L’ardito Stampa E-mail

Giulia Belletti - Saturno Carnoli

L'ardito
Vita provocatoria di Ferruccio Vecchi, ravennate, fondatore del Fascismo


Edizioni Moderna, pagg.160, € 15,00

belletti-carnoli ardito  IL LIBRO – Nato a S. Alberto Ravenna nel 1894, partecipa alla Prima guerra mondiale come capitano degli Arditi. Futurista e compagno inseparabile di Marinetti; capo carismatico dell'arditismo; presidente, a fianco di Mussolini, dell'assemblea di San Sepolcro costitutiva del primo Fascio di combattimento; comandante della prima azione squadrista, con l'incendio dell'Avanti; ufficiale di collegamento fra Mussolini e D'Annunzio a Fiume. A soli 27 anni Ferruccio Vecchi fu la vittima più illustre della normalizzazione dell'arditismo, ormai ridotto al ruolo subalterno di forza fiancheggiatrice del fascismo. Liquidato politicamente e arrestato per truffa, Vecchi decise di rifarsi in campo artistico. Cominciò da scrittore con romanzi e drammi teatrali che non ebbero il successo sperato; scoraggiato dalle difficoltà, lasciò l'Italia in cerca di nuove opportunità all'altezza del suo "talento". Rimarrà all'estero dieci anni, prima negli Stati Uniti, poi in Francia, Svizzera, Belgio, paesi da cui verrà regolarmente espulso, sempre sorvegliato dall'OVRA, perseguitato dai debiti e guardato con sospetto dai fuoriusciti italiani. Rientra in Italia, col benestare e il sostegno del duce, alla vigilia dell'entrata in guerra, dove "risorge" come scultore del regime. Le sue opere roboanti e grottesche tentano di rilanciare il mito, opportunista e tardivo del Capo. Nel '43, dopo l'arresto di Mussolini, partecipa alla ricostituzione della Gran Loggia d'Italia dalla quale trasmigrerà nella Loggia Grand'Oriente preferita dagli americani. Nel '45 Vecchi verrà arrestato per i fatti del '19, ma si rifiuterà di rispondere di un passato che non gli appartiene più consegnando un memoriale pervaso dal delirio di persecuzione e di autoassoluzione, cercando di coinvolgere negli addebiti che gli vengono mossi l'ex "diciannovista" Pietro Nenni, all'epoca Alto Commissario per l'Epurazione. L'ultimo atto della sua avventura nel tempo si consumerà nel 1958, quando allo scultore sessantenne, ormai convertito al cattolicesimo, l'on. Andreotti affiderà l'incarico di realizzare un monumento a Cicerone per la piazza di Arpino. L'anno successivo, Ferruccio Vecchi, il santalbertese che aveva presieduto alla fondazione del fascismo, si spegneva completamente dimenticato da tutti, a Castelfranco Emilia.
  Una biografia veramente esemplare questa su Ferruccio Vecchi, protagonista, fin qui sconosciuto, dei fatti più salienti del novecento italiano. Dal primo al secondo dopoguerra, lo troviamo a fianco di Marinetti, Mussolini, Nenni, Andreotti, affiancato dall'Ovra, dalle Logge massoniche, dalle segreterie vaticane, sempre all'affannosa ricerca di una qualche affermazione politica, artistica ed economica: vero campione di un trasformismo instancabile e ostinato praticato come arte nazionale di sopravvivenza. Frutto d'intense ricerche e ricchissimo di documenti originali inediti, il racconto di Giulia Belletti e Saturno Carnoli si legge tutto d'un fiato e ci aiuta a comprendere in autonomia caratteristiche ed eventi storici complessi del nostro paese, ancora non del tutto acquisiti dalla coscienza collettiva.

  DAL TESTO – "Il 23 marzo 1919, Mussolini chiamò Ferruccio Vecchi a presiedere la riunione di piazza San Sepolcro per la costituzione ufficiale del primo Fascio di Combattimento di Milano. In seguito gli assegnò la stessa funzione di presidente e suo portavoce a Genova, Firenze, Torino, Trieste e a Bologna. A dimostrazione di come il fascismo delle origini attirasse il consenso sia di componenti socialiste e massoniche, sia ebraiche e nobiliari, a Bologna fra i fondatori del Fascio di combattimento Vecchi incontra Pietro Nenni, i fratelli Bergamo e il ten. degli Arditi Salvatore Farina del XX Reparto d'assalto, mutilato di guerra, redattore de "L'Ardito" e membro della Gran Loggia d'Italia; figlio del commendator Farina, amministratore dei principi Doria. Qualche anno dopo Vecchi sposerà sua sorella Lina Farina). A piazza San Sepolcro, Mussolini presentò il primo programma politico ufficiale del movimento con molti punti mutuati dal programma futurista e da quello degli Arditi, con forti accenti antiborghesi, repubblicani, anticlericali, rivoluzionari ed allo stesso tempo antisocialisti. Questa posizione antibolscevica divenne progressivamente prevalente, alimentata dalla cultura del nazionalismo e dell'azione diretta, di cui Vecchi divenne uno dei protagonisti più rappresentativi il 15 aprile 1919, con l'incendio della sede milanese dell'"Avanti!".
  "Per quel giorno i socialisti avevano proclamato uno sciopero generale di protesta, chiamando il popolo italiano a partecipare ad una grande manifestazione all'Arena di Milano. Arditi, futuristi e tutto il fascio di combattimento milanese, nonostante l'impegno a non intervenire concordato col prefetto di Milano, organizzarono un'agguerrita contromanifestazione, capeggiati da Vecchi, Marinetti, Mussolini, Balla ed Effetti, che portò ad uno scontro inevitabile nei pressi del Duomo, con morti e feriti da ambo le parti. In seguito, una colonna di arditi con a capo proprio Ferruccio Vecchi affiancato da Marinetti, marciò in direzione della sede dell'"Avanti!" e la devastò, distruggendo i macchinari ed appiccando il fuoco all'edificio. Non si può dire con esattezza se l'episodio dell'"Avanti!" fosse stato pianificato fin dall'inizio o se fu soltanto una conseguenza imprevista del momento, tuttavia l'ardito futurista Ferruccio Vecchi, a distanza di qualche anno, dopo che il fascismo ebbe conquistato il potere, non si lasciò sfuggire l'occasione di rivendicare per sé un ruolo di prim'attore, sia nella pianificazione dell'assalto che nella sua esecuzione [...]"

  INDICE DELL'OPERA – Prefazione, di Mimmo Franzinelli - Capitolo primo. Dalle valli di Sant'Alberto alle montagne del Carso - Capitolo secondo. Il dopoguerra futurista degli Arditi - Capitolo terzo. Arditismo / Futurismo / Fascismo - Capitolo quarto. Le prime contraddizioni - Capitolo quinto. La caduta - Capitolo sesto. L'arte d'arrangiarsi - Capitolo settimo. L'esilio - Capitolo ottavo. L'artista di regime - Capitolo nono. In soccorso dei vincitori - Capitolo decimo. L'arresto nel' 45 e il suo memoriale - Capitolo undicesimo. L'epilogo democristiano - Appendice - Dall' Archivio Centrale di Stato - Dalla Fondazione Pietro Nenni - Dalla Collezione privata Giovannino Brandolini - Bibliografia