La storia sottratta Stampa

Vincenzo Faustinella - Lorenzo Grilli

La storia sottratta
La Grande Guerra e l'Ufficio Storiografico della Mobilitazione Industriale
nell'Archivio Gioacchino Volpe e nelle carte Umberto M. Miozzi

Interventi di Giovanni Palla e Luciano Zani

Edizioni Joker, pagg.558, € 28,00

 

faustinella tradita  Con "La storia sottratta", Vincenzo Faustinella e Lorenzo Grilli compiono un lavoro di scavo rigoroso e insieme appassionato nelle pieghe dimenticate della storiografia italiana sulla Prima guerra mondiale. Il volume si concentra sull'Ufficio Storiografico della Mobilitazione Industriale (USMI), un organismo istituito per raccogliere, analizzare e interpretare il contributo dell'apparato produttivo e delle masse lavoratrici allo sforzo bellico italiano tra il 1915 e il 1918. Tuttavia, come suggerisce il titolo, si tratta di una storia rimossa, sottratta alla narrazione ufficiale, rimasta a lungo sepolta sotto l'oblio politico e storiografico. Gli autori restituiscono oggi quel frammento di storia attraverso l'analisi puntuale di due giacimenti archivistici: l'Archivio Gioacchino Volpe e le carte di Umberto M. Miozzi.

  L'opera si colloca in uno spazio interstiziale tra storia sociale, storia delle istituzioni, filologia archivistica e metastoriografia, mostrando come la costruzione del sapere storico sia stata – e sia ancora – attraversata da linee di forza ideologiche, da omissis volontari e da dinamiche di potere.

  Il volume si articola in cinque densi capitoli tematici, a cui si aggiunge una preziosa appendice documentaria che occupa quasi un terzo del libro, ricca di trascrizioni, indici, inventari e corrispondenze spesso inedite.

  Nel primo capitolo, "Sulle orme di un Maestro", viene ricostruito l'approccio iniziale di Gioacchino Volpe alla storia della mobilitazione industriale e le reazioni istituzionali che ne seguirono. Spicca qui il passaggio del 1923, quando l'accesso dell'allora autorevole studioso agli archivi venne bruscamente interrotto. Come mostra Piero Melograni, il motivo fu chiaro: Volpe si interessava troppo al disagio operaio, agli scioperi, al disfattismo – cioè a una narrazione non funzionale alla mitologia patriottica voluta dal nascente Regime fascista.

  Il secondo capitolo, "Il moto ascensionale della storia", si avventura sul terreno concettuale, interrogandosi su come categorie come "popolo", "nazione", "comunità produttiva" vengano elaborate, strumentalizzate e poi reimmesse nel discorso storiografico in funzione dei bisogni identitari e politici del tempo. In filigrana si legge una critica serrata all'uso ideologico della medievistica da parte dello stesso Volpe, che da medievista si muove verso la storia contemporanea senza rinunciare all'apparato simbolico delle narrazioni epocali.

  Nel terzo capitolo, "Storico di quale nazione?", si esplora il difficile equilibrio tra tensioni storiografiche e identità nazionali in formazione. Il concetto stesso di "nazione" si rivela, nelle carte di Volpe, come una costruzione in crisi, contesa tra élite dirigenti e soggettività popolari emergenti, tra progetti centralizzatori e spinte centrifughe.

  Il quarto capitolo, "Opportunità (e fallimento) di una "Italia Moderna"", si concentra sulla dimensione sociale del conflitto: la mobilitazione operaia, le proteste contro le condizioni di lavoro, il ruolo degli "imboscati" e la strumentalizzazione del concetto di "unità nazionale" a fini disciplinari. Si tratta forse del segmento più originale dell'opera, in cui affiorano parallelismi impliciti con le lotte del secondo dopoguerra e le fratture irrisolte del tessuto sociale italiano.

  Infine, il quinto capitolo, "Il prima e il dopo", offre una riflessione sulla parabola dell'USMI, sulla sua parziale dissoluzione negli anni Trenta e sul destino frammentario delle sue carte, oggi raccolte (non senza lacune e disordini) nell'Archivio Volpe. Il lettore viene così condotto fino all'episodio-chiave del luglio 1934, quando le autorità impedirono definitivamente a Volpe l'accesso ai documenti sensibili, come attestano le lettere riportate in appendice.

  Ciò che rende quest'opera tanto rilevante è l'attenzione per la storia negata, interrotta, deformata. Faustinella e Grilli non si limitano a esporre fatti; li inseguono nelle loro omissioni, nei margini delle carte, nei vuoti archivistici che parlano quanto i documenti. Il loro approccio è scientificamente accurato ma anche animato da una passione civile per la verità e per la giustizia documentaria, in linea con la lezione di storici come Claudio Pavone e Luciano Zani (che firma uno degli interventi conclusivi).

  La ricerca archivistica diventa così uno strumento critico per comprendere i processi di esclusione della memoria, mettendo in luce come la storiografia ufficiale abbia contribuito a marginalizzare le soggettività proletarie, le tensioni interne, le contraddizioni di una "nazione in armi" che non fu affatto coesa.

  Di grande valore è anche la struttura dell'appendice documentaria, che comprende: la trascrizione degli appunti di Volpe sulle agitazioni operaie fino a Caporetto (1917), un inventario sommario delle carte della Mobilitazione Industriale nei fondi Volpe (suddiviso in due gruppi), carteggi inediti, autorizzazioni e lettere del luglio 1934, una sezione dedicata agli schemi di lavoro storiografico concepiti da Volpe per una storia "altra" della guerra italiana.

  Si tratta, in effetti, di materiali di prima mano che andrebbero integrati nei principali repertori e archivi digitali italiani, come il portale della rete degli archivi della contemporaneità, per renderli accessibili a una più vasta comunità di studiosi.

  "La storia sottratta" è un'opera colta, necessaria, militante. Dimostra che non si può scrivere una storia della Grande Guerra – né della nazione italiana – senza fare i conti con ciò che è stato censurato, ignorato o deliberatamente dimenticato. È un invito, allo stesso tempo metodologico e politico, a riaprire i dossier rimossi della nostra storia collettiva, a restituire voce e dignità agli attori subordinati, e a praticare una storiografia che non sia ancella del potere, ma sua coscienza critica.