La disunità del mondo |
Alessandro Colombo La disunità del mondo. Dopo il secolo globale Feltrinelli, pagg.368, Euro 30,00
IL LIBRO - Le rappresentazioni più comuni del contesto internazionale attuale insistono sul restringimento del mondo prodotto dalla crescita delle relazioni economiche e finanziarie e dallo sviluppo delle tecnologie dei trasporti e delle comunicazioni. Ma, quasi sempre, esse trascurano il fatto che il passaggio al ventunesimo secolo ha seguito un andamento opposto sul terreno diplomatico, strategico e ideologico. Su questo terreno, il vero secolo globale è stato il Novecento: il secolo delle due guerre “mondiali”, appunto, della guerra fredda, della decolonizzazione, dello scontro tra due ideologie di portata universale quali la democrazia liberale e il comunismo. Mentre, con la chiusura di queste vicende, l’eccezionale coerenza del mondo bipolare ha lasciato il posto a un sistema internazionale nel quale le diverse aree regionali continuano a essere in contatto tra loro grazie alla globalizzazione dell’economia e dell’informazione, ma nel quale ogni regione tende sempre più ad abbracciare protagonisti, interessi, conflitti e linguaggi diversi. Tale scomposizione è un potentissimo fattore di instabilità: accentua le differenze istituzionali e culturali tra le diverse regioni, aumenta il peso delle gerarchie di prestigio e potere al loro interno e, in questo modo, apre la strada a nuove diffidenze e competizioni sulla sicurezza. Ma, soprattutto, tale scomposizione rende sempre più inadeguate le risposte di portata globale, anzi rischia di trasformarle da fattori di ordine in fattori di disordine internazionale.
DAL TESTO - "Un secolo fa, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, un insieme concomitante di mutamenti politici, economici e tecnologici trasformò definitivamente la percezione e l’immagine del mondo. Il sistema politico internazionale giunse ad abbracciare per la prima volta tutti i continenti, sotto le spinte contraddittorie dell’ultima fase del colonialismo europeo e dell’emergere delle prime grandi potenze non europee. Le istituzioni internazionali che, ancora fino a tutta la prima metà del XIX secolo, erano state confinate all’Europa o, al massimo, all’America, cominciarono lentamente a includere anche membri non occidentali. Soprattutto, il decisivo balzo in avanti delle tecnologie dei trasporti e delle comunicazioni consentì un allargamento e un addensamento senza precedenti delle relazioni tra individui e popoli, ponendo le basi per lo spettacolare sviluppo delle interdipendenze economiche e commerciali, da un lato, e per il lungo ciclo delle guerre ideologiche mondiali dall’altro. "Agli inizi del XXI secolo, le sorti di questo tessuto universale sono tornate a essere incerte. È vero che, indebolendo o sgretolando gli ostacoli politici e geografici del passato, il riassorbimento delle grandi lacerazioni novecentesche ha offerto persino nuovo spazio (in senso letterale) a quei due straordinari vettori di unificazione che sono il mercato e la democrazia. Ma neppure questo ha potuto impedire che altre forze spingessero il sistema politico internazionale nella direzione opposta. L’indebolimento delle dinamiche diplomatiche e strategiche globali ha rafforzato il peso e la varietà delle diverse dinamiche regionali. L’aumento delle differenze tra una regione e l’altra in termini di protagonisti, gerarchie del potere, interessi e conflitti ha complicato l’elaborazione e l’attuazione delle soluzioni anche istituzionali di portata globale, tanto da rischiare di trasformare queste ultime da fattori di ordine in fattori di disordine internazionale. La divaricazione dei linguaggi e dei capitali simbolici ha reso le vicende e i conflitti di ciascuna regione sempre meno comunicabili e comprensibili nelle altre regioni, contrariamente a tutte le promesse della nostra tanto decantata epoca della comunicazione. "La fine del Novecento, in definitiva, ha operato in maniera specularmente opposta sul terreno economico-commerciale e su quello diplomatico-strategico. Mentre, sul primo, i legami tra i diversi spazi geografici sono cresciuti (almeno fino a oggi) sia in quantità che in qualità, sul secondo il sistema internazionale è già molto meno unitario di quanto non fosse all’epoca della contrapposizione politica e ideologica della guerra fredda. Non esistono più vicende politiche e ideologiche autenticamente comuni a tutte le regioni, tanto che la stessa cosiddetta “guerra globale al terrore” ha finito per arenarsi sulle rovine della propria fantasia di globalità. Non c’è più (almeno fino a oggi) il rischio di una guerra “mondiale” tra grandi potenze. Non c’è niente, soprattutto, che trattenga gli attori (stati, popoli, singoli individui) dal percepire ciò che resta delle vicende globali solo attraverso le loro ricadute sui rispettivi contesti locali. Persino quando un evento (una grande crisi economica e finanziaria, una pandemia ecc.) riesce ancora a produrre conseguenze ovunque, essa non produce ovunque le stesse conseguenze: in un luogo può innescare una crisi sociale, in un altro il collasso di singoli stati o intere subregioni, in altre ancora una spirale di conflitti o guerre regionali. Alla debole somiglianza che caratterizzava anche in passato i diversi contesti regionali si aggiunge, complicandola, la scomparsa della loro possibile convergenza in una dinamica globale comune, almeno nel senso che le prospettive di pace e di guerra di ciascuna regione sono sempre più nettamente separate dalle prospettive delle altre. "Proprio la dimensione della pace e della guerra costituirà l’angolo di visuale delle prossime pagine. Discostandoci dalla prospettiva prevalente nel dibattito pubblico e scientifico dell’ultimo ventennio, ci chiederemo come si stia evolvendo non, genericamente, lo spazio delle relazioni internazionali, ma quello più definito delle relazioni diplomatiche, strategiche e ideologiche tra gli stati, i popoli e i singoli individui; se e quante interdipendenze leghino una regione e l’altra non sul terreno economico ma su quello dei conflitti, dei loro linguaggi e della loro possibile composizione; se, detto nel modo più semplice, una espressione come “pace nel mondo” rifletta ancora l’esperienza concreta, la consapevolezza e la paura di un destino comune – quali furono, nella forma più brutale, le due guerre “mondiali”, e quale continuò a essere la “mutua distruzione assicurata” dell’epoca bipolare – oppure sia svuotata dall’interno dalla consapevolezza realistica che il mondo come tale non ha più una pace, ma ne ha tante (sempre più indipendenti le une dalle altre) quanti sono i diversi contesti nei quali stati, popoli e individui competono e confliggono tra loro."
L'AUTORE - Alessandro Colombo è professore di Relazioni Internazionali all’Università degli Studi di Milano. Tra le sue pubblicazioni, Solitudine dell’Occidente (1994), La lunga alleanza. La Nato tra consolidamento, supremazia e crisi (2001), La guerra ineguale. Pace e violenza nel tramonto della società internazionale (2006). Ha curato inoltre diversi volumi, i più recenti dei quali sono L’Occidente diviso. La politica e le armi (2004), La sfida americana. Europa, Medio Oriente e Asia orientale di fronte all’egemonia globale degli Stati Uniti (2006).
INDICE DELL'OPERA - Prefazione - 1. Il sistema internazionale agli inizi del XXI secolo - I limiti geografici degli spazi politici internazionali - 2. Lo spazio politico internazionale - 3. Un confine imprendibile. Gli spazi internazionali tra indipendenza, istituzioni comuni e somiglianza - La globalizzazione dietro le spalle. Dall'espansione europea al "mondo finito" del Novecento - 4. Uno spazio pluralistico di successo. L'Europa e l'espansione dello spazio politico internazionale - 5. Il secolo globale - Dopo il Novecento. La scomposizione diplomatica, strategica e ideologica del mondo - 6. Il riflusso della globalizzazione novecentesca - 7. L'ordine globale nell'epoca della crisi della globalità - 8. Conclusioni. Un nuovo scontro sulla globalità - Bibliografia - Indice dei nomi |