Il vero volto di don Camillo Stampa E-mail

Fulvio Fulvi

Il vero volto di don Camillo
Vita & storie di Fernandel


Edizioni Ares, pagg.200, € 15,00

 

fulvi fernandel  IL LIBRO – Fernandel, ovvero Don Camillo. Don Camillo, sì, insomma, Fernandel...
  Sull'identificazione tra attore e personaggio sono stati spesi fiumi di inchiostro, ma in questo caso realtà e finzione si sono come fuse in un'unica identità, difficilmente distinguibile. Eppure Fernand Joseph Désiré Contandin, questo il nome intero del protagonista del presente libro, è stato come uomo, marito e padre, ma anche come attore, molto altro rispetto al prete burbero ma santo che la saga guareschiana gli ha cucito addosso rendendo insieme imperitura la sua fama. Tutto comincia con il Don Camillo narrato da Giovannino Guareschi. Perché sono le sue storie che hanno disegnato il personaggio nella nostra immaginazione, ma è un solo attore che in cinque memorabili film ce l'ha reso vivo, teatrale, carnale, e anche simbolico come una moderna maschera della commedia dell'arte. Ma chi era veramente Fernandel? Francese, simpatico, bravo... e poi? E perché fu scelto proprio lui per questo ruolo di prete schietto, uno che ama il suo gregge, fuma il sigaro, sghignazza, mena le mani e, soprattutto, dialoga con Gesù crocifisso? I più «vecchi» se lo ricordano, oltre che nei panni del pretone guareschiano, in uno spot di Carosello in cui pubblicizzava con l'amico Cervi «un brandy che crea l'atmosfera». Ma pochi sanno della sua lunga carriera – più di 120 film all'attivo –, della famiglia a cui era molto legato, degli amici che frequentava, dei luoghi e del cibo del Midi che amava, della fede cattolica che aveva nutrito, con la semplicità propria del popolo, sin da piccolo nella sua parrocchia nel cuore di Marsiglia...

  DAL TESTO – "Insomma, nessuno può immaginare un don Camillo diverso da come Fernandel lo ha incarnato nelle immarcescibili pellicole prodotte da Amato e Rizzoli, nessuno può concepire un parroco di quella Bassa Padana con un'altra faccia o un fisico che non siano i suoi, così veri e al tempo stesso simili a una caricatura. Lui stesso era talmente entrato nell'anima del personaggio che faceva fatica a scrollarselo di dosso anche fuori dal set. Raccontava l'attore: «Un giorno a Brescello, mentre giravamo gli esterni di Il ritorno di don Camillo, durante una pausa, decisi di fare un piccolo giro a piedi nelle campagne circostanti senza togliermi il vestito di scena. A un certo punto mi si avvicina una bambina di sette-otto anni che teneva una bambola in braccio. Si mette in ginocchio davanti a me e mi dice: "Padre mio, benedicimi". Io la prendo, la alzo e le rispondo: "Non sono un vero prete, ma un prete del cinema, lo faccio per far ridere". Lei rifletté e mi consegnò il giocattolo dicendomi: "Allora benedici la mia bambola". Le ripetei che non ero un vero curato e così, con la più implacabile delle logiche lei rispose: "Se è per questo anche la bambola non è la mia vera figlia..."».
  "Un'altra volta trovò nella cassetta della posta della sua villa a Marsiglia una lettera con questo indirizzo: "Don Camillo, en Italie". Il postino naturalmente gliela consegnò perché non avendo una precisa destinazione ed essendo stata imbucata nella stessa città francese, ritenne fosse diretta proprio al popolare attore: era di due giovani sposi che chiedevano a don Camillo di battezzare il loro figliolo appena nato. «Non ne abbiamo ancora parlato col nostro parroco - scrivevano in una missiva piena di errori di ortografia -, ma siamo sicuri che accetterà, così il nostro bambino diventerà un buon cristiano e un uomo predisposto alla felicità». Sarebbe stato difficile spiegare a quella brava gente che don Camillo non esisteva, così il buon Fernand scrisse al parroco della coppia per raccontargli l'accaduto e chiedergli di celebrare, a sue spese, una messa cantata con l'intenzione di raccomandare a Dio quel frugoletto in fasce."

  L'AUTORE – Fulvio Fulvi è giornalista professionista. Ha lavorato nelle redazioni dei quotidiani "Il Messaggero", "Il Centro", "Il Mattino dell'Alto Adige" e "Avvenire"; del settimanale "Di Tutto" e dei mensili "Bell'Italia" e "Condé Nast Traveller". Collabora con diverse testate, occupandosi di spettacoli, cultura e viaggi. Ha pubblicato i volumi "Poliziotti senza paura: Stelvio Massi e il cinema d'azione" (2010), "Il desiderio nasce dallo sguardo. Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme" (2012), "Maurizio Merli. Il poliziotto ribelle" (2014). È coautore in volumi collettivi sui film di Don Siegel, sul nuovo polar francese, sulla serie televisivia degli anni '70 "Qui Squadra mobile". Nel 2012 è stato direttore artistico del B-Movie Festival di Milano.

  INDICE DELL'OPERA – Prefazione, di Tatti Sanguineti - Introduzione - I. «Don Camillo c'est moi» - II. Una vita tra palcoscenico & set - III. La guerra & l'amico armeno - IV. Guareschi & i tormenti di celluloide - V. Ciak, si gira a Brescello - VI. Il Crocifisso che parla - VII. L'incontro con Pio XII - VIII. De Gaulle, Chaplin, Gary Cooper & il bagno di folla a Milano - IX. La famiglia, il cibo & Jean Gabin - X. Una pioggia di applausi - XI. Gli altri magnifici quattro «don Camillo» - XII. Gli altri film da incorniciare - XIII. L'ultimo lasciato a metà & il mistero delle bobine scomparse - XIV. Adieu, grande artista! - XV. Cera una volta un paesino chiamato Brescello - XVI. Sindaco & parroco, sessant'anni dopo - XVII. Padri & figli: Alberto Guareschi - XVIII. Giancarlo Giannini ricorda Fernandel - XIX. Pupi Avati: Fernandel & il «doncamillismo»- XX. Paolo Cevoli: da Brescello a Roncofritto - XXI. Un successo inossidabile: replicar non nuoce - Filmografia - Fernandel in televisione - Bibliografia essenziale - Indice