Critica marxista, 2-3 (marzo/giugno 2012) Stampa E-mail

Critica marxista nn.2-3 marzo/giugno 2012

Edizioni Dedalo, pagg.120, € 12,00

 

critica-marxista_2-3-2012  Nel fascicolo di marzo/giugno 2012 della rivista Critica marxista, Alberto Burgio (docente di Storia della filosofia contemporanea presso l'Università di Bologna) prende in esame il concetto gramsciano di “società civile”. Spiega l’Autore: “Nel discorso liberale, oggi dominante, ricorre ancora la contrapposizione tradizionale tra lo Stato e la società civile, dove il primo è sinonimo di potere (e di oppressione) e la seconda è concepita come l'ambito della libera (e non di rado oppressa) espressione delle individualità. Com'è noto, questo schema ideologico nasce tra Sei e Settecento nella battaglia borghese per l'emancipazione dall'autocrazia di antico regime, e sottende sia la teoria del contratto sociale (Locke), sia quella della nascente economia politica classica (Mandeville)”. Dai Quaderni del carcere emerge una nuova teoria dello Stato fondata su una ridefinizione del concetto di “società civile”. L’organicità del sistema di potere che Gramsci descrive è presente, oltre che in Marx, anche in Rousseau.
  Fabio Frosini
, ricercatore di Storia della Filosofia presso l'Università di Urbino, ricostruisce la presenza e il significato della nozione di “forma di vita” in Marx e nel marxismo. “La nozione di "forma di vita" – osserva Frosini - può essere un utile filo conduttore per ripensare il marxismo da questo punto di vista, una sorta di marcatore a segnalare la presenza di una riflessione irriducibile alla dicotomia di cui sopra. Ciò che segue intende essere un primo contributo in questa direzione, tenendo conto del fatto che davvero importante non è l'espressione, ma la problematica da essa designata.” L’articolo è anche l’occasione per fare luce sull’influenza esercitata dal pensiero di Sorel sul giovane Gramsci. Questi riprendeva dal pensatore francese l’aspetto dell’intreccio tra “distruzione e costruzione nella prassi organizzativa del movimento operaio”: “la civiltà proletaria è anzitutto una forma di vita espansiva, che trova concretamente nel movimento per la costituzione dei consigli di fabbrica le «proprie istituzioni». Sorel – afferma Gramsci - non si chiude in formule, ma conserva quanto di nuovo e vitale vi è nel marxismo, «cioè l'affermata esigenza che il moto proletario si esprima in forme proprie, dia vita a proprie istituzioni»”.
  Del rapporto tra la scienza politica di Pareto e il pensiero gramsciano si occupano Luciano Aliaga (docente dell'Università Federale di Tocantins (UFT), Brasile) e Alvaro Bianchi (professore del Dipartimento di Scienza Politica dell'Università Statale di Campinas (Unicamp), Brasile). “La relazione tra Pareto e Gramsci è caratterizzata da continuità e rotture all'interno di una tradizione realista machiavelliana. A dispetto delle continuità, il realismo machiavelliano nasconde profonde disuguaglianze: Pareto è un liberale conservatore, Gramsci un comunista rivoluzionario. Tuttavia, secondo Zarone, non è necessario essere reazionario per essere realista in politica, né è necessario essere conservatore per ammettere il problema storico dell'ordine. La necessità dell'ordine rappresenta sempre un limite alle conquiste politiche di libertà, uguaglianza ed emancipazione sociale […]. Per tale ragione, questo è il campo di confronto dove si trovano le diverse e opposte teorie. È in tal senso che affermiamo che Gramsci e Pareto, appoggiandosi entrambi al realismo di Machiavelli, erano impegnati nella (ri)formulazione di una scienza politica. La natura delle loro spiegazioni al problema storico dell'ordine, nucleo della teoria delle élites, era ciò che conferiva loro un carattere polemico”.
  La questione italiana negli scritti di Marx ed Engels
è il titolo dell’articolo di Alessio Olivieri (dottorando di ricerca in Pensiero politico e Comunicazione politica presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Genova). La peculiarità delle pagine che Marx ed Engels dedicarono alla “questione italiana” è rappresentata dal "valore di testimonianza di due "giornalisti" d'eccezione che tentarono di intrecciare il racconto degli avvenimenti con antefatti, retroscena, analisi. Naturalmente Marx ed Engels non erano equidistanti rispetto alle fazioni in lotta e sposarono alcune tesi in luogo di altre. Tuttavia il loro racconto è piuttosto accurato e puntuale, per cui da questa narrazione "in presa diretta" del Risorgimento possiamo oggi approfondire aspetti forse trascurati. Il primo è senz'altro quello di poter leggere nella II guerra d'indipendenza anche uno scontro tra potenze, l'austriaca e la francese, giocato sul territorio italiano: essa viene collocata, cioè, entro un orizzonte più largo e complesso ove le dinamiche interstatali nello scacchiere europeo giocano un peso considerevole e rispetto alle quali il fenomeno risorgimentale non è estrapolabile".