La guerra «cafona» |
Salvatore Scarpino La guerra «cafona». Il brigantaggio meridionale contro lo Stato unitario Boroli Editore, pagg.171, Euro 9,50
IL LIBRO - La proclamazione del Regno d'Italia, il 17 marzo 1861, segnò formalmente l'unita' del Paese, anche se ancora mancavano Roma e le Venezie. La nascita del Regno non significò, però, il ritorno della pace. In quello stesso periodo, infatti, s'inaspriva nel Mezzogiorno la "sciagurata e ingloriosa guerra" (la definizione è di Aurelio Saffi) che contrapponeva le truppe del nuovo Stato ai ribelli meridionali. Nell'armata cafona c'erano nostalgici dei Borbone, cittadini feriti dai soprusi del nuovo potere, pastori e braccianti senza terra che si ribellavano ai nuovi assetti proprietari, criminali comuni. La guerriglia impegnò nel Sud oltre centomila soldati del Regio esercito. DAL TESTO - "Sul finire del marzo 1861, mentre le gazzette ufficiose solennizzavano la proclamazione del Regno d'Italia sotto la bianca croce dei Savoia, in un angolo della Basilicata più aspra e chiusa, intorno al gran bosco di Lagopesole, a nord di Potenza, s'andava ammassando una piccola armata stracciona, ringhiosa e reazionaria. Gli arruolatori erano un gruppetto di capi contadini, qualche scorridore di campagna e soldati del dissolto esercito borbonico con i quali trafficavano misteriosi forestieri, gente di città. Le reclute erano cafoni dei centri del Melfese e del Vulture che affluivano alla spicciolata con le bisacce vuote, senza nemmeno il pane per un giorno, magri, sporchi, silenziosi. Erano guidati dai consigli di galantuomini e parroci rimasti nei paesi; li spingeva la necessità di sfuggire guardie e soldati, o soltanto il desiderio sordo di menar le mani in un'annata magra che aveva portato più novità di quante ne potesse sopportare un contadino paziente in un'intera vita.
"Le procedure per essere accolti erano semplici: bastava presentarsi, dire il nome di chi mandava e garantiva, e si veniva assegnati a una squadra, a una banda sulla base della provenienza e della parentela; si finiva sempre fra cugini, compari, conoscenti. La paga era buona, sui 5 carlini al giorno, più gli incerti, cioè il bottino dei saccheggi, che ce ne sarebbero stati tanti. Un buon salario, più di quanto potesse sperare un bracciante abituato ad essere ingaggiato per pochi mesi all'anno. "Ed era soltanto l'inizio. I capi dicevano che Francesco II, il vero Re, il figlio della santa, il protettore dei poveri, stava tornando alla guida di un esercito che mai se n'era visto l'eguale, stava per rientrare nel Regno. Erano in arrivo anche gli austriaci, i piemontesi sarebbero stati cacciati, i liberali e i traditori puniti. La resa dei conti, insomma, era prossima".
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