Gianfranco Fini. Sfida a Berlusconi |
Enzo Palmesano Gianfranco Fini. Sfida a Berlusconi Aliberti Editore, pagg.240, Euro 18,00
IL LIBRO – «Questo libro nasce da una contraddizione. È la contraddizione dell’essere – come direbbe il mio amato Pier Paolo Pasolini – con Fini per le cose che ora dice e, allo stesso tempo, contro di lui. Fini è ancora un “fascista immaginario”, che vuole essere il leader di una “destra nuova”, una destra dei diritti che piace alla sinistra in difficoltà politica e in cerca d’autore e ai giornali antiberlusconiani. Spero di aver dato con questo libro un contributo di idee per capire dove andrà Fini. Se a sinistra, se a destra, se in pensione, dopo la clamorosa rottura in diretta tv con Berlusconi». La sfida di Gianfranco Fini a Silvio Berlusconi, lanciata clamorosamente in diretta tv durante la Direzione nazionale del Pdl del 22 aprile 2010, viene da lontano: l’antiberlusconismo di destra, infatti, nasce e si sviluppa parallelamente a quello di sinistra, e anch’esso non è esente da ambiguità e contraddizioni. È uno dei temi nodali di questo libro, in cui Enzo Palmesano ricostruisce in maniera non convenzionale, provocatoria e con voluti paradossi, la parabola politica di Gianfranco Fini, dall’almirantismo senza Almirante al recupero di parole d’ordine che un tempo appartenevano ai suoi avversari Pino Rauti e Beppe Niccolai. Nella battaglia in atto nel Pdl, non a caso gli ex almirantiani sono schierati contro l’ex leader di An, mentre gli ex rautiani si presentano come i più combattivi sostenitori del finismo. Il percorso di Gianfranco Fini, teso ad accreditare sullo scenario politico la sua idea di “destra dei diritti”, sensibile alle attese delle minoranze, ha offerto al presidente della Camera un nuovo terreno di dialogo anche a sinistra, con ambienti insospettabili e finora sospettosi nei suoi confronti. Resta da capire se il gioco del continuo “spariglio”, in costante polemica con il premier e la Lega nord (dal rifiuto della xenofobia fino all’inedito, laico e repubblicano patriottismo costituzionale), sia destinato a restare nell’alveo tattico del “fascismo immaginario” o se ci troviamo alla vigilia di qualcosa di strategicamente e completamente nuovo. Gianfranco Fini ha, rispetto a Berlusconi, uno svantaggio enorme, non solo in termini di potere economico, politico e mediatico. La destra italiana, in quanto erede del fascismo e della Repubblica di Salò, deve fare i conti con il fardello della storia: niente a che vedere con la Francia, dove la destra di Sarkozy deriva dal gollismo ed è quindi figlia dell’antifascismo e della Resistenza. Svantaggio aggravato da alcuni errori di strategia commessi da Fini, su tutti quello di non aver mai cancellato la nostalgica Fiamma fascista dal simbolo del partito di cui era leader. DAL TESTO – "Paradossalmente, il finismo comincia quando Fini esce dai binari dell'almirantismo e riprende il discorso interrotto da Pino Rauti, che aveva abbandonato il partito al congresso di Fiuggi. Il "fascismo immaginario" di Gianfranco Fini ha molti punti in comune con il "fascismo immaginario" di Pino Rauti. Fino a che è rimasto a capo di Alleanza nazionale, Gianfranco Fini non è andato oltre il "fascismo immaginario", non avendo mai voluto cancellare la Fiamma dal simbolo del partito, emblema del radicamento e del richiamo neofascista. Quando ho proposto di eliminare la Fiamma dal logo aennino, Gianfranco Fini (e con lui molti esponenti dell'attuale finismo) mi ha sempre risposto in maniera sprezzante. Del resto, Fini spesso è stato sprezzante nei miei confronti, come sulla questione dei diritti delle persone omosessuali, metafora allargata della difesa dei diritti civili. Nel partito girava una sua frase: «A Palmesano non gli bastava rompere con gli ebrei, adesso rompe pure con gli omosessuali». Non so se la frase citata sia veramente di Fini, probabilmente gli è stata solo attribuita. Ma sicuramente è ben congegnata, anche se nell'originale non era usato solo il verbo "rompere" e neppure la parola "omosessuali". Quando partecipai, da componente dell'Assemblea nazionale di An, al Gay Pride del Duemila si può intuire con quale termine fui definito. Inoltre, si disse, «Palmesano è incompatibile con la destra». La stessa cosa mi dicevano quando andavo a Castelvolturno a distribuire volantini a favore degli immigrati, con il titolo I rautiani contro il razzismo". L’AUTORE – Enzo Palmesano è nato nel 1958 a Pignataro Maggiore (Caserta). Giornalista professionista, è stato tra l’altro capo del servizio politico del «Secolo d’Italia». Ha fatto parte del Comitato centrale del Msi-Dn e dell’Assemblea nazionale di An, partiti nei quali ha militato per trent’anni, dal 1972 al 2002. INDICE DELL’OPERA - Introduzione - Dall'almirantismo senza Almirante al recupero di Beppe Niccolai e Pino Rauti - L'addio allo xenofobo. Le Pen e sul Sessantotto "rupture" con l'amico Sarkozy - Fini sulle orme di Pannella, radicali sulle orme di Fini - L'antiberlusconismo di destra gemello dell'antiberlusconismo di sinistra - Il "tullianismo" come precedente necessario e involontario del "finismo" - Un leader tra la "destra dei diritti civili" e le "leggi razziali" anti-immigrati - Conclusioni - Cinque libri e una rivista sul finismo e l'antifìnismo - Documenti
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