Francesco Menghini
Mastarna. Il re etrusco di Roma Storia di una dinastia etrusca
Altromondo Editore, pagg.516, Euro 23,00
IL LIBRO – Questo nuovo libro di Francesco Menghini è un'opera molto curata, informata e colta dal punto di vista storico-documentario, ma nello stesso momento anche molto suggestiva. Grazie alla sua forma e al tono romanzesco e al suo linguaggio vivace ed immaginoso, contribuisce a una migliore facilità di lettura, anche per lettori non specialisti e non accademici. Inoltre questo tipo di storia fabulatrice rende possibile anche una maggiore libertà narrativa. Il romanzo di Menghini tratta un'epoca di grande importanza per la storia etrusca e romana, vale a dire i decenni centrali del VI secolo a. C. caratterizzati soprattutto dagli avvenimenti intorno al personaggio di Mastarna Servio Tullio. La storia è inquadrata prevalentemente nel territorio viterbese chiamato anche Tuscia, una zona ricca di storia e di arte, ma anche di grande fascino naturalistico ed ambientale. Questo cuore dell'Etruria meridionale o Etruria rupestre non è ancora molto conosciuto e sfruttato turisticamente, ma conserva molti dei suoi misteri e delle sue bellezze. Tra le ombre dei possenti palazzi della Roma Caput Mundi si insinuano le trame di una corsa al potere. La lotta è tra due fazioni di senatori: una dalla discendenza filoetrusca contro l'altra nazionalista latina. Fino all'epilogo finale, l'uccisione del re Mastarna e l'ascesa al trono di Tarquinio il superbo, l'ultimo re di Roma.
DAL TESTO – “Quando Lucio Tarquinio Prisco e Tànaquilla salirono al trono correva l'anno 137 di Roma, che i futuri avrebbero detto 616 a.C. “In quel tempo l'area urbana di Roma era circoscritta ai quattro colli: Palatino, Campidoglio, Esquilino, Quirinale; gli altri, pur confederati, non erano area urbana. Questa si estendeva per 1200 iugeri circa ed aveva una popolazione di 40.000 abitanti - uno più, uno meno - ed era malmessa. L'Urbe urgeva di una radicale trasformazione. “Re Tarquinio si prodigò subito affinché la sua città fosse più confortevole, sicura e bella. Per prima cosa realizzò ciò che Anco Marcio non aveva potuto: il prosciugamento della valle fra il Palatino e il Campidoglio, paludosa, dove scorreva anche un allegro fiumiciattolo, il Velabro. Tarquinio fece convogliare le acque di questo nella Cloaca Massima, che poco prima aveva fatto costruire da ingegneri idraulici fatti venire da Vulci (i quali erano reduci da un'altra grandiosa opera: la bonifica di terre paludose nel territorio della loro città) e così la valle del Tevere fu bonificata, come pure quelle laterali. “Egli fece altresì pavimentare, in terra battuta, il Foro, ormai divenuto il cuore di Roma, dato che aveva intorno gli edifici più importanti, fra cui il Comitium, adibito alle assemblee popolari, la Curia Hostilia, sede del Senato, la reggia, sede del Pontefice Massimo (nella sua funzione di sacrificulus rex) – la reggia residenza del re era sul Palatino - templi ed edifici vari. Inoltre ordinò di abbattere le casupole sulle cime dei colli, ormai decrepite, e al loro posto fece erigere altri templi ed edifici”.
L’AUTORE – Francesco Menghini è nato a Canino nel 1936. Laureato in Lettere Classiche e Archeologia presso l’università degli Studi di Roma ha insegnato queste materie in diversi Licei ed Istituti Superiori. Appassionato di Storia, soprattutto antica, ha vinto il Premio Cardarelli 2006 - La palma dell'eccellenza - sez. Etruscologia. Nel corso degli anni ha trovato un nuovo amore: la terra maremmana.
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