Renato Vallanzasca. L’ultima fuga |
Leonardo Coen Renato Vallanzasca Dalai Editore, pagg.357, € 18,00
IL LIBRO – Renato Vallanzasca, l'irriverente, il guascone, il tombeur de femmes, il re delle fughe è stato il protagonista indiscusso di quella "esplosione" di bande criminali che negli anni Settanta sconvolse una Milano già martoriata dal terrorismo. Oggi gli attori di quella stagione feroce sono morti, pentiti, o hanno scontato la loro pena. Tutti tranne l'ex boss della Comasina, che solo nel marzo del 2010 ha ottenuto di poter lavorare fuori dal carcere in un laboratorio di pelletteria. A sessant'anni, di cui trentanove trascorsi dietro le sbarre, il bel René appare ormai lontano dal personaggio spavaldo e sanguinario diventato una leggenda, eppure continua a far parlare di sé come se il tempo non fosse mai passato. La letteratura su di lui non accenna a esaurirsi, e dopo i libri è arrivato il cinema. Perché la sua fama è tanto tenace? Forse perché Vallanzasca, pur avendo riconosciuto pubblicamente le proprie colpe e il male fatto, pur dedicandosi da tempo a persuadere i giovani "a rischio" a non inseguire modelli distruttivi, non ha mai usato la parola pentimento. Lui, che ha sempre scelto l'esibizionismo, in proposito confessa: "Anche se solo uno fra i tanti che mi ascolteranno dovesse avanzare il dubbio che il mio è opportunismo non lo sopporterei, il pentimento, e ancor più il perdono, hanno a che fare con la sfera intima". DAL TESTO – “Nei ricordi legati all’infanzia e all’adolescenza, […] Vallanzasca perpetua un’immagine di se stesso in perfetta coerenza con il suo personaggio: coraggio, autoaffermazione, orgoglio. Un’immagine che ha fatto breccia nell’opinione pubblica e, pure, in qualche opinionista controcorrente. Il giornalista Massimo Fini, per esempio, confessò di provar simpatia per il bel René «bandito d’altri tempi» dopo la rocambolesca fuga dalla nave del luglio 1987, scrisse che Vallanzasca «rispetto ai criminali d’oggi (per non parlar di certi “pentiti” che, avendo commesso delitti anche più odiosi dei suoi, sono beatamente a piede libero) ha questo di diverso: è un bandito leale». Un bandito che riflette una società d’altri tempi, aggiunse Fini, «un bandito liberale. Un bandito onesto in una società dove, troppe volte, gli onesti sono dei banditi». Qualcun altro, invece, ne dava un giudizio assai meno romantico, «il suo spessore criminale dipendeva più dagli articoli dei rotocalchi che dalle imprese compiute», stigmatizzò negli stessi giorni Paolo Longanesi, informatissimo cronista di nera del «Giornale» di Montanelli, «Vallanzasca come nemico pubblico numero uno nacque quando un quotidiano del pomeriggio gli dedicò un’intera pagina per montare una lettera che il bandito aveva mandato in redazione. La “banda della Comasina” a cominciare dal suo capo non fu nulla di più che un “gruppo selvaggio”».” L’AUTORE – Leonardo Coen, milanese e milanista, è tra i fondatori di «la Repubblica». Dalla fine del 1975 ha alternato l’attività di giornalista politico, cronista, inviato di guerra, giornalista sportivo (ha raccontato quindici Olimpiadi, fino all’ultima, quella di Pechino). La sua carriera lo ha inoltre portato a Mosca, come corrispondente. Ha pubblicato La morte del maestro: i misteri di casa Guttuso (1987) e Il caso Marcinkus (1991) scritti con Leo Sisti; Piedi puliti (1998) insieme a Peter Gomez e Leo Sisti; Rossoneri comunque (2003) e Putingrad (2008). INDICE DELL’OPERA – Prologo: incubi e rimorsi - Prefazione - 1. Di nuovo libero - 2. A gambe levate per tornare dentro - 3. Finzione e realtà - 4. Pena e pene - 5. Miti di carta, miti di carne - 6. Il Brighella del Giambelin - 7. Anni Cinquanta - 8. Musikka - 9. San Valentino - 10. La banda - 11. Blogvall - 12. Bella gnocca - 13. Ladri di biciclette - 14. La partita di pallone - 15. Kim - 16. Tirano - 17. Verso la fine - Postscriptum - Guida Michelin delle patrie galere
|