Lo zio Max. Massimo d'Azeglio Stampa E-mail

Chantal Balbo di Vinadio

Lo zio Max
Massimo d'Azeglio
Intervista immaginaria al nipote Emanuele


SVpress, pagg.204, € 18,00

 

vinadio ziomax  IL LIBRO – La vita, le passioni, i turbamenti e le conquiste di un uomo che ha fatto la storia d'Italia. Massimo d'Azeglio nel racconto di un biografo d'eccezione: l'ambasciatore Emanuele Taparelli d'Azeglio, suo nipote. Un'intervista, una narrazione briosa e coinvolgente, inserita nell'affascinante cornice della Londra ottocentesca. Un giornalista a colloquio con Emanuele d'Azeglio per ripercorrere l'avventurosa esistenza dello zio: artista, letterato, uomo politico, «nato seducente», come diceva Manzoni.

  DAL TESTO – "Devo ammettere che per un momento ho temuto per la mia carriera, ora lo posso confessare perché è passato tanto tempo. Con lo zio caduto in disgrazia, avrei potuto diventare vittima di qualche complotto per rimuovermi dall'incarico. Come potete ben immaginare, gli invidiosi non mancano mai. La mia posizione faceva gola a molti e, anche solo per vendicare qualche presunto sgarbo fatto involontariamente da Max, potevo diventare un facile bersaglio. Temevo che a Torino non mi avrebbero giudicato per le mie capacità, di cui cominciai a dubitare io stesso. E se davvero non fossi stato all'altezza dal mio ruolo? Con lo zio ci si intendeva a occhi chiusi, ma sarei riuscito a interpretare i pensieri di un altro ministro nell'interesse del paese? Viste da Londra, le continue battaglie politiche di Torino erano spesso difficili da interpretare. Una guerra aperta di tutti contro tutti. Anche all'interno dello stessa schieramento si vedevano le cose in maniera diversissima.
  "Prendete la questione con la Chiesa, per esempio. Nel gruppo degli uomini della destra c'era chi sosteneva Roma a qualunque costo, ma c'era anche chi avrebbe voluto cominciare a prendere le distanze. Lo stesso, tra i banchi della sinistra non c'erano solo quelli di 'morte a Roma', ma anche chi, per ragioni di coscienza, non se la sentiva di contraddire il papa. I moderati al governo, poi, erano accusati di strizzare l'occhio ai protestanti e anche tra loro c'erano divisioni. Ma siccome dire Chiesa voleva dire Austria, giù bordate contro i preti.
  "Una delle leggi più controverse della metà degli anni '50 fu proprio quella per l'abolizione degli ordini religiosi, colpevoli di ingerenze di ogni tipo nella vita dei cittadini. Se i preti si fossero accontentati di parlare all'anima delle persone, avrebbero evitato tante persecuzioni. Invece volevano avere l'ultima parola su tutto, dall'educazione alla finanza, dalla politica ai giornali. Erano diventati intollerabili, tanto che poi Cavour coniò quell'espressione diventata famosa, 'libera Chiesa in libero Stato'. Che ognuno si limitasse al proprio terreno, senza invadere quello altrui. Insomma, il Regno sardo stava facendo di tutto per diventare uno stato moderno e liberale, mentre la presenza così incombente della Chiesa remava per tenerlo incatenato a un sistema frusto e antiquato."

  L'AUTRICE – Chantal Balbo di Vinadio è nata a Torino dove vive e lavora. È laureata in Scienze Politiche e da anni si dedica alla ricerca storica con un occhio particolare alla storia del Risorgimento. Nel 2011 è uscito il suo primo libro, "Cesare Balbo, un ritratto di famiglia".

  INDICE DELL'OPERA – Prefazione – Presentazione - Lo zio Max – Note – Ringraziamenti - Bibliografia