Il Brasile d’Europa |
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Paolo Carelli
DAL TESTO – "Al calcio jugoslavo è sempre mancato il salto di qualità, quell'ingrediente capace di tenere insieme tecnica sopraffina, organizzazione collettiva e potenza atletica. C'è un elemento che forse più di altri ha impedito alla Jugoslavia di accreditarsi presso le nazioni calcistiche più forti e vincenti del mondo. Va cercato nell'anima più profonda di quel popolo (di quei popoli) e rappresenta l'altra faccia della fierezza e dell'orgoglio tanto proverbiali: l'insicurezza, la fragilità emotiva. Ecco perché la Jugoslavia è il Brasile d'Europa; ed ecco perché il Brasile, se fosse geograficamente collocato nel vecchio continente, altri non potrebbe essere che il composito e inquieto mosaico che dai Balcani scende fino all'Adriatico. In tutta la sua lunga storia calcistica, il Brasile ha saputo sopperire alla propria vulnerabilità solamente quando ha potuto contare su individualità sufficientemente forti da nascondere il lato più oscuro e instabile del proprio temperamento; non è un caso che proprio nei mondiali ospitati in patria, sotto un'inevitabile pressione, la nazionale brasiliana sia andata incontro alle due più grandi tragedie sportive e umane della propria storia, la sconfitta del 1950 con l'Uruguay e il tracollo nella semifinale con la Germania del 2014." L'AUTORE – Paolo Carelli, nato a Crema nel 1981, si occupa di ricerca e formazione sui media presso l'Università Cattolica di Milano e altre organizzazioni; scrive di calcio storico sulla rivista telematica "Zona Cesarini". INDICE DELL'OPERA - Prologo - Calcio bailado ai piedi dei Balcani - Quella strana alchimia - Sei stati, cinque nazioni... un Tito! - Sarajevo, la quarta incomoda - Figli di un dio minore - Da Santiago a Stoccolma - Pallone e mortaio - Epilogo - Bibliografia - Indice dei nomi - Indice dei luoghi e delle associazioni |