Ricatto allo Stato |
Sebastiano Ardita Ricatto allo Stato Sperling & Kupfer, pagg.182, Euro 18,00
IL LIBRO – Divieto di parlare con altri detenuti e di usare il telefono; divieto di ricevere dall'esterno pacchi e denaro; controllo della corrispondenza; esclusione da ogni attività comune. Le regole del regime speciale per i mafiosi in carcere vengono fissate la notte del 19 luglio 1992, poche ore dopo la strage di via D'Amelio. Sono racchiuse in un solo articolo dell'ordinamento penitenziario, il 41 bis, concepito da Giovanni Falcone per isolare i boss che dalle prigioni continuano a esercitare il loro potere criminale e a decretare sentenze di morte. DAL TESTO – “A Catania, nel carcere di piazza Lanza, uno dei luoghi simbolo di Cosa Nostra catanese, a partire dal 1992 erano stati assegnati i detenuti 41 bis che avevano processi in corso. Abbiamo già spiegato perché questa fosse una necessità e non una scelta. Al servizio nel reparto riservato ai boss vennero destinati gli agenti più capaci, e tra questi proprio Bodenza, che si dimostrò coraggioso e sereno nell'applicazione del regime speciale. A Catania, durante il processo «Orsa maggiore», erano presenti i capi e i killer più spietati della cosca Santapaola. La detenzione «in casa» consentiva loro di mantenere contatti costanti con i gruppi di fuoco ancora presenti in città. Durante un colloquio con i famigliari, Maurizio Avola – un killer con un curriculum di cinquanta omicidi alle spalle, poi divenuto collaboratore di giustizia - si lamentò dello zelo di quell'agente. In quel caos che erano i colloqui con i parenti nel carcere di piazza Lanza, Bodenza fece bloccare un colloquio di Avola, che a suo avviso non si stava svolgendo in modo regolare. Poi fece anche perquisire la moglie. Avola se ne risentì e decise di vendicarsi. Ne ordinò l'eliminazione, riuscendo a veicolare il suo ordine di morte sempre attraverso i colloqui. Quando mandò all'esterno quell'ordine maledetto, Avola era già divenuto un collaboratore di giustizia, e parlava riservatamente con i magistrati. Ma i mafiosi non lo sapevano ancora, e per questo vi diedero esecuzione.” L’AUTORE – Sebastiano Ardita è nato a Catania nel 1966. In magistratura dall’età di 25 anni, è stato sostituto procuratore della repubblica presso il Tribunale di Catania, e componente della Direzione Distrettuale Antimafia, ove si è occupato di criminalità organizzata di tipo mafioso, di inchieste per reati contro la pubblica amministrazione e di infiltrazioni mafiose nei pubblici appalti e forniture. È stato consulente a tempo pieno della Commissione parlamentare Antimafia e componente del Comitato Direttivo Centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati. Attualmente è direttore generale della direzione detenuti e trattamento nel Ministero della Giustizia. Ha realizzato circa trenta pubblicazioni, tra note, saggi e commenti in materia di diritto penale, procedura penale e diritto penitenziario. INDICE DELL’OPERA - Parte prima. Hanno arrestato Provenzano - Faccia a faccia con il boss - Una stagione di sospetti - Parte seconda. Il tragico 1992 e il carcere duro - Il giorno dopo la strage di via D'Amelio - I mafiosi trasferiti sulle isole - Il Parlamento approda a Pianosa e l'Asinara - I parenti, il magistrato di sorveglianza e il capo dello Stato - Mafiosi sulle isole: ma per quanto tempo? - Fra terrorismo, emergenza mafia e carcere della speranza - Le vittime del 41 bis - 334 mafiosi fuori dal 41 bis - Parte terza. La nuova sfida del 41 bis - 2002: il 41 bis è da riformare - La dissociazione - La riforma stabilizza il 41 bis - Giornate tutte uguali - Le insidie della riforma - L'intervento della Commissione antimafia - «Questi mi vogliono salvare la vita» - Arrivano i pacchi bomba - Tra l'incudine e il martello - Segnali dall'America - Il terremoto a L'Aquila - Stabilità e minacce - La mafia e il carcere oggi - La trattativa – Note - Indice dei nomi
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