La politica monetaria italiana fra le due guerre Stampa E-mail

Maria Luisa Cavalcanti

La politica monetaria italiana fra le due guerre (1918-1943)

Franco Angeli Edizioni, pagg.240, Euro 28,00

 

cavalcanti_politica-monetaria  IL LIBRO – Questo studio sulla politica monetaria italiana fra le due guerre mondiali si è posto più obiettivi: leggere la politica monetaria sia alla luce della politica fiscale che la egemonizzò a lungo, sia in dipendenza delle scelte politiche che la utilizzarono come strumento; contribuire alla conoscenza della cultura economica delle élite politiche e indagare la contrapposizione degli interessi rappresentati attraverso l'analisi del dibattito parlamentare.
  Le tensioni sociali prodotte dal finanziamento della guerra tramite l'inflazione e il debito pubblico impressero alla cosiddetta "rivoluzione fascista" anche l'aspetto della rivolta fiscale di una borghesia che si sentiva, a torto, tartassata e impoverita. In effetti, all'avvento del fascismo, il risanamento finanziario del paese e l'uscita dalla crisi di riconversione erano già un fatto compiuto. Invece le scelte di politica monetaria del regime furono poco oculate per malintese questioni di prestigio.
  Però la scarsità di riserve valutarie che negli anni Trenta rappresentò un grave fattore di debolezza non derivò tanto dai deficit delle partite correnti ma dalle uscite di capitali, sia per prestiti di prestigio ai paesi dell'Europa orientale sia per motivi precauzionali o speculativi. Emerge così un peso insospettato delle componenti speculative del capitalismo italiano, da cui discende che il ruolo del sistema bancario fu ben più determinante di quanto si sia creduto.

  DAL TESTO – “La storiografia contemporanea ha criticato la scelta deflazionistica connessa alla quota novanta per gli effetti depressivi sul tessuto economico. Oggi però si riconosce che gli effetti recessivi non furono così imponenti come si è a lungo ritenuto sia perché il livello di cambio del 1922 aveva già assorbito la svalutazione postbellica sia perché la riduzione dei prezzi avrebbe prodotto il miglioramento di competitività del 1929. In effetti la contrazione del reddito reale fu limitata all'1% e la crisi fu piuttosto breve: agli inizi del 1928, come notarono osservatori qualificati, si era già in fase di ripresa. In realtà la deflazione fu in parte neutralizzata dall'importazione di capitali e le grandi banche miste riuscirono a ridurre le loro immobilizzazioni collocando sui mercati esteri una quota di azioni in loro possesso.
  “Ma innanzitutto, come dimostra il confronto con la coeva esperienza francese, un regime dittatoriale, diversamente da un governo democratico, può ottenere una flessibilità verso il basso dei prezzi e dei salari, facendo ridurre i costi in proporzione alla rivalutazione. In Italia, infatti i prezzi all'ingrosso scesero rapidamente, mentre quelli al minuto, per la difficoltà di controllare le fasi d'intermediazione, continuarono a essere assai più vischiosi. Nel 1927, infatti, venendo incontro alle richieste degli industriali, anche su pressione di Volpi, vi furono due riduzioni dei salari del 10% ciascuna, fu ridotta l'indennità di caro-viveri, e si bloccarono i fitti delle case costruite prima del 1920. Contemporaneamente il regime intervenne con sgravi fiscali (ben l.200 milioni nel solo 1927) con la protezione doganale, con lo stimolo alle intese e alle concentrazioni, con una politica di opere pubbliche a vantaggio delle imprese. In altre parole la soluzione ai problemi monetari fu, come affermò De' Stefani, di tipo "nazionale". Nota giustamente Rey che la politica monetaria va valutata per quello che effettivamente fu: "una scelta di strumenti che potevano essere adottati solo da un regime dittatoriale”.”

  L’AUTRICE – Maria Luisa Cavalcanti è professore ordinario di Storia economica presso la facoltà di Economia dell'Università di Napoli "Federico II". Ha pubblicato volumi e saggi sulla storia del commercio estero del Regno di Napoli nel secolo XVIII, della politica commerciale e monetaria italiana nel secondo dopoguerra, dell'economia italiana, del turismo e del pensiero economico. Vanno ricordati: Alle origini del Risorgimento. Le relazioni commerciali fra il regno di Napoli e la Russia, 1777-1815 , Genève, Librairie Droz, 1979; La politica commerciale italiana 1945-1952. Uomini e fatti , Napoli, ESI, 1984; Moneta e fisco in Italia dal 1970 al 1975. La ragione dei fatti , Napoli, ESI, 1992.

  INDICE DELL’OPERA – Introduzione - Politica ed economia fra guerra e dopoguerra (Il finanziamento della guerra: problemi e dibattiti; Il ritorno alla pace) - Il governo Nitti (Il programma; La prima fase: inflazione e svalutazione; La patrimoniale; Il VI prestito nazionale; La seconda fase) - L'epilogo dello Stato liberale (L'ultimo Giolitti; I governi Bonomi e Facta) - La politica di De' Stefani fra inflazione e svalutazione (La deflazione fiscale; Il fallimento della politica monetaria; La caduta di De' Stefani) - Il patto col capitale: la gestione finanziaria di Volpi di Misurata (Gli accordi sui debiti di guerra; La crisi del cambio; La rivalutazione de facto; Il dibattito politico) - La lira nel gold axchange standard (Quota novanta; Gli effetti finanziari della rivalutazione; Un bilancio della rivalutazione) - Crisi e deflazione (La crisi; La politica monetaria e l'organizzazione dell'intervento) - L'Italia nel "blocco dell'oro" (Gli errori dell'ortodossia; I rimedi eroici: monopolio dei cambi e controllo degli scambi) - Verso la guerra (L'allineamento del 1936; Il circuito dei capitali) – Conclusioni - Appendice statistica - Indice delle abbreviazioni - Indice dei nomi