L'identità infelice |
Alain Finkielkraut
IL LIBRO – L'immigrazione, che contribuisce e contribuirà sempre più alla crescita demografica del Vecchio Mondo, pone le nazioni europee e l'Europa stessa di fronte alla questione della propria identità. Siamo individui spontaneamente cosmopoliti che ora, a causa dello shock dell'alterità, scoprono il loro essere. Scoperta preziosa, ma anche pericolosa: dobbiamo combattere a tutti i costi la tentazione etnocentrica di perseguire le differenze e di erigerci a modello ideale, senza per questo soccombere alla tentazione penitenziale di rinnegare noi stessi per espiare le nostre colpe. La buona coscienza ci è preclusa, ma ci sono dei limiti anche alla cattiva coscienza. La nostra eredità, che non fa certo di noi degli esseri superiori, merita di essere preservata, nutrita e trasmessa tanto agli autoctoni quanto ai nuovi arrivati. Resta da capire, in un mondo che sostituisce l'arte di leggere con l'interconnessione permanente e che stigmatizza l'elitarismo culturale in nome dell'uguaglianza, se c'è ancora qualcosa da ereditare e trasmettere. DAL TESTO – "Fragilità dell'identità nazionale. Definita opprimente, si rivela evanescente. Lungi dall'essere condannata per sempre, si rimette in gioco, si arricchisce o s'impoverisce, si approfondisce o si edulcora a ogni passaggio di testimone. Non traiamo tutto da noi stessi, non siamo dei: nasciamo in un luogo e in una lingua, tuttavia (l'immagine dell'albero è ingannevole) non siamo affatto esseri programmati. Tutto può succedere. Nessuna eredità impedisce agli eredi che siamo di abbandonare il retaggio ricevuto. «Quel che hai ereditato dai tuoi padri, guadagnatelo, per possederlo» scriveva Goethe nel Faust, perché non si lasciava addormentare dalla metafora rassicurante del radicamento. Ci è concesso di congedare i nostri padri. Abbiamo il diritto di essere storditi, incoerenti, discontinui, attirati da mille cose. Possiamo accantonare la sintassi del racconto nazionale per la paratassi dell'attualità perpetua. Insomma, siamo liberi di mancare: e tutto ci richiama a questa libertà. Resistiamo al presente, chiede Deleuze, ma il presente non è mai stato così irresistibile come dopo la rivoluzione digitale e la moltiplicazione dei portali. L'immediato non ha mai occupato una posizione così egemonica. Non c'è mai voluto un tale sforzo di volontà per non perdere il filo. E l'oblio non è mai stato decorato con colori così vivaci. Non sono mai sorte simultaneamente così tante ragioni per lasciarsi distrarre. E non si tema di scadere nel patetico: per la prima volta nella storia, le tre condizioni di possibilità per il nostro colloquio con i morti - il silenzio, la solitudine, la lentezza - sono contemporaneamente sotto attacco. L'identità nazionale è dunque stritolata, come tutto ciò che dura, tra l'istantaneità e l'interattività dei nuovi media. Per decostruirla non c'è bisogno dei filosofi o degli storici. È sufficiente la tecnica." L'AUTORE – Alain Finkielkraut, nato a Parigi nel 1949 da una famiglia di ebrei polacchi, ha insegnato Cultura generale e Storia delle idee al dipartimento di Scienze umanistiche e sociali dell'École Polytechnique. Fra le sue opere tradotte in italiano: "Il nuovo disordine amoroso" (con Pascal Bruckner, 1979), "L'ebreo immaginario" (1990), "Nel nome dell'Altro. Riflessioni sull'antisemitismo che viene" (2004), "Noi, i moderni" (2006), "L'umanità perduta. Saggio sul XX secolo" (2009), "Un cuore intelligente" (2011) e "L'incontemporaneo. Péguy, lettore del mondo moderno" (2012). Intellettuale molto coinvolto nei dibattiti sulla società e la politica francese, ha creato e condotto la trasmissione «Répliques», in onda dal 1985 su France Culture. Nel 2014 è stato nominato membro dell'Académie française. INDICE DELL'OPERA – Prefazione. Il cambiamento non è più quello di una volta - Laici contro laici - Promiscuità francese - La vertigine della dis-identificazione - La lezione di Claude Lévi-Strauss - «Una cosa bella, preziosa, fragile e peritura» - La guerra dei rispetti – Il regime esangue e il processo inesorabile - Bibliografia |