L'Italia è finita. E forse è meglio così Stampa E-mail

Pino Aprile

L'Italia è finita
E forse è meglio così


Piemme, pagg.342, € 19,50

 

aprile finita  IL LIBRO – Un libro infuocato, che irrompe con forza nel dibattito politico e tratteggia scrupolosamente gli scenari di un futuro che non è mai stato così prossimo.
  Tra una manciata di anni l'Italia, e forse l'Europa, non esisteranno più. Almeno come le conosciamo ora. Si spezzeranno per il fallimento della loro economia. E l'attuale governo giallo-verde potrebbe persino essere l'ultimo di un'Italia unita. Lo dicono autorevoli studi e indagini ben noti agli addetti ai lavori. Né l'una, l'Italia, né l'altra, l'Europa, reggeranno alla spinta disgregatrice: divide et impera è una massima che i mercati finanziari conoscono bene.
  D'altronde, già oggi l'Italia non è più la stessa, così come non lo sono gli italiani: grandi aziende, grattacieli, interi quartieri, fertili terreni, squadre di calcio appartengono ad arabi, cinesi, capitali stranieri. A noi guardano con preoccupazione - o con speranza - le altre nazioni, perché sin dai tempi della conquista romana o della diffusione del cattolicesimo siamo il laboratorio per innovazioni che si sono propagate in tutto il continente, e oltre. A volte anche nefaste. Steve Bannon, ex consulente alla Casa Bianca di Donald Trump e osannato campione dei razzisti e dei neonazisti made in Usa, lo ha detto chiaro e tondo: «Roma è al centro della politica mondiale. L'Italia fa paura». Lui è di quelli che lo sperano.
  Unita, in realtà, l'Italia non lo è mai stata. Piuttosto, è il risultato di un'operazione scellerata di saccheggio e conquista, che ha distrutto un Sud proiettato nel futuro industriale e attuato un vero e proprio genocidio per "convincere" i riluttanti meridionali.
  È questa la crepa, mai sanata, che si allargherà fino a inghiottire tutto l'edificio dell'Italia unita? Mentre collanti storici come la Chiesa perdono terreno, ovunque rinascono comunità non statuali che trovano altrove la propria identità. Ma forse, come insegna il Rinascimento, proprio nelle tensioni e nelle divisioni gli italiani danno il meglio. Lo smembramento sarà la nostra salvezza?

  DAL TESTO – "Persino la mappa delle Regioni, che dovrebbero delimitare una Patria più piccola ma più riconoscibile, è inventata di sana pianta: le nostre Regioni sono senza radici, non corrispondono a un qualche retaggio o a un comune percorso plurisecolare dei loro abitanti (a parte le isole, seppur con profonde differenze fra le diverse aree), tanto che «potrebbero rientrare a pieno diritto tra i falsi storici» come scriveva anni fa Paola Bonora, docente di geografia dell'Università di Bologna. «Non sono mai esistite prima del 1948... erano, in realtà, i "compartimenti statistici" che vennero ritagliati per l'organizzazione del primo censimento del Regno» d'Italia, quindi erano «disegnate per la raccolta dei dati ma prive di altre implicazioni, se non per qualche vago e impreciso riferimento a denominazioni tramandate»; ma così furono citate dai padri costituenti nel secondo dopoguerra e così nacquero davvero, soltanto nel 1970, senza alcuno studio e per pura inerzia, a più di un secolo dall'Unità.
  "Quindi Patria è un Paese in cui pochissimi parlavano la lingua nazionale, nato con un genocidio, cinque anni di guerra fratricida ad alta intensità e almeno altri cinque a bassa intensità, e in cui la politica "unitaria" ha scavato un solco quasi incolmabile fra le due macro-regioni, per concentrare ricchezza e infrastrutture solo in una delle due.
  "Lo si può riassumere in due citazioni.
  "Quando il deputato napoletano Marzio Francesco Proto Carafa Pallavicino, duca di Maddaloni, esule antiborbonico e fervente unitarista, sentì cosa intendevano fare i "patrioti italiani" con la dissoluzione delle Due Sicilie, tentò di obiettare, ma si sentì rispondere: «Napoli starà peggio, ma noi staremo meglio»."

  L'AUTORE – Pino Aprile, giornalista e scrittore, pugliese residente ai Castelli Romani, è stato vicedirettore di "Oggi" e direttore di "Gente". Per la Tv ha lavorato con Sergio Zavoli all'inchiesta a puntate "Viaggio nel Sud" e al settimanale del Tg1, Tv7. È autore di saggi accolti con successo e tradotti in diversi paesi. "Terroni", uscito nel 2010 e diventato un vero e proprio caso editoriale, e i successivi "Giù al Sud", "Mai più terroni", "Il Sud puzza" e "Terroni 'ndernescional" hanno fatto di Aprile il giornalista "meridionalista" più seguito in Italia e gli sono valsi molti premi, tra cui il Premio Carlo Levi nel 2010, il Rhegium Julii nello stesso anno e il Premio Caccuri nel 2012.

  INDICE DELL'OPERA - Questo libro - 1. Ma l'Italia: meglio sana o a pezzi? - 2. Quando un mondo finisce e un altro ne comincia - 3. L'Italia unita dalla cultura cattolica. E se perdiamo il papa? - 4. Da una civiltà all'altra. Con uso di massacri - 5. Alzi la mano chi sarebbe disposto a unire l'Italia - 6. E, quindi, o così o niente? - 7. L'ltalia divenne una (si fa per dire...) - 8. Fare prima l'Italia o gli italiani, già... - 9. Io comando, tu fai schifo: è l'Italia unita - 10. Il calvario del divario (voluto) di lavoro e libertà - 11. L'Italia e il mondo del Terzo Millennio - 12. Dal disordine al nuovo ordine. Senza nazione e senza nazionale - 13. Contromemoria, la storia di Stato che ci divide - 14. Senza nemico, si diventa nemici - 15. Secessionismo: perché al Sud conviene - 16. Separati in casa, con uso di mafia - 17. Il saccheggio del Sud e i complici terroni - 18. Guido, i' vorrei che tu Lapo e il Trota foste terroni... - 19. I terroni tra i popoli senza Stato - 20. Uno stivale in laboratorio