L'idea russa Stampa E-mail

Bengt Jangfeldt

L'idea russa
Da Dostoevskij a Putin


Neri Pozza, pagg.185, € 18,00

 

jangfeldt idearussa  Il conflitto in corso in Ucraina ha posto la Russia al centro dell'attenzione mondiale. È utile, quindi, la lettura di questo recente saggio di Bengt Jangfeldt (docente di lingue e cultura slave presso l'Università di Stoccolma), in cui viene esaminata l'idea che lungo i secoli ha caratterizzato la storia russa. Dostoevskij parlava di «idea russa» per descrivere la visione secondo cui la Russia costituisce "una civiltà a sé, non solo diversa ma anche moralmente superiore rispetto a quella occidentale".

  Tale idea venne formulata "circa due secoli fa, all'epoca di Nicola I" e, a seguito del crollo dell'Urss, e in particolare nell'ultimo ventennio, "ha conosciuto una straordinaria rinascita al punto che, sotto il nome di «patriottismo», è arrivata a sostituire il comunismo come ideologia di Stato".

  Una delle costanti storiche "che definiscono l'autopercezione nazionale della Russia" è l'idea dell'impero, fondata "su fatti e visioni storiche e geopolitiche, ma anche sulla convinzione che la Russia rappresenti una civiltà diversa e superiore, una versione migliore dell'Europa, insomma che la Russia sia la vera Europa, contrapposta a quella falsa che ha rinunciato alla sua identità originale, ha perso l'orientamento morale e non sa più cosa sia giusto e cosa sia sbagliato".

  L'analisi si snoda lungo gli ultimi due secoli, mettendo a fuoco il pensiero di figure come Sergej Uvarov, Nikolaj Danilevskij, Konstantin Leont'ev, Nikolaj Trubeckoj, Lev Gümilev e Aleksandr Dugin.

  L'Autore scrive che le "analisi geopolitiche di Dugin e i suoi sogni sull'impero russo millenario sono bizzarri al punto da rasentare la follia. Eppure, si sono rapidamente diffusi. Se in un primo momento le sue teorie avevano suscitato interesse più che altro all'interno degli organi di sicurezza e delle forze militari, dopo la pubblicazione di Osnovy geopolitiki Dugin trovò sostegno ai massimi livelli della politica. Nell'autunno del 2000 fu presentato a Vladimir Putin, che era diventato presidente nel maggio precedente. Quanto profonda fosse profonda la conoscenza di Putin dell'eurasismo non è chiaro, ma le linee programmatiche di politica estera pubblicate quell'anno condannavano «la tendenza a creare un mondo unipolare sotto l'egemonia economica e militare degli Stati Uniti» e individuavano la forza della Russia nella sua «posizione geopolitica come principale Stato eurasiatico»".

  Secondo Jangfeldt, con Putin la Russia è "entrata in un nuovo secolo: non il XXI, di nuovo il XIX; non in termini di sviluppo tecnologico e sociale, ma dal punto di vista ideologico e filosofico. Gli oltre vent'anni di Vladimir Putin al potere, come presidente e primo ministro, sono stati contraddistinti da una costante transizione dalla fiducia nel libero mercato al capitalismo di Stato, da una maldestra democrazia in stile occidentale a una finta democrazia, da un pluralismo dei media a un sistema dei mezzi di comunicazione controllato dallo Stato: insomma, dall'«europeismo» e dal liberalismo al conservatorismo e al nazionalismo. Per garantire il sostegno popolare a tale politica, il regime ha riportato in vita un retaggio di idee che quasi tutti ritenevano fossero state dimenticate per sempre".