Discorsi di guerra |
Siriano Discorsi di guerra Edizioni Dedalo, pagg.256, Euro 22,00
IL LIBRO – Un impero millenario svela i segreti della sua sopravvivenza: non le armi, la forza o la superiorità numerica consacrano il successo in guerra, bensì le arti dell’ingegno, in tutte le sue manifestazioni, e le inesauribili risorse della parola. Interprete consapevole dello spirito dell’età bizantina, nella Rhetorica militaris Siriano recupera tutta una tradizione di pensiero, militare, retorica, storiografica e anche biblica per un’opera che vuole essere un vademecum di discorsi esortativi per i generali. In realtà lo scritto finisce per diventare espressione dell’aspetto più dimenticato della guerra, ma non il meno determinante, quello che investiga i meccanismi umani ed emozionali che spingono gli uomini alla battaglia, li sorreggono e li conducono alla vittoria, li rianimano dopo la disfatta. Nelle parole del generale che infiamma i soldati all’approssimarsi dello scontro ha vita il repertorio dei motivi consacrati da una durevole pratica di guerra. Ne scaturisce un opuscolo originale, di straordinaria modernità. Il testo è proposto in una nuova edizione critica, tradotto per la prima volta e corredato da un commento teso ad illustrarne i rapporti con la tradizione, alla luce del ruolo che l’opera di Siriano riveste nel panorama polemografico di età bizantina, e non solo. DAL TESTO – “È opportuno, dunque, comprendere quale preoccupazione attanagli i nostri, i quali non temono i nemici, ma la nostra riluttanza a combattere. 6.(5) Su, allora, per fugare quel tipo di timore, facciamo quanto è utile a noi tutti, leviamoci per la guerra imminente; perché è giusto per noi e motivo di salvezza per la nostra gente. 7.(6) Sappiarno, infatti, che anche ciascuno degli altri valori reca benefici alla vita, niente è tuttavia come la giustizia; è necessario che anche per questo tutti la onorino e respingano i nemici, in primo luogo perché atei e in quanto oltraggiano la nostra fede, poi perché spesso osarono avanzare contro la nostra patria e, se anche ora fuggiranno questa guerra, ancora di nuovo oseranno a bella posta attaccarci e avanzeranno contro la (nostra) patria, in terzo luogo per il nostro affetto reciproco - e infatti si sono scagliati contro di noi, che dobbiamo sconfiggerli, non perché ciascuno custodisce quello che lo riguarda, ma perché quanti hanno la stessa natura fanno le stesse cose -, in quarto luogo poiché anche molti mali subimmo da parte loro e a causa di questi è necessario punirli perché ci hanno arrecato offesa; ciò, infatti, fanno anche tutti. 8.(7) A noi si addice preservare la giustizia, noi che siamo Romani e imitiamo il valore dei padri; e infatti anche costoro spesso, quando i nemici si scagliavano contro la loro patria, non lasciavano trascorrere gli eventi né restavano inerti, ma con una campagna militare esigevano per i nemici punizioni più severe. 9.(8) Se dunque quelli, che chiedevano giustizia sui nemici, furono innalzati a grande onore, benché prima fossero definiti uomini dappoco, come a maggior ragione anche noi non esigeremo giustizia dai nemici per i motivi per i quali agirono contro di noi, una volta raggiunta una forza non dissimile da quella degli antenati?».” LA CURATRICE - Immacolata Eramo lavora presso il Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Bari, dove svolge ricerche di filologia classica. Si occupa di polemologia antica e storia degli studi militari. INDICE DELL’OPERA – Nota, di Luciano Canfora – Introduzione – Discorsi di guerra – Note – Bibliografia - Indici
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