Carlo Altini
Potenza come potere La fondazione della cultura moderna nella filosofia di Hobbes
Edizioni ETS, pagg.288, € 24,00
Il concetto di "potenza" ha attraversato secoli di riflessioni filosofiche, assumendo significati variabili che spaziano dalla forza fisica al potere sovrano, dal dinamismo della natura all'agire umano. La storia del pensiero moderno, in particolare, ha visto un'evoluzione sostanziale del termine, dalla concezione aristotelica della dynamis, come potenzialità intrinseca, alla sua reinterpretazione all'interno del contesto moderno, dominato dalla nascita della scienza meccanica e dal determinismo. La moderna filosofia politica, da Niccolò Machiavelli a Thomas Hobbes, ha dato una nuova dimensione a questo concetto, mettendo al centro la relazione tra individuo, Stato e potere, e rendendo la potenza una delle chiavi di volta della sua riflessione sulla natura umana e sulle strutture politiche.
In particolare, il pensiero di Hobbes segna un punto di svolta, poiché integra la concezione di potenza con il determinismo meccanico, stabilendo un legame diretto tra il potere sovrano e la capacità di controllo sul comportamento umano. La "potenza" diventa, per Hobbes, non solo una forza da esercitare sul corpo e sull'individuo, ma anche una nozione che implica necessità e predeterminazione. In un contesto di crescente centralizzazione del potere e di affermazione della razionalità scientifica, la potenza diventa, così, un principio fondamentale per comprendere la costruzione della modernità politica e filosofica.
Il volume di Carlo Altini, "Potenza come potere", rappresenta un'analisi dettagliata e innovativa del pensiero di Thomas Hobbes riguardo al concetto di potenza, un concetto che, come sottolinea lo stesso Altini, non si limita alla semplice interpretazione di "forza" o "potere" sovrano, ma assume un significato molto più profondo e deterministico. Il libro offre una lettura originale della filosofia hobbesiana, interpretando la potenza come la forza che non solo è in grado di diventare, ma che ha la necessità di diventare, gettando così una nuova luce sull'influenza di Hobbes sulla cultura moderna.
Altini apre il suo discorso concentrandosi sull'interpretazione di potenza nel pensiero di Hobbes, distinguendola nettamente dall'idea di potere. La potenza, per Hobbes, non è un'entità aperta alla possibilità, ma è, piuttosto, un concetto intrinsecamente deterministico. Il pensiero hobbesiano, come ben delineato da Altini, fonda il suo meccanicismo su un modello di mondo che esclude la possibilità del libero arbitrio e contempla un ordine naturale predeterminato, dove ogni evento è il risultato di una causa necessaria. Questo determinismo si riflette anche nella concezione della potenza, la quale non è più una pura facoltà di diventare, ma una necessità di agire secondo determinati principi.
Altini esplora questa visione di Hobbes attraverso una riflessione che va oltre la semplice applicazione della politica assolutista e dell'ordine statale: la potenza, nel suo significato meccanico, è il motore che anima l'intero apparato filosofico e politico dell'autore. La potenza non è solo quella che conferisce l'autorità al sovrano, ma anche quella che plasma la materia e l'intero ordine sociale. Nella sua lettura, Hobbes è colui che, più di altri, ha colto la centralità della potenza nella formazione della cultura moderna, anticipando in modo inconfutabile l'ascesa della tecnica come linguaggio fondamentale della politica e dell'economia.
Un altro elemento fondamentale del libro di Altini è la sua riflessione sul legame tra il pensiero hobbesiano e la tecnica. Secondo Hobbes, l'essere umano è soggetto a leggi naturali che determinano il suo comportamento, e questo porta a una visione del mondo in cui non c'è spazio per il cambiamento o la possibilità di alterare l'ordine esistente, se non sotto il dominio di una potenza sovrana. Altini, tuttavia, argomenta che Hobbes, pur non avendo potuto prevedere la forma che avrebbe preso la tecnica moderna, ha intravisto in essa una forza che avrebbe contribuito a realizzare una visione deterministica della realtà.
L'Autore non si limita a esplorare la dimensione politica di Hobbes, ma allarga la sua analisi al contesto odierno, sottolineando come il concetto hobbesiano di potenza sia strettamente legato alla crescente centralità della tecnica nella società moderna. La tecnica, in quanto sistema razionale di conoscenza e controllo, è vista come il prodotto del meccanicismo e del determinismo hobbesiani. In un'epoca in cui la tecnica permea ogni aspetto della vita politica ed economica, Altini invita a riflettere sulla crisi della possibilità di mutamento reale, prospettando un'ipotesi di "eterno presente" in cui ogni progettualità sociale sembra messa in discussione dalla potenza tecnocratica.
Tuttavia, Altini non si limita a diagnosticare una crisi, ma lancia anche una provocazione fondamentale: è necessario riappropriarsi di un concetto di potenza che non sia più solo determinato dalla necessità, ma che possa ancora aprire spazi di cambiamento e di progettualità sociale. Se la potenza nel pensiero di Hobbes è legata alla necessità di un ordine determinato, la filosofia contemporanea deve confrontarsi con la possibilità di ripensare questo concetto, per non cadere nel rischio di una visione nihilista che annulli ogni potenziale trasformazione sociale.
Il libro di Carlo Altini è un contributo utile per comprendere la profondità e la complessità del pensiero di Thomas Hobbes, in particolare per quanto riguarda il concetto di potenza e la sua connessione con il potere, la tecnica e il determinismo. Altini offre una lettura avvincente e innovativa che non solo illumina la filosofia hobbesiana, ma invita anche a una riflessione critica sulla modernità e sulle sue implicazioni politiche e sociali. La sua analisi ci costringe a ripensare le nostre concezioni di potenza, di cambiamento e di libertà in un'epoca in cui la tecnica sembra dominare ogni aspetto della nostra vita. |