L’inganno di Tangentopoli Stampa E-mail

Renato Altissimo – Gaetano Pedullà

 

L’inganno di Tangentopoli
Dialogo sull'Italia a vent'anni da Mani Pulite

Marsilio Editori, pagg.176, € 15,00

 

altissimo_tangentopoli  IL LIBRO – Dopo aver messo «l'Italia in esilio» per un finanziamento al partito che gli è costato una condanna nell'inchiesta di Mani Pulite, da Nizza e da Londra, dove vive, Renato Altissimo non ha mai smesso di osservare con attenzione le vicende italiane. Mai prima d'ora, però, aveva sentito così vicino il clima cupo di quegli anni, tanto da voler rendere pubblica in questo libro-intervista con Gaetano Pedullà una dettagliata, quanto scomoda, testimonianza diretta, per capire fino in fondo quella stagione e non ricadere negli stessi errori. Se è vero che la storia è scritta dai vincitori, infatti, Tangentopoli rischia di restare una vicenda senza storia. Non solo perché a vent'anni di distanza i vizi dell'Italia sono sempre gli stessi, la corruzione è diffusa, il debito pubblico ha toccato vette inesplorate e il vento dell'antipolitica ha svuotato di potere istituzioni e democrazia. Se a questo si aggiungono l'indignazione ancora percepibile in gran parte del Paese e il camaleontismo di chi ha tratto grandissimi benefici da quella stagione, ecco che diventa difficile trasferire i fatti di allora dalle pagine della cronaca a quelle della storia. Un compito arduo quanto doveroso, perché senza determinarne gli anticorpi, presto o tardi potremmo trovarci a dover fare i conti con una nuova Tangentopoli, persino più dirompente di vent'anni fa.

  DAL TESTO – “Prodi mi invitò a colazione nella foresteria della sede dell'Iri a via Veneto; colazione alla quale parteciparono anche Natalino Irti, membro del Consiglio di presidenza dell'istituto, e Michele Tedeschi, direttore dell'Iri. La posta in ballo era alta e gli americani erano disponibili a pagare bene. Una grossa opportunità per le casse dello Stato. Prodi però si fece una grande risata e ci disse subito che non era possibile nemmeno minimamente pensare a una cessione. La Sme, ci rivelò, era zeppa di liquidità e l'Iri non avrebbe mai potuto venderla perché assolutamente indispensabile per far cassa e comunque essenziale per gli equilibri del gruppo. Il prezzo, inoltre, era molto elevato. La valutazione che ne fece fu di circa 3500 miliardi di lire. Concluso l'incontro, chiamai al telefono il mio amico Tettamanti e gli spiegai che l'Iri non intendeva vendere la Sme, ritenendola fortemente strategica in termini finanziari. Peccato, fu la risposta, perché gli americani avrebbero probabilmente potuto pagare la cifra ipotizzata dal professor Prodi. Dopo qualche mese ricevetti attraverso la batteria del Viminale una telefonata dell'ingegner De Benedetti. «Renato, volevo informarti che abbiamo concluso ieri l'accordo per acquisire la Sme», mi disse candidamente. Cercando di nascondere la sorpresa, risposi di essere compiaciuto in quanto da sempre favorevole alla privatizzazione dell'imponente apparato industriale dello Stato. Subito dopo però scoprii che la Sme era stata venduta non per i 3500 miliardi di lire ipotizzati da Prodi, ma per appena 497 miliardi, per di più pagabili in cinque anni.
  “Ne chiese conto al professor Prodi?
 
“Certo. Fu proprio lui a telefonarmi. «Renatino, volevo dirti che ho venduto la Sme. Sarai contento finalmente», mi disse con tono ironico. Io però gli chiesi subito come mai il gruppo era stato venduto a un acquirente che pagava sette volte meno il valore stimato dall'Iri, mentre c'erano altri soggetti interessati e pronti a offrire di più. «Perché De Benedetti ha un taglietto sul pisello che altri non hanno», fu la risposta di Prodi, alludendo, immagino ancora ironicamente, a presunte pressioni di consorterie ebraiche. Una versione che non stava in piedi. Come tutta quell'operazione che infatti crollò. Merito di Craxi, che chiamò molti, me compreso, per sollecitare Barilla a partecipare con Ferrero e Berlusconi a una cordata capace di avanzare una controproposta.”

  GLI AUTORI – Renato Altissimo (Portogruaro, 1940) è stato segretario nazionale del Partito liberale italiano e ministro tre volte della Sanità e una volta dell'Industria, dal 1979 al 1986. Coinvolto in Tangentopoli per un finanziamento diretto al partito, ha lasciato nel 1993 la politica attiva, restando però un punto di riferimento per il pensiero liberale.
  Gaetano Pedullà (Catania, 1967), giornalista, è stato direttore del «Tempo» e della Tv romana T9. Tra gli altri quotidiani, ha lavorato a «Italia Oggi» e all'«Unione Sarda», come caposervizio economia.

  INDICE DELL’OPERA – Prefazione, di Giuliano Ferrara – Introduzione, di Gaetano Pedullà - Premessa. Le radici di Tangentopoli - Breve storia di Mani Pulite - Cos'è stata davvero Tangentopoli - La questione morale e la nascita dell'antipolitica - Quanti affari all'ombra di Mani Pulite - L'oro di Mosca, le bombe di Palermo - Il futuro e l'avventura della libertà – Ringraziamenti - Indice dei nomi