Duce truce |
Alberto Vacca Duce truce Castelvecchi Editore, pagg.315, Euro 18,00
IL LIBRO – Nell’ansia di reprimere qualunque voce di dissenso, il regime fascista mise a punto un sistema di spionaggio di rara efficacia: una ragnatela composta, oltre che da informatori di professione, anche da comuni e pavidi cittadini, sempre pronti a denunciare ai Carabinieri qualunque manifestazione di dissenso, anche la più innocua. Il risultato fu un numero incredibile di indagini “celerissime”, con tanto di interrogatori, perquisizioni, confronti tra testimoni e perizie calligrafiche, con l’inevitabile corollario di condanne pronunciate nei confronti dei “sovversivi”, bambini e anziani compresi. Duce truce, per la prima volta, pubblica le denunce segrete dei prefetti contro i responsabili delle “offese al Duce”: circa cinquecento storie che raccontano, spesso con involontaria comicità, l’implacabile furia del fascismo contro i suoi critici. Una vera e propria guerra civile combattuta dagli organi di Polizia contro comuni cittadini, “colpevoli” di usare l’arma della satira e dell’ironia contro la poderosa macchina della disciplina fascista e il suo rovinoso corollario di guerre, ingiustizie e povertà. DAL TESTO – “La dissacrazione verbale e gestuale della persona di Mussolini era scatenata, nella maggior parte dei casi, dalla presenza della sua immagine nei luoghi in cui essa si verificava. Il più alto numero di offese al Duce fu registrato nelle osterie e nelle trattorie, dove erano esposti i quadri del Re e del Duce. Solo raramente l'occhio dell'avventore si soffermava sul primo, mentre non gli sfuggiva mai il secondo, col quale avviava spesso un dialogo immaginario che sfociava nell'invettiva volgare e scurrile. Nelle osterie si mangiava e si beveva vino; talora se ne beveva troppo e ci si ubriacava; i freni inibitori venivano meno e i sentimenti e le opinioni di avversione al Regime - dissimulati in condizioni normali - venivano perciò a galla. Se gli avventori si esprimevano in termini contrari al Regime, i gestori avevano l'obbligo di denunciarli alle pubbliche autorità. In molti casi, però, essi erano preceduti, nella presentazione della denuncia, da ferventi fascisti presenti occasionalmente nel loro esercizio. Assai numerosi furono anche i casi di offesa al Duce registrati nelle sedi del Dopolavoro, dove ci si riuniva per finalità ricreative. Si giocava a carte o a bocce; si beveva, si conversava e si scivolava spesso in discussioni di carattere politico, che sfociavano talvolta in critiche al Regime e al suo capo. Nelle edicole le fotografie del Duce, pubblicate sui giornali e sulle riviste, suscitavano spesso commenti e battute che venivano riferite alle autorità, che mettevano subito in moto il meccanismo repressivo. Il reato veniva commesso in tutti quei luoghi in cui ci si incontrava con altre persone e si avviava con esse una conversazione: uffici pubblici e privati, scuole, alberghi, ospedali, farmacie, sedi di cooperative di consumo, rivendite di generi alimentari, ambienti di lavoro, conventi, case di tolleranza, stazioni ferroviarie, cinematografi, treni, tram e autobus.” L’AUTORE – Professore di storia, Alberto Vacca concentra i suoi studi sul periodo fascista, al quale ha già dedicato i volumi L’eccidio dei fratelli Fois e Don Vito Sguotti: al servizio dell’OVRA o degli operai?. Vive a lavora a Roma. INDICE DELL’OPERA - Prefazione, di Vito Tartamella - Offese al Duce, la dissacrazione di un mito – Note – Avvertenza - Abbreviazioni presenti nei rapporti prefettizi - Frasi offensive contro il duce - Fantasie omicide e aggressive - Maledizioni e imprecazioni - Insulti all'immagine - Barzellette, battute spiritose, parodie - Sfregi all'effigie del Duce - Bibliografia e fonti archivistiche
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