In nome della patria |
Vincenzo Pinto
IL LIBRO – La Destra politica del Novecento è stata anche un fenomeno ebraico. Malgrado le persecuzioni etnico-razziali del nazi-fascismo o quelle etnico-classiste del socialismo reale, vi sono stati non pochi ebrei che hanno scelto di sposare una posizione politica di destra: chi su posizioni sionistiche (come Jabotinsky o Klausner), chi su posizioni diasporiche (come Ovazza o Schoeps). Se il profilo biografico è quello maggiormente in grado di ritrarre le peculiarità della "Destra ebraica", è anche vero che le comunità ebraiche europee sono state lungo tutto il Novecento culturalmente più vicine alla Destra che alla Sinistra politica, malgrado le persecuzioni subite. Si tratta di calcoli opportunistici di una minoranza integrata? Siamo di fronte a un discorso di natura spirituale o religiosa? Oppure è stata la conformazione stessa della Destra moderna a favorire la vittoria della Destra ebraica? Questo saggio tenta di svelare i perché di uno schieramento tanto ovvio quanto scabroso. DAL TESTO – "Vladimir Ze'ev Jabotinsky è stato il leader della destra sionista negli anni antecedenti la costituzione dello Stato di Israele. Ettore Ovazza è stato uno dei maggiori rappresentanti della destra ebraica antisionista nell'Italia fascista. Itzhak Kadmi-Cohen è stato il paladino di un semitismo ultra-rivoluzionario nella Francia della seconda Repubblica. Joseph Klausner ha alimentato una visione organicistica della nazione ebraica tra la Russia tardo-zarista e la Palestina mandataria. Abba Gaissinovic ha sostenuto una visione rivoluzionaria del sionismo nella Palestina mandataria. Hans-Joachim Schoeps ha creduto in una nuova rifondazione «dialettica» dell'ebreo tedesco durante il nazismo. Tutti questi personaggi sono stati indiscutibilmente segnati dalla persecuzione nazifascista: di fatto solo gli ultimi tre sono sopravvissuti a quello spartiacque storico, anche se la loro posizione politica e culturale si era già formata nel periodo precedente. Tutti questi personaggi hanno creduto in una visione militante della cultura: lo spirito non deve «emancipare» gli ebrei dal giogo del capitalismo ma renderli partecipi consapevoli della modernità. Ebrei variamente credenti, questi personaggi hanno ritenuto che la religione ebraica dovesse avere un ruolo di primo piano nelle sorti future della loro identità. Tutti, in un qualche modo, hanno ritenuto che la modernità ottocentesca avesse esaurito il suo compito con l'emancipazione degli ebrei in quanto singoli cittadini e che fosse necessario rifondare l'identità ebraica su basi differenti: uno Stato di Israele per gli uni, una nuova religione ebraica diasporica per gli altri. L'AUTORE – Vincenzo Pinto (1974) è uno storico del nazionalismo ebraico. Ha ottenuto un dottorato di ricerca in storia contemporanea all'Università di Torino (2003), uno in scienze storiche all'Università di San Marino (2006) e uno in studi italiani all'Università di Grenoble (2012). Dirige attualmente la rivista web «Free Ebrei». Ha pubblicato numerosi lavori sul sionismo e sull'identità ebraica contemporanea. Si segnalano fra gli altri: "Imparare a sparare" (2006), "La tigre sotto la pelle" (2007), "La terra ritrovata" (2012). INDICE DELL'OPERA – Introduzione. Ebrei e cultura di destra nel Novecento - I. Il re senza corona. Vladimir Ze'ev Jabotinsky e il problema dello Stato (1880-1940) - II. «Fedelissimi cittadini della Patria che è Madre comune». Il fascismo estetico e sentimentale di Ettore Ovazza (1892-1943) - III. Orgoglio semita e Stato ebraico. Le peregrinazioni interbelliche di Isaac Kadmi-Cohen (1892-1944) - IV. Giudaismo e umanismo. Religione e nazione nell'opera di Joseph G. Klausner (1874-1958) - V. Il tramonto d'Israele? Abba Gaissinovic lettore e interprete di Oswald Spengler (1924-1935) - VI. Ebraismo dialettico. Il giovane Hans-Joachim Schoeps interprete di una «Rivoluzione conservatrice» (1929-1938) - Indice dei nomi |