Paolo Borsellino |
Umberto Lucentini Paolo Borsellino Edizioni San Paolo, pagg.344, € 18,00
IL LIBRO – Sono trascorsi più di vent’anni dalla morte di Paolo Borsellino, il giudice nemico di Cosa nostra, l'amico di Giovanni Falcone, il servitore dello Stato che morì insieme agli uomini della sua scorta da martire cristiano della giustizia. L'attentato di Borsellino, avvenuto appena 57 giorni dopo la strage di Falcone, ha segnato uno dei momenti più terribili per l'Italia intera. Ma perché la mafia decise di uccidere dopo Falcone pure Borsellino? Come mai i boss alzarono a un livello così alto la sfida allo Stato? Forse la risposta sta nelle scelte di vita di Borsellino, nel suo modo di onorare ogni giorno il mestiere di magistrato, nelle sue coraggiose denunce e nelle sue ultime inchieste. DAL TESTO – “Che Borsellino dopo la strage di Capaci sia più in pericolo di prima, non è un mistero per nessuno. Sotto la casa di via Cilea, come ai tempi del maxiprocesso, torna la ronda dei carabinieri, la zona rimozione. Ha sempre dimostrato di percorrere la sua strada professionale in piena autonomia, Borsellino, ma il suo nome finisce in quei giorni per essere sempre più spesso accostato a quello di Falcone. D'altra parte, non fa mistero di essere al corrente di tanti segreti rivelatigli dall’amico. Segreti che fanno tremare Cosa nostra e i complici che si annidano nel «palazzo». Nelle interviste di quei giorni, rilasciate nel suo ufficio di procuratore aggiunto assediato dai giornalisti, nei colloqui privati racconta: «Confesso che non ho avuto molto tempo per riflettere come avrei voluto su Capaci. Ciò che è accaduto mi ha toccato personalmente - spiega -. Ho conosciuto Giovanni che avevamo i pantaloni corti. Siamo entrati insieme in magistatura. Per tutta la vita, o quasi, abbiamo lavorato gomito a gomito. Conoscevo sua moglie, Francesca, che era ancora una ragazzina. Ho imparato a fare il magistrato nell'ufficio del padre e ricordo che insieme, dopo il lavoro, l'andavamo a prendere a scuola. È comprensibile quindi che io mi limiti, dopo due soli giorni, a fare un ragionamento elementare basato sulle poche cose che so. Purtroppo la procura di Palermo non è titolare delle indagini. Dico "purtroppo" perché se avessi avuto la possibilità di seguire questa indagine avrei trovato un sollievo al mio dolore. Quando si è verificato il primo omicidio che mi ha coinvolto emotivamente, l'omicidio del capitano dei carabinieri Emanuele Basile, sono riuscito, facendo il mio dovere di magistrato, a superare la paura enorme e a spezzare il blocco emotivo. Per indagare sulla morte di Giovanni ho sollecitato la mia applicazione a Caltanissetta ma mi hanno ricordato che in quella città non c'è la funzione di procuratore aggiunto. In ogni caso, andrò a Caltanissetta come testimone. Per raccontare piccole cose che possono aiutare l'inchiesta. […]»” L’AUTORE – Umberto Lucentini è nato a Palermo nel 1962. Lavora al Giornale di Sicilia; ha collaborato a L'Espresso e a L'Europeo. La sua frequentazione con Paolo Borsellino risale ai tempi in cui il giudice era procuratore della Repubblica a Marsala e avevano progettato di scrivere un libro a quattro mani. INDICE DELL’OPERA – Prefazione - «Io, nato alla Magione» - «Il mio mal d'Africa» - «Hanno ucciso il capitano» - Nasce il pool antimafia - Al «confino» all'Asinara - L'ora del maxiprocesso - Professionista dell'antimafia - «Le mie letture su Cristo» - «A 15 anni ammiravo il boss» - Il coraggio vince la paura - «I miei pentiti» - Le donne della mafia - Falcone va a Roma - No alla superprocura - «Giudice, dovevo ucciderla» - «Addio, amico Giovanni» - Caponnetto aveva ragione - «Paolo, sei il nostro Stato» - Lo scontro con Giammanco - «Il silenzio di Paolo» - L'ultima sigaretta - Cercando Borsellino - «Santità, benvenuto in Sicilia» - L'eredità
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