Il Califfato di Baghdad. La civiltà Abbasside |
a cura di Francesco Gabrieli
IL LIBRO – Gli studi sulla civiltà e sulla cultura islamica sono tutto sommato abbastanza recenti, e non solo nel panorama italiano, bensì in quello occidentale tout court. Certo, già nell'Ottocento, in parte sulla scorta delle prime importanti ricerche archeologiche intraprese nel Vicino Oriente, si "scoprì" il variegato mondo islamico, in gran parte allora sotto il dominio turco Ottomano, e si avviarono quegli studi e ricerche, letterarie, storiche, filosofiche, economiche e artistiche che ancora oggi sono spesso l'imprescindibile base per ulteriori progressi nella conoscenza di mondi che, troppo frettolosamente, spesso qualifichiamo come altri; "Diversi da noi", in un riflesso condizionato, perennemente in agguato, di irrefrenabile eurocentrismo, costruendo di conseguenza una storia del pensiero che viene addomesticata a nostra immagine e somiglianza. Poi fu il colonialismo, dal quale, secondo un celebre saggio Novecentesco (E.W. Said, Orientalism, 1978), discenderebbe per i rami la nozione stessa di Orientalismo. Dibattito acceso, tutt'altro che concluso, nel quale, in ogni caso, l'assunto apodittico, probabilmente valido per gran parte della cultura anglo-sassone, andrebbe almeno temperato per ciò che concerne l'Europa meridionale e mediterranea, e segnatamente Grecia, Spagna e soprattutto Italia. DAL TESTO – "Denominatore comune di questa società medievale d'Oriente (ma in parte anche d'Occidente, in Africa e Spagna) è l'Islam, cui la rivoluzione e lo Stato abbàside tolsero la coincidenza con l'egemonia araba, realizzatasi sotto gli Omàyyadi. Araba restò la lingua e la cultura di cui stiamo per parlare, ma non più la supremazia politica, ove agli Arabi si affiancarono e spesso prevalsero altre etnie, la iranica e poi turca ad Oriente, la berbera nel Maghrib. Ora, con gli Abbasidi, l'Islam affermò in pieno il suo carattere universalistico e sopranazionale. Teologia e diritto, le due discipline eminentemente religiose, ebbero ora la loro classica elaborazione; l'una, col trionfo finale dell'ortodossia contro dottrine eretiche straniere (Manicheismo) e contro un profondo moto «razionalizzante» nato in seno all'Islam stesso (Mu'tazilismo), un momento vittorioso per favore di alcuni Califfi, ma poi da altri rifiutato e perseguitato, mentre all'ortodossia dava la sua forma definitiva il teologo al-Ash'ari (X sec.). Quanto al diritto (fiqh) parte essenziale della vita intellettuale e pratica dell'homo islamicus medievale, anch'esso, dopo i suoi primordi nella Penisola araba nei secc. VII-VIII, ebbe in Iraq e sotto i primi Abbasidi la sua ricca e varia codificazione. Si affermarono allora i quattro riti o scuole giuridiche (madhhab), coesistiti poi in libera concorrenza, che invano qualche voce isolata esortò i Califfi a fondere e unificare. Le due anime dell'Islam classico), la speculazione teologica e la minuziosissima elaborazione del giure e del culto, assunsero appunto in epoca abbàside la definitiva loro fisionomia. In seno all'Islam, ma talora anche ai suoi margini, fiorì in età abbàside anche la mistica (Sufismo), che ebbe in al-Hallāg (m. 922) il suo martire e più tardi (sec. XI) in al-Ghazāli il suo definitivo riconciliatore con l'ortodossia. In generale, il primato del momento ed elemento religioso resta per tutta l'età di cui trattiamo inconcusso, anche se sotto il suo manto operarono altri fattori, politici, economici e culturali. Ma ciò sarà sviluppato a suo luogo. Ora a noi preme mettere in rilievo, in sede appunto culturale, i fecondi contatti che il periodo abbàside determinò tra la società musulmana e culture e scienze straniere, cui erano rimasti chiusi gli Arabi nel primo periodo preislamico e islamico della loro storia. Si tratta qui della duplice eredità, indoiranica e greco-ellenistica, che in età abbàside l'Islam recepì, assimilò ed elaborò come parte essenziale della sua propria cultura. Uno scienziato di stirpe iranica, il grande al-Bīrūnī (sec. XI), dischiuse alla cultura musulmana la civiltà indiana, già parzialmente mediata alla prima età abbàside attraverso versioni di opere favolistiche, gnomi che e scientifiche. Come intermediario di tali trapassi, ma anche per via diretta, si riversò alla società abbàside il gran filone dell'iranismo, annientato o appena tollerato dall'Islam in sede politico-religiosa, ma che ebbe la sua rivalsa, come abbiam detto, nel campo sociale, amministrativo e culturale. Contemporaneamente, dall'opposta parte confluiva nella cultura arabo-islamica l'ellenismo con tutto il suo fascino e il suo prestigio. Attraverso la mediazione linguistica dei Siri, ma anche con versioni dirette dal greco, la filosofia e la scienza ellenica fecondarono il Medioevo musulmano, con un processo di parafrasi, interpretazioni e commenti che assorbì le più alte energie intellettuali della società islamica." IL CURATORE – Francesco Gabrieli è stato professore ordinario di Lingua e letteratura araba nell'Università di Roma, dottore honoris causa della Nouvelle Sorbonne, e socio dell'Accademia dei Lincei e di varie altre Accademie italiane e straniere. Studioso e conoscitore come pochi della civiltà islamica sotto l'aspetto storico e letterario insieme, Gabrieli ha pubblicato numerosi volumi, tra i quali si ricordano: "Storia e civiltà musulmana", Napoli 1947; "Dal mondo dell'Islàm", Napoli 1954; "Storia della letteratura araba", Milano 1956; "Gli Arabi", Firenze 1957; "Risorgimento arabo", Torino 1958; "Aspetti della civiltà arabo-islamica", Roma 1958; "Storici arabi delle Crociate", Torino 1963; "Cultura araba del Novecento", Bari 1983. INDICE DELL'OPERA - Introduzione alla nuova edizione, di Giovanni Curatola – Introduzione, di Francesco Gabrieli - Lineamenti storici, di Maria Giovanna Stasolla - La Letteratura, di Renato Traini - La Filosofia, di Carmela Baffioni - Le Scienze, di Alessandro Bausani - L'Arte, di Bianca Maria Alfieri - Bibliografia |