Tu mi devi seppellir Stampa E-mail

Guri Schwarz

Tu mi devi seppellir. Riti funebri e culto nazionale alle origini della Repubblica

Utet Libreria, pagg.312, Euro 23,00

 

schwarz_seppellir  IL LIBRO – Come si svolge la transizione dalla guerra alla pace? A partire da questo interrogativo si muove Tu mi devi seppellir che, scegliendo riti e retoriche funebri come punti di osservazione privilegiata, offre una chiave di lettura originale della genesi della Repubblica Italiana e del passaggio dal fascismo alla democrazia. Sin dalle origini dello stato-nazione l’obbligo dei cittadini di offrire la propria disponibilità al sacrificio per la difesa della patria trova un rispecchiamento nel dovere dello stato di onorare degnamente tale devozione. Dopo il 1945 i morti italiani cui spettava una degna sepoltura non erano solo molto numerosi, ma anche eccezionalmente vari per tipologia (uomini e donne, militari, civili, fascisti e antifascisti). Erano inoltre dispersi su tutto il territorio nazionale, nonché sparsi in terre lontane, dall’Africa alla Russia. Guri Schwarz prende in esame le difficoltà incontrate dalle istituzioni statali – e dagli apparati militari in primis – nel gestire lutti tanto diversificati. L’analisi muove dalla ricostruzione dei rituali patriottici del 25 aprile e del 4 novembre, intesi in primo luogo come grandiosi riti funebri. Sono poi ricostruite la genesi del mausoleo delle Fosse Ardeatine, la costruzione del cimitero monumentale di El Alamein, la sepoltura dei caduti italiani a Cefalonia e la costruzione del cimitero di Monte Lungo, che raccoglie le spoglie dei militari che combatterono a fianco degli Alleati per la liberazione del paese. L’analisi mette in relazione le spinte provenienti dal basso, da una società civile in cui prolifera una miriade di associazioni impegnate nel culto dei caduti, con le strategie commemorative calate dall’alto, da istituzioni statali e grandi partiti. Attraverso la ricostruzione dei rapporti variabili tra questi agenti sociali, nonché per mezzo dell’esame dei codici culturali e dei sistemi simbolici per mezzo dei quali venivano gestiti i lutti, risultano leggibili - come in filigrana – la genesi delle narrazioni consolatorie fondanti l’autorappresentazione nazionale, ma anche i processi di riorganizzazione del tessuto sociale e dell’impalcatura politico-istituzionale.

  DAL TESTO – “L'esperienza della Grande Guerra costituiva un tema delicato con il quale, nonostante incertezze e disagi, tutti i partiti antifascisti sentivano di doversi riconciliare; da più parti vennero ben presto indicazioni per riconsacrare i boschetti votivi instaurati dal fascismo e – a conferma della assoluta preminenza del tema nazionale e patriottico in quegli anni di transizione - vi fu anche uno sforzo compiuto proprio da coloro che erano più lontani dalla tradizione interventista, quali i comunisti e i socialisti, per riappacificarsi con essa. La tradizione esercitava un fascino straordinario e fu senza dubbio la continuità con i modelli, i linguaggi e anche i luoghi simbolo della tradizione patriottica a costituire il fulcro di ogni operazione commemorativa. Ricorrenze e celebrazioni del 4 novembre (e del 24 maggio, festeggiata con un certo risalto nei primissimi anni del dopoguerra) avevano anche la funzione di integrare nella narrazione patriottica e nelle pratiche di elaborazione collettiva del lutto tutti coloro che erano stati tragicamente colpiti dall'esperienza della guerra, ma che non necessariamente si riconoscevano nella retorica resistenziale. Se le ricorrenze del 25 aprile consentivano di costruire una positiva cornice simbolica nell'ambito della quale i caduti nella lotta antifascista – incluse le vittime civili - potevano essere ricordati, ciò era assai più problematico per i caduti delle guerre fasciste. I reduci delle guerre del duce si contendevano uno spazio nella memoria pubblica con i reduci della guerra di liberazione. Questo conflitto si sommava ad altri motivi di tensione, che rinviano alla complessa gestione di tutto il problema dei reduci e del loro reinserimento, dando vita a periodici scontri simbolici.”

  L’AUTORE – Guri Schwarz insegna alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa. È membro del comitato scientifico della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (Milano). Tra i suoi libri Ritrovare se stessi. Gli ebrei nell’Italia postfascista, (2004); ha curato il volume Gli ebrei in Italia tra persecuzione fascista e reintegrazione postbellica (2001, con I. Pavan) e l’edizione dei diari di Emanuele Artom: Diari di un partigiano ebreo. Gennaio 1940 – Febbraio 1944, (2008).

  INDICE DELL’OPERA – Introduzione – Ringraziamenti – Abbreviazioni – Capitolo 1. Pietà l'è morta (Di fronte all'estremo - Profanazioni e riconsacrazioni) – Capitolo 2. La costruzione della religione civile antifascista prima del 25 aprile (Riti funebri e culto nazionale: i conti col fascismo - Aria nuova a Piazza Venezia - La «Giornata del Soldato e del Partigiano» - Il sacrario delle Fosse Ardeatine: un «nuovo Altare della Patria»?) – Capitolo 3. Feste e funerali dopo il 25 aprile («Una vittoria amara» - Genesi di una consuetudine celebrativa - L'eredità del 18 aprile - Il 4 novembre: i militari, i cattolici e le onoranze ai caduti di tutte le guerre - «Tempo di visita alle tombe») – Capitolo 4. Corpi e monumenti tra pubblico e privato (Doppie sepolture - Cimiteri militari: Monte Lungo, El Alamein e Cefalonia - Le trasformazioni del paesaggio) – Capitolo 5. Linguaggi del sacrificio (La guerra non più nobile - Equilibri di genere – Tragedia e sacrificio: genesi di un patriottismo espiativo) - Considerazioni conclusive - Indice dei nomi