Lineamenti di una fenomenologia del diritto Stampa

Alexandre Kojève

Lineamenti di una fenomenologia del diritto
a cura di Marco Filoni e Luigi Garofalo

Marsilio Editori, pagg.744, € 55,00

 

kojeve lineamenti  Il volume "Lineamenti di una fenomenologia del diritto", scritto da Alexandre Kojève nel 1943 e pubblicato postumo nel 1981, costituisce una delle vette del pensiero filosofico novecentesco sul rapporto tra diritto, giustizia e politica. Kojève, noto per la sua lettura innovativa di Hegel, affronta in quest'opera una questione fondamentale: come il diritto si colloca nel contesto della realtà umana, soprattutto se si considera il suo legame intrinseco con le strutture politiche. Se la filosofia del diritto è tradizionalmente legata alla riflessione sulla norma, la giustizia e l'ordine sociale, Kojève spinge oltre questa prospettiva analizzando l'interazione tra diritto e politica e la loro reciprocità. La sua visione è quella di una realtà giuridica che è in costante evoluzione, legata a un'idea di equità e che interagisce in modo complesso con le dinamiche storiche e sociali.

  L'opera di Kojève si inserisce in un ampio dibattito filosofico e giuridico, che trascende i confini tradizionali del diritto come mera applicazione di norme. In quest'ottica, il filosofo russo esplora un'idea di giustizia che si realizza nell'azione politica e sociale, cercando di trovare una sintesi tra l'uguaglianza formale e il principio di equità, che egli considera essenziale per la realizzazione della vera giustizia.

  Il nucleo centrale del testo è l'indagine sull'essenza specifica del diritto. Kojève non si limita a una mera descrizione del diritto come sistema di norme, ma ne esplora la dimensione dinamica, legata ai cambiamenti storici e sociali. Secondo l'autore, il diritto non è un'entità statica, ma un processo in divenire, un fenomeno che si sviluppa in relazione al contesto politico e alle necessità della comunità. Questa visione del diritto si radica nella convinzione che esso non sia un sistema di regole universali e immutabili, ma piuttosto un prodotto delle condizioni storiche, economiche e politiche di un determinato periodo. La sua realizzazione dipende, quindi, dall'evoluzione della società stessa.

  Kojève chiarisce come il diritto debba essere inteso non solo come il diritto positivo, emanato dallo Stato, ma come un'entità che interagisce profondamente con tutte le altre organizzazioni sociali. La riflessione sullo Stato è cruciale in questa opera: per l'autore, infatti, il diritto ha senso solo in quanto è inseparabile dallo Stato, che ne è l'incarnazione politica. L'analisi del rapporto tra diritto e Stato non si limita alla funzione regolatrice del diritto, ma esplora la sua capacità di legittimare l'autorità e di risolvere le tensioni tra le diverse forze sociali.

  In questo contesto, la riflessione di Kojève si distingue per il suo approccio dialettico: la tensione tra diritto e politica, tra giustizia e legge, diventa il motore stesso del processo giuridico. Il diritto non è mai solo un mezzo per garantire l'ordine, ma un campo di lotta per il riconoscimento delle differenze e delle disuguaglianze sociali, un ambito nel quale l'equilibrio tra i vari interessi e poteri sociali deve continuamente essere ridefinito.

  Un altro tema centrale nell'opera di Kojève è il rapporto tra diritto e giustizia, concetto che viene approfondito in relazione all'idea di equità. Il filosofo russo sviluppa una riflessione particolarmente interessante sulla giustizia come equilibrio tra uguaglianza e equivalenza. Kojève intende l'uguaglianza non come un principio astratto, ma come un valore che deve essere concretizzato nel diritto, affinché esso non si riduca a un mero strumento di oppressione. La vera giustizia, per Kojève, non è un principio universale e assoluto, ma una costruzione storica che deve continuamente essere negoziata attraverso il diritto. Questa visione dinamica e processuale del diritto si riflette nella sua concezione della giustizia come un obiettivo a cui si tende attraverso l'armonizzazione delle istanze di uguaglianza e di equivalenza, due principi che vanno bilanciati in ogni sistema giuridico.

  Questa riflessione porta Kojève a considerare l'idea di equità come il fine ultimo del diritto, un'idea che si realizza nel momento in cui il diritto non solo regola la vita sociale, ma permette la piena realizzazione delle potenzialità umane attraverso il riconoscimento dei diritti individuali e collettivi. Il processo giuridico, dunque, diventa il cammino verso una giustizia che non si accontenta di garantire un ordine statico, ma cerca attivamente di realizzare l'armonia sociale.

  La riflessione di Kojève sul diritto è profonda e ricca di implicazioni, soprattutto in relazione alla sua visione del diritto come processo storico e dinamico. La sua analisi non solo chiarisce la natura intrinsecamente politica del diritto, ma apre anche una discussione su come il diritto debba essere orientato verso la realizzazione di una giustizia che armonizzi i principi di uguaglianza e equivalenza.

  Quest'opera rappresenta, insomma, un punto di riferimento importante per comprendere il diritto non come un sistema rigido di norme, ma come una disciplina viva e in evoluzione, capace di rispondere alle sfide della politica e della società contemporanea. La profondità filosofica del testo e la sua capacità di intrecciare il diritto con la storia, la politica e la giustizia fanno di questa fenomenologia del diritto una lettura essenziale per esplorare la dimensione politica e sociale del diritto.