I diavoli di Zonderwater. 1941-1947 |
Carlo Annese I diavoli di Zonderwater. 1941-1947 Sperling & Kupfer, pagg.320, Euro 18,50
IL LIBRO - Lontani da casa, dagli affetti. Ma anche lontani dalla battaglia, dall'adrenalina del fronte. Erano soldati nel pieno della giovinezza, quelli che fra il 1941 e il 1947 si ritrovarono esiliati a Zonderwater, in Sudafrica. Un'intera generazione rinchiusa nel campo che ospitò il maggior numero di prigionieri di guerra italiani, quasi centomila. In un paesaggio lunare, arido e bersagliato dai fulmini, gli italiani dovettero inventarsi un modo per sopravvivere alla fame, alle malattie, alla noia, alla nostalgia del proprio Paese (e alla mancanza di donne). Li aveva accolti un altipiano brullo disseminato di tende: alla loro partenza, sei anni più tardi, lasciarono una vera città. Fu un capo illuminato, il colonnello Hendrik Fredrik Prinsloo, a capire che a quei giovani uomini doveva prima di tutto restituire una vita normale. Così scelse lo sport come alleato: promosse gare di scherma, atletica, ginnastica, oltre a un campionato di calcio vissuto con tale passione da trasformare in divi i più bravi fra i prigionieri. Come accadde a Giovanni Vaglietti, anima della squadra invincibile dei Diavoli Neri. Carlo Annese ha composto un libro corale, che racconta le storie umane di quei giovani italiani che arrivarono in Sudafrica dopo aver perso tutto, e lì, nel campo dimenticato di Zonderwater, ritrovarono la dignità. DAL TESTO - "Un'intera generazione di uomini tra i venti e i trent'anni, mai usciti prima dai confini nazionali e con un'istruzione ridotta, trascorse lì il periodo migliore della giovinezza. Eppure ancora oggi si conosce poco dell'esistenza di quel campo, che fu una vera e propria città dei prigionieri, con 39 chilometri di strade e 14 rioni, divisi da due file di reticolati alte 3 metri. E pochissimi sanno che Zonderwater era dotato di due ospedali con 3.000 posti letto, nei quali hanno operato alcuni dei medici più esperti presenti all'epoca sul suolo sudafricano, tutti ufficiali italiani. Non solo: disponeva di 15 scuole, 22 teatri, 16 campi di calcio, 6 campi da tennis, 7 sale di scherma, palestre e quadrati per la boxe, campi di pallavolo e pallacanestro, orti, laboratori artistici e artigianali, chiese, monumenti e ricchissime biblioteche. Istruiti dai compagni di prigionia, 9.000 analfabeti hanno imparato a leggere e a scrivere, mentre 2.500 soldati hanno preso il diploma elementare e 5.000 hanno imparato un mestiere, frequentando corsi d'avviamento professionale. Quasi 30.000 hanno lavorato in fattorie private e in cantieri pubblici, contribuendo alla realizzazione di opere che i sudafricani hanno storicamente considerato un patrimonio fondamentale per la modernizzazione del proprio Paese. A centinaia hanno recitato in compagnie filodrammatiche - ne sono state fondate ventisette -, hanno suonato in bande musicali e in un'orchestra sinfonica di buon livello, composta da 86 elementi, esibendosi molto spesso anche per i civili, dentro e fuori dal campo. In 20.000 hanno praticato lo Sport: i più bravi, e tra questi alcuni campioni di quello che una volta era stato l'impero italiano, hanno partecipato a gare e campionati organizzati in modo molto simile a quelli che si disputavano in Italia". L'AUTORE - Carlo Annese, nato a Brindisi nel 1964, ha collaborato alla stesura di questo libro. Redattore e inviato de La Gazzetta dello Sport, è dal 1991 testimone delle imprese sportive della ginnastica italiana.
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