Una rivoluzione mancata |
Camillo Pellizzi Una rivoluzione mancata il Mulino, pagg.288, Euro 23,00
IL LIBRO - Il "vero insuccesso" del fascismo "non fu una guerra perduta, bensì una 'rivoluzione' mancata". Così scrive, nel 1948, Camillo Pellizzi, volgendosi indietro a riflettere sul fallimento dell'esperienza corporativa, cioè la risposta che il fascismo aveva creduto di poter dare alla crisi del sistema liberale investito dalla guerra e dall'avvento della società industriale di massa. Su quell'esperienza Pellizzi riflette in solitudine - a quel punto il fascismo è per lui una storia conclusa, e si è ritirato dalla politica - e riflette da sociologo. Intellettuale di respiro europeo, Pellizzi aveva scelto la risposta del fascismo condividendone il progetto di un nuovo ordine sociale che - attraverso l'ipotesi organicistica e organizzativa incarnata nelle corporazioni - avrebbe dovuto nelle intenzioni attuare una maggiore giustizia distributiva, una migliore efficacia governativa, una valorizzazione, nella cosa pubblica, delle competenze delle élite intellettuali. Sappiamo cosa accadde. Questo volume - testimonianza diretta, lucida, incisiva, di chi quell'avventura visse dall'interno - analizza le ragioni di un fallimento storico. Un documento da non ignorare, che la collana XX Secolo, sottraendolo al paradossale silenzio che lo ha circondato, offre, ripubblicato con una attenta introduzione di Mariuccia Salvati, al lettore odierno.
DAL TESTO - "Il rimprovero che un fascista italiano deve fare a se stesso, a giudizio nostro, non è quello di aver tentato, ma di aver tentato senza il vigore morale e il rigore intellettuale che il tentativo esigeva. Il suo vero insuccesso non fu una guerra perduta, bensì una «rivoluzione» mancata. Il problema da cui il movimento prendeva le mosse non era, d'altronde, fittizio: esso è reale ancor oggi, dominante e acutissimo. L'esigenza attuale non è di rifare il fascismo, fenomeno storico ormai concluso, ma di intendere con serietà ciò che si volle e ciò che si fece allora, e trarne insegnamento. Il «volere» che non diventa «fare» non è volere, ma velleità. La velleità, per parte sua, non è mai cosa interamente negativa, poiché contiene ed esprime una esigenza sentita e non soddisfatta. Spetta al teorico isolare questo elemento, e denunciare in forme logiche lo iato e il dissidio tra ciò che si volle veramente e ciò che si sarebbe voluto. Poiché la «velleità» su cui cadde il fascismo è ancora presente ed attiva, anzi, in quanto riguarda la materia che si tratta nel presente lavoro, è il problema più tormentoso del nostro tempo, capire l'insuccesso del fascismo significa, in buona parte, capire il massimo problema politico dell'epoca in cui, pur così precariamente, viviamo".
L'AUTORE - Camillo Pellizzi (1896-1979) è tra i fondatori della sociologia italiana nel secondo dopoguerra: sua la prima cattedra di Sociologia (nel 1950, a Firenze). Dopo una quasi ventennale carriera universitaria in Inghilterra, che lo vide titolare della cattedra di Italian Studies all'University College di Londra, fu, in Italia, presidente dell'Istituto nazionale di cultura fascista (dal 1940 al 1943). Doppiamente epurato, prima dalla Repubblica Sociale, cui non aveva aderito, quindi dal Consiglio dei ministri nel 1945-46, nel 1950 venne riammesso all'insegnamento universitario. Vastissima la sua opera di scrittore, di traduttore e di collaboratore a giornali e riviste; eccezionalmente lunga quella al "Corriere della Sera" (dal 1929 al 1972). Fondatore della "Rassegna italiana di sociologia", nel 1959, ne fu direttore sino alla fine della vita e il suo nome figura ancora sulla rivista.
INDICE DELL'OPERA - Introduzione, di Mariuccia Salvati - Nota biografica - Premessa - Parte prima - I. L'istanza tecnocratica nella prima fase del fascismo - II. Le «debolezze» del fascismo e del suo ordinamento corporativo - III. Dottrine e polemiche corporative - IV. La «rivoluzione dei managers» del fascismo - V. Negli ultimi anni del regime - VI. La legislazione della Repubblica sociale fascista - Parte seconda - I. La tecnica dei mezzi - II. La tecnica dei fini - Indice dei nomi e delle materie |