Contro Roma Stampa E-mail

Giovanni Papini

Contro Roma

Elliot Edizioni, pagg.41, € 6,00

 

papini controroma  IL LIBRO – La sera del 21 febbraio del 1913, su invito di Marinetti, Giovanni Papini salì sul palco del Teatro Costanzi di Roma per leggere in pubblico il suo "Contro Roma" (il cui titolo completo era "Contro Roma e contro Benedetto Croce"). Il testo era composto da tre parti: la prima contro la capitale – che riuniva il suo pensiero espresso nella rivista «Critica e azione» nel febbraio del 1908 e gli articoli scritti per la «Voce» tra il 1908 e il 1909; la seconda contro i "cristianucci" – una rielaborazione degli articoli apparsi su «Leonardo» e le considerazioni contenute nelle "Memorie d'Iddio" (1911) e nell'"Altra metà" (1912); l'ultima contro Benedetto Croce. Tra le grida e le proteste del pubblico, Papini espose fino alla fine il suo atto d'accusa contro "l'urbe di tutte le rettoriche", "brigantesca e saccheggiatrice", una città povera d'ingegno e capacità artistiche, nella quale la presenza della sede papale e delle accademie osteggiava ogni fermento originale e innovativo. Un documento di significativa importanza storica e sociale, un attacco alla casta dell'epoca, che i problemi e le polemiche dell'oggi rendono estremamente attuale.

  DAL TESTO – "Da moltissimi anni io provo per Roma, per la nostra cara e grande metropoli, una repulsione che in certi momenti ti arriva quasi all'odio (se ne vada!). Non per Roma città, intendiamoci, che ha parti e cose bellissime, ma per quello che Roma rappresenta nel pensiero, nella storia, in Italia (baccano giornalistico). Più d'una volta ho espresso pubblicamente questa profonda antipatia per l'urbe di tutte le rettoriche, ma oggi provo uno speciale compiacimento, una singolare voluttà nel poter dire alcune cose proprio qui, nel cuore della città sacra a tutti i ciceroni, e a tutti i professori (incrocio di ingiurie).
  "Roma è, per usare il vocabolario di Marinetti, il simbolo eterno e maggiore di quel passatismo ed archeologismo storico, letterario e politico che ha sempre annacquato e acciaccato la vita più originale d'Italia. Per passatismo storico abbiamo avuto in casa il vescovo supremo del cristianesimo che tanti guai ha dato all'Italia, non compensati davvero né dal fasto della corte, né dalle chiese grosse o pompose, né dai pellegrinaggi d'oltralpe (proteste). Per passatismo ci siamo ostinati a voler la capitale a Roma, in mezzo a un deserto, lontana dalle provincie più ricche ed attive del paese, troppo distante dalle altre capitali europee, in mezzo a una popolazione che per vanità di ricordi e mal governo di preti trattava gl'italiani di piemontesi e non aveva nessuna voglia d'ingegnarsi né di lavorare, abituata come era a vivere di benefici ecclesiastici e di minestre di frati (vociferazioni indecifrabili). Per passatismo i nostri antichi, da Dante a Mazzini, ossessionati dalla visione dell'impero universale, hanno sempre mirato a Roma come faro e segnacolo di italianità, mentre dai romani veri e propri - né antichi né moderni - non è venuto mai fuori uno di quei geni che hanno incarnato lo spirito della nostra razza e costituita la grande cultura italiana (fracasso generale)."

  L'AUTORE – Nato a Firenze, studioso di filosofia e di religione, Giovanni Papini fu critico e polemista, narratore e poeta. Attivo nel movimento futurista fu, come sostenne Gianfranco Contini, "uno dei più efficaci promotori di cultura nel primo quindicennio" del XX secolo. Tra i fondatori delle riviste «Leonardo» (1903) e «Lacerba» (1913), concepì la letteratura come "azione", dando ai suoi scritti un tono oratorio e dissacrante. Tra le opere più note si ricordano: l'autobiografia "Un uomo finito", il saggio "Stroncature", le prose liriche "Giorni di festa".

  INDICE DELL'OPERA – Introduzione, di Raffaele La Capria - Contro Roma - Appendice