Maurizio Chierici
Il presidente deve morire Come Nixon, Kissinger e la Pepsi Cola hanno organizzato la fine di Allende Romanzo nella storia
Edizioni Anordest, pagg.222, € 12,90
IL LIBRO – Quarant'anni fa moriva Salvador Allende travolto dal colpo di stato del generale Pinochet: 11 settembre 1973, l'altro 11 settembre. Nella memoria collettiva il vero 11 settembre è l'attacco di Al Qaeda alle Torri Gemelle: 2.752 morti. Le vittime di Santiago sono state invece 3.225, più 60 mila desaparecidos nei 27 anni di dittatura. Le vittime cilene erano ragazzi che anticipavano gli indignati di oggi o vecchi socialisti impegnati a reclamare la sovranità nazionale per limare i profitti delle multinazionali Usa. Impegnata a esorcizzare il fantasma di un'altra Cuba, la Casa Bianca difatti pianifica "il ritorno alla normalità". Prende avvio un lungo lavoro del Presidente Nixon e di Herry Kissinger: 10 milioni distribuiti attraverso la Cia danno la carica a Pinochet. Trame nascoste per un tempo infinito: mormorii, sospetti, ma di prove neanche l'ombra, fino a quando i documenti sepolti negli archivi di Washington vengono alla luce nel 1999. Nessun sotterfugio: la spia (se così si può dire) è il presidente Clinton. Ordina alla Cia di declassificare ogni segreto che avvolge la morte di Allende. La Cia prova a disobbedire. Ma Clinton non ci sta: 17 mila documenti finiscono in internet. L'ultimo a cedere è Kissinger. Ha registrato ogni colloquio anche quando dall'altra parte del filo c'era il presidente. Ha sempre ordinato di ribattere e catalogare gli appunti: migliaia di faldoni, li lascia alla Public Library of United States Dìplomacy ad una condizione: devono restare sotto chiave fino alla sua morte. Ma la decisione di Clinton rompe il tabù. La vera storia del colpo di stato in Cile ormai fa il giro del mondo. Kissinger viene chiamato dal tribunale per testimoniare a proposito della scomparsa di cinque volontari francesi in Cile nei giorni che seguono la morte di Allende. Per caso il dottore è a Parigi. Salta sul primo aereo e vola via. Ha compiuto 90 anni, i suoi avvocati montano sempre la guardia come mastini. Ma l'opinione pubblica mondiale dopo 40 anni ricomincia a ricordare e a prendere coscienza.
DAL TESTO – "Washington 11 settembre 1973. "Alle 9 del mattino Kissinger incontra Nathaniel Davis, ambasciatore Usa a Santiago. Ha preso il posto di Korry, "diplomatico di debole fiducia". Lo accoglie con un sorriso: "Il golpe sta partendo". Dovrebbe essere per il 10, potrebbe scivolare all'11. La Marina ha qualche problema. Quando Nathaniel se ne va Kissinger resta solo come una sentinella: il tempo non passa. Sfoglia i messaggi. Non è facile mettere d'accordo esercito, carabinieri, marina, aviazione. Litigano sulla data, confrontano le strategie. Ogni comandante vuole essere rassicurato per il futuro nel caso che i fedeli di Allende riescano a reprimere la rivolta. Chi chiede un'assicurazione sulla vita, chi di trasferire la famiglia nella Buenos Aires governata da altri militari. Insomma, buen retiro sicuro. "E poi Pinochet: si è aggregato al golpe all'ultimo momento, 9 settembre, mentre Jacqueline, figlia piccola, festeggia il compleanno nel giardino. Qualche ora dopo Jack Devine, uno degli agenti di rinforzo a Santiago, fa sapere a Washington: "Sarà per l'11". Comincia la Marina a Valparaiso, comincia mentre arriva la flotta americana per l'esercitazione concordata mesi prima. "Per non interferire nei problemi interni di un alleato, aspetterà al largo che la crisi si risolva". Ipocrisia dell'informazione interna di routine, report striminzito: "Movimento della Marina Cilena per rovesciare il governo. Giorno pianificato 10 settembre, data posticipata di 24 ore: 11 settembre, 6 del mattino" . "Racconta un'altra storia Patrick Ryan, addetto militare della divisione navale Usa che galleggia davanti a Valparaiso. Descrive rapporti "costanti" con gli ufficiali impegnati a far scappare Allende. Annota con soddisfazione: "È un colpo di stato pressoché perfetto" . "E Kissinger aspetta. Alle due del pomeriggio, 10 settembre, anche l'ambasciata Usa di Santiago conferma il D-Day. Ma è un rapporto ufficiale nei canali della diplomazia, documento che arriva in parlamento: giornali e Tv ne hanno subito copia. E il linguaggio cambia: gelido, al di sopra delle parti come da mesi Kissinger predica a nome di Nixon: noi non c'entriamo."
L'AUTORE – Maurizio Chierici per 30 anni ha raccontato sul "Corriere della Sera", Medio Oriente, l'Asia delle vie della seta e del Vietnam; soprattutto America Latina. Ha cominciato con la critica cinematografica, inviato al "Giorno" di Italo Pietra, "Resto del Carlino" di Biagi. Oggi è editorialista de "Il Fatto Quotidiano". Fra i suoi libri, "Dayan" (DeAgostini); "Arafat e i guerriglieri della speranza" (Mondadori); "La pelle degli altri" (Rizzoli); "Per fortuna sono bianco" (Mondadori), "Lungo viaggio d'addio" (Baldini Castoldi Dalai); "La scommessa delle Americhe" (Einaudi). Tre romanzi-verità: "Malgrado le amorevoli cure" (Einaudi), "L'imperatore" e "Quel delitto in casa Verdi" (Rizzoli-Bompiani).
INDICE DELL'OPERA – Prefazione - Quel giorno (Allende e le sue donne - Nixon: "Allende è un figlio di puttana" - Kissinger aspetta il premio Nobel) - Borghesia e potere (L'assassinio del generale Schneider - Prats, l'altro generale - Allende lascia la massoneria) - Le ombre della Cia - Pinochet, Allende e la D.C. – Dolore (L'ultima Allende – Missing - Il funerale di Neruda - Il biglietto di Anna Frank - Pisagua, Auschwitz nel deserto - Villa Grimaldi, cattedrale della tortura - Camere a gas) - Chiesa e dittatura - L'informazione negata (Pinochet superstar: i libri di scuola dalle elementari all'università - Soldi e giornali - Patricia Verdugo, il pericolo di scoprire la verità) - Skarmeta (Sopravvivere in un mondo senza generali) - Miguel Littin (Quel monumento clandestino ad Allende) - Ambasciate |