Il barone sanguinario |
Vladimir Pozner Il barone sanguinario Adelphi, pagg.320, € 22,00
IL LIBRO – Quando accetta la proposta di Blaise Cendrars di scrivere un libro per la sua collana di biografie di avventurieri, e sceglie – in modo apparentemente incongruo per un comunista militante – di occuparsi del barone von Ungern-Sternberg, Vladimir Pozner non immagina certo che questa volta non gli basterà consultare (come aveva fatto per Tolstoj è morto) una mole immensa di documenti, ma che gli toccherà condurre un'ardua inchiesta, nel corso della quale imboccherà, per poi abbandonarle, una quantità di false piste e si imbatterà in testimoni più o meno inattendibili: dall’ex colonnello di Ungern ridotto a fare il tassista alla coppia di decrepiti aristocratici parigini che hanno conosciuto il barone in fasce (e che di quel paffuto bebè gli manderanno una foto), sino a «fratello Vahindra», il sedicente monaco buddhista che spaccia per il figlio segreto dello stesso Ungern il pallido adolescente dai tratti asiatici con il quale vive in una squallida mansarda... A poco a poco, però, il narratore riesce ad afferrare il suo eroe, e ce ne svela gli aspetti più inquietanti e contraddittori (nonché ambiguamente seducenti): solitario, taciturno, imprevedibile, irascibile, sadico, paranoide, ferocemente antisemita, superstizioso, misogino, frugale, idealista, marziale, il barone Ungern ha tendenze mistiche, si considera erede di Gengis Khan e si crede investito di una missione provvidenziale – quella di riconquistare l'Occidente partendo dal cuore della Mongolia. Solo uno scrittore fuori dal comune come Pozner poteva ricomporre il puzzle di una personalità tanto complessa, e seguire il barone sanguinario nella sua folle cavalcata dal Golfo di Finlandia al deserto del Gobi, fino al suo tragico epilogo, in una ricostruzione storica che è insieme un singolarissimo romanzo di avventure. DAL TESTO – “La Russia si è costituita gradualmente attraverso la fusione di pochi soggetti distinti, uniti dalla fede, dall'affinità etnica e, in seguito, dalla forma di governo adottata. Finché non è stata sfiorata dai principi della cultura rivoluzionaria, principi cui essa è del tutto refrattaria tanto per composizione quanto per carattere, la Russia è rimasta un impero potente e indissolubile. La tempesta rivoluzionaria giunta dall'Occidente ha minato in profondità il meccanismo dello Stato allontanando gli intellettuali dalla mentalità e dalle aspirazioni del popolo. Guidato dall'intelligencija, sia social politica che liberalburocratica, il popolo - pur restando nel suo intimo fedele alla Chiesa, allo Zar e alla Patria - ha cominciato a discostarsi dalla retta via dello sviluppo armonico dell'anima e della vita popolari. Smarrendo l'antica grandezza del paese, nonché la propria potenza e i propri valori fondanti, il popolo è passato dalla rivolta guidata da un manipolo di falsi zar alla rivoluzione anarchica, e ha finito con lo smarrirsi a sua volta. La dottrina rivoluzionaria, che lusingava l'amor proprio delle masse anziché trasmettere al popolo principi costruttivi e utili ai fini della sua emancipazione, gli ha insegnato il ricatto, il lassismo e il latrocinio. Nell'anno 1905 e poi nel biennio 1916-1917 è maturata ovunque l'immonda, nefasta messe generata dai semi rivoluzionari: la Russia si è disgregata in men che non si dica. Sono bastati tre mesi di libertà rivoluzionaria per distruggere l'opera di molti secoli. Qualsiasi tentativo di mettere un freno agli istinti distruttivi della feccia del popolo si è dimostrato tardivo. I bolscevichi, con il loro progetto di annientamento delle culture popolari autoctone, hanno portato a compimento l'opera di distruzione. La Russia deve essere riedificata pietra su pietra. Nel popolo, tuttavia, si notano segni di diffidenza e di malcontento. Il popolo ha bisogno di nomi, nomi familiari, amati e venerati. Di nomi simili ne esiste soltanto uno: quello dell'uomo che è di diritto il signore della terra russa, l'Imperatore di tutte le Russie Michail Aleksandrovič, il quale, testimone degli errori del popolo, ha saggiamente rinunciato, nel suo Manifesto imperiale, ai propri diritti sovrani fino alla guarigione del popolo russo.” L’AUTORE – Di Vladimir Pozner (Parigi, 1905-1992), che fu scrittore, traduttore, giornalista e sceneggiatore, Adelphi ha pubblicato nel 2010 Tolstoj è morto. Il barone sanguinario apparve nel 1937. INDICE DELL’OPERA – Parte prima. Alla ricerca dell’eroe – Tre pagine di storia – Parte seconda. L’eroe trovato e perduto – Regesto dei nomi, di Valentina Parisi
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