Lui è tornato Stampa E-mail

Timur Vermes

Lui è tornato

Bompiani, pagg.448, € 18,50

 

vermes_lui  IL LIBRO – Ricordate Le memorie di Schmeed di Woody Allen?: “Nella primavera del 1940, una grossa Mercedes venne a fermarsi davanti al mio negozio di barbiere al 127 di Königsstrasse ed entrò Hitler. ‘Voglio una spuntatina leggera’ disse ‘e non tagliatemi molto sopra.’” Schmeed, il barbiere del Reich, depositario dei segreti del Führer. Ecco: il romanzo di Timur Vermes sembra rimandare alla comicità di Allen. È l’estate del 2011. Adolf Hitler si sveglia in uno di quei campi incolti e quasi abbandonati che ancora si possono incontrare nel centro di Berlino. Egli non può fare a meno di notare che la guerra sembra cessata; che intorno a lui non ci sono i suoi fedelissimi commilitoni; che non c’è traccia di Eva. Non può non sentire un forte odore di benzina esalare dalla sua divisa sudicia e logora; e non riesce a spiegarsi l’intorpidimento delle sue articolazioni e la difficoltà che prova nel muovere i primi passi in una città piuttosto diversa da come la ricordava. Regna infatti la pace; ci sono molti stranieri; e una donna (sì, proprio una donna, per giunta goffa), tale Angela Merkel, è alla guida del Reich. 66 anni dopo la sua fine nel Bunker, contro ogni previsione, Adolf inizia una nuova carriera, stavolta a partire dalla televisione. Questo nuovo Hitler non è, tuttavia, né un imitatore, né una controfigura. È proprio lui, e non fa né dice nulla per nasconderlo, anzi, è tremendamente reale. Eppure nessuno gli crede: tutti lo prendono per uno straordinario comico, tutti lo cercano, tutti lo vogliono, tutti lo imitano. Il mondo che Hitler incontra 66 anni dopo, infatti, è cinico, spudorato, bramoso di successo e incapace di opporre qualsiasi resistenza al “nuovo” demagogo. Al massimo riesce ad apporre il compulsivo “mi piace” “non mi piace” dei social network. Farsa, satira, pura comicità, analisi spietata e corrosiva del nostro tempo, il romanzo d’esordio di Timur Vermes è un gioiello di intelligente umorismo, ed è divenuto in breve tempo, grazie al passaparola, un fenomeno editoriale con pochi precedenti.

  DAL TESTO – “Lasciai vagare il mio sguardo nello studio. Tesi l’orecchio nel silenzio, ansioso di capire se – come supponevo – decenni di democrazia non avessero lasciato traccia in quelle giovani menti. Una risata si era levata tra il pubblico quando Gagmez aveva pronunciato il mio nome. A cospetto della mia persona, l’ilarità si esaurì rapidamente e calò il silenzio. Lessi sui loro volti lo sforzo di equiparare il mio volto con altri visi già noti, vidi la loro insicurezza che, nel silenzio più assoluto, riuscii a dileguare con un solo sguardo. Se mi ero aspettato che qualcuno mi interrompesse, la mia preoccupazione era stata del tutto immotivata - persino alle assemblee dell’Hofbräukeller le interruzioni erano state più frequenti.
  “Avanzai un poco, feci per cominciare a parlare, ma poi mi limitai a incrociare le braccia – e subito il rumore calò ancora un po’ e si ridusse a un centesimo, un millesimo del precedente. Con la coda dell’occhio mi accorsi che, di fronte all’apparente mancanza di eventi, quel dilettante di Gagmez aveva cominciato a sudare. Era evidente che non conosceva il potere del silenzio, anzi lo temeva. Cominciò ad arcuare stranamente le sopracciglia, come se si stesse chiedendo se avevo dimenticato il mio testo. Un’assistente, picchiettando nervosamente sul quadrante del suo orologio da polso, mi fece segno di cominciare. Prolungai ancora un poco il silenzio, alzando lentamente la testa. Sentivo la tensione in sala, l’insicurezza di Gagmez. Le assaporai. Lasciai che l’aria affluisse nei miei polmoni, assunsi una postura ben eretta e riempii quel silenzio con un suono. Qualche volta basta uno spillo che cade, là dove tutti si aspettano di sentire il rimbombo di un cannone.”

  L’AUTORE – Timur Vermes, nato nel 1967 da madre tedesca e padre di origini ungheresi, ha studiato Storia e Scienze politiche a Erlangen. Ha scritto per l’“Abendzeitung” e l’“Express” di Colonia e ha collaborato con diversi periodici. Dal 2007 ha pubblicato quattro libri come ghost writer, altri due sono in preparazione.

  LA CRITICA – “Questo Hitler di Vermes non assomiglia affatto al “Grande Dittatore” di Chaplin perché rispetto a quella caricatura è l’originale, un Hitler di YouTube sconvolto nel sapere che al vertice della nazione ci sia una “donna tozza”. E’ Angela Merkel. Lui, tornando, non l’ha vista nella foto che tutti noi abbiamo visto ieri, nell’uniforme della Ddr [...]. E’ oggi il Cancelliere. E “infonde l’ottimismo di un salice piangente”.
  “E’ tornato, dunque. Hitler conquista il pubblico con la propria divisa e con le parole che aveva già parlato. I suoi monologhi, infatti, sono i “Monologe im Führerhauptquartier” e la gente lo applaude rapita al punto che la società di produzione vince il più importante premio e la ragazza al ricevimento, nell’hotel dove alloggia, presa dal suo carisma, gli rivolge il regolamentare saluto: Heil Hitler.” (Pietrangelo Buttafuoco, “Il Foglio quotidiano”, 23 maggio 2013, pag.3)