politica per l'Italia fosse dettata dalle pianificazioni post-belliche, né che l'Italia rappresentasse il primo campo di sperimentazione pratica di quelli che, nell'immaginario staliniano, sarebbero stati i risvolti futuri dell'alleanza con gli alleati occidentali. In Italia, veniva sicuramente verificato un modello di collaborazione contingente alla sconfitta della Germania e del fascismo, non per questo poco rappresentativo del punto di vista sovietico più generale. La compatibilità di questo modello con i principi che avrebbero dovuto tecnicamente definire la collaborazione anglo-russo-americana su scala mondiale, e anglo-sovietica in ambito europeo, è piuttosto argomentabile aposteriormente.
  “Nell'ottica della diplomazia italiana, il metodo della cooperazione interalleata, basato sulla divisione territoriale dei compiti, definiva di per sé una suddivisione in blocchi di natura ampiamente politica. Quaroni arrivava ad affermare che, neppure nel caso in cui gli italiani si fossero gettati completamente nella sua orbita, l'Urss avrebbe mostrato maggiore «attenzione» nei confronti delle loro richieste.
  “Il lavorio della nostra diplomazia si risolveva, da un lato, nel tentare di convincere il Cremlino delle possibilità che l'Italia assumesse una posizione non ostile, dall'altro, nel cercare di ricavare qualche vantaggio pratico dal proverbiale senso di insicurezza sovietico. Nel colloquio parigino del 20 settembre '45, l'ambasciatore Saragat tentava di persuadere il suo collega Bogomolov che la forza di attrazione verso un ipotetico raggruppamento occidentale fosse, per l'Italia, una variabile dipendente da molti fattori, tra i quali spiccava la politica che la Russia avrebbe praticato al tavolo della pace.”

  L’AUTRICE – Roberta Alonzi è Dottore di Ricerca in Storia, Istituzioni e Relazioni Internazionali dei Paesi Extra-europei. Laureata in Scienze Politiche, ha iniziato il suo percorso scientifico come cultore della materia presso la cattedra di Storia dei Trattati e Politica Internazionale dell'Università di Siena ed ha proseguito come assegnista di ricerca in Storia delle Relazioni Internazionali. Ha pubblicato Fascioda e il rovesciamento delle alleanze, Milano, Giuffrè, 2008.

  INDICE DELL’OPERA – Introduzione – Ringraziamenti - I. Alle origini del riavvicinamento (1. L'Italia e la liquidazione del capitolo Russia - 2. L’Urss e le sfere di influenza - 3. La percezione sovietica dell'armistizio italiano) - II. La ripresa delle relazioni dirette (1. La diplomazia italiana e i contatti con i sovietici - 2. La diplomazia di Stalin e il ristabilimento di rapporti diretti - 3. La «svolta» di Salerno e la valenza del riconoscimento - 4. Le dichiarazioni di Roosevelt sulla flotta italiana e il loro significato nel dialogo italo-sovietico: l'importanza dell'accordo con l'Unione Sovietica e la necessità italiana di inserirsi nelle file degli alleati) - III. Rapporti de facto (marzo-ottobre 1944) (1. I presupposti di una nuova stagione diplomatica - 2. La nomina di Quaroni - 3. La missione di Kostylev e gli obiettivi sovietici) - IV. Il riconoscimento de iure. Il difficile interludio: dall'incontro al Cremlino alla conferenza di San Francisco (1. La caduta di Badoglio e la ripresa ufficiale delle relazioni con gli alleati: l'incontro al Cremlino e l'insuccesso della strategia britannica - 2. L'evoluzione del dialogo con i sovietici – 3. Il carattere fallimentare della diplomazia italiana e lo smacco di San Francisco – 4. Il nesso mancato tra politica internazionale sovietica e politica interna italiana) - V. Potsdam e l'Italia (1. La percezione italiana dell'atteggiamento sovietico a Potsdam e le incognite di un accordo diretto con Mosca - 2. La realtà dei colloqui di Berlino: la codificazione sovietica della questione italiana e la presunta omologazione dell'Italia ai satelliti orientali – 3. Il «precedente» italiano) - VI. Realismo e realtà nei rapporti tra l'Italia e il Cremlino (1. La nota verbale italiana del 21 aprile - 2. Le trattative commerciali: finzione o verità? – 3. La crisi di maggio: «non politica» dell'Urss? – 4. Le colonie: politica punitiva o ricerca della sicurezza mediterranea?) - VII. La scelta sovietica per l'Italia (1. L'Urss e la politica interna italiana - 2. La sostanza al di là delle forme – 3. La soluzione sovietica per l'Italia) – Conclusioni (1. La diplomazia italiana e l'Urss - 2. La diplomazia sovietica e l'Italia - 3. I rapporti italo-sovietici tra sfere di influenza e Guerra fredda - Riferimenti bibliografici) - Indice dei nomi